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« Doglia mi reca nello cuore ardire. »

Arma vero nullum Italum adhuc invenio poetasse. His proinde visis, quæ canenda sint Vulgari altissimo innote

scunt.

CAPUT III.

Distinguit quibus modis vulgariter versificatores poetantur.

Nunc autem quomodo ea coartare debemus, quæ tanto sunt digna Vulgari, sollicite vestigare conemur. Volentes ergo modum tradere, quo ligari hæc digna existant, primum dicimus esse ad memoriam reducendum, quod Vulgariter poetantes sua Poemata multimode protulerunt; quidam per Cantiones, quidam per Ballatas, quidam per Sonitus, quidam per alios illegitimos et irregulares modos, ut inferius ostendetur. Horum autem modorum Cantionum modum excellentissimum esse pensamus: quare si excellentissima excellentissimis digna sunt, ut superius est probatum, illa quæ excellentissimo digna sunt Vulgari, modo excellentissimo digna sunt, et per consequens in Cantionibus pertractanda : quod autem modus Cantionum sit talis, ut dictum est, pluribus potest rationibus indagari. Prima quidem quia, cum quicquid versificamur sit cantio, solæ Cantiones hoc vocabulum

Per risvegliare il sollazzo che s'è troppo addormito.

2 Ho detto anche altrove che per amico di Cino intende sè stesso. La Canzone qui citata è quella che nel

Canzoniere sta col num. XVIII.

"Invece di modum il prof. Witte opina sia da leggersi nodum, vale a dire legame; ma la lezione volgata può benissimo sostenersi.

Gerardo:

« Per solatz revelhar

Que s'es trop endormitz. »

Cino:

« Degno son io, che mora. »

Lo Amico suo:

« Doglia m reca nello cuore ardire. >>

Non trovo poi, che niun Italiano abbia fin qui cantato dell'armi. Vedute adunque queste cose (che avemo detto) sarà manifesto quello, che sia nel Volgare altissimo da cantare.

CAPITOLO III.

In qual modo di rime si debba usare il Volgare altissimo.

Ora ci sforzeremo sollicitamente d'investigare il modo, col quale dobbiamo stringere quelle materie, che sono degne di tanto Volgare. Volendo adunque dare il modo, col quale queste degne materie si debbiano legare; primo dicemo doversi alla memoria ridurre, che quelli, che hanno scritto Poemi volgari, li hanno per molti modi mandati fuori; cioè alcuni per Canzoni, altri per Ballate, altri per Sonetti, altri per alcuni altri illegittimi ed irregolari modi, come di sotto si mostrerà. Di questi modi adunque il modo delle Canzoni essere eccellentissimo giudichiamo; laonde se lo eccellentissimo è dello eccellentissimo degno, come di sopra è provato, le materie, che sono degne dello eccellentissimo Volgare, sono parimente degne dello eccellentissimo modo, e conseguentemente sono da trattare nelle Canzoni; e che'l modo delle Canzoni poi sia tale, come si è detto, si può per molte ragioni investigare. E prima, essendo Canzone tutto quello, che si scrive in versi, ed essendo alle Canzoni sole tal

sibi sortitæ sunt: quod nunquam sine vetusta provisione processit. Adhuc, quicquid per se ipsum efficit illud, ad quod factum est, nobilius esse videtur, quam quod extrinseco indiget: sed Cantiones per se totum quod debent, efficiunt, quod Ballatæ non faciunt (indigent enim plausoribus ad quos editæ sunt): ergo Cantiones nobiliores Ballatis esse sequitur extimandas, et per consequens nobilissimum aliorum esse modum illarum cum nemo dubitet, quin Ballatæ Sonitus nobilitate modi excellant. Præterea illa videntur nobiliora esse, quæ conditori suo magis honoris afferunt: sed Cantiones magis honoris afferunt suis conditoribus, quam Ballatæ ergo nobiliores sunt, et per consequens modus earum nobilissimus aliorum. Præterea quæ nobilissima sunt, carissime conservantur; sed inter ea quæ cantata sunt, Cantiones carissime conservantur, ut constat visitantibus libros: ergo Cantiones nobilissimæ sunt, et per consequens modus earum nobilissimus est. Adhuc in artificiatis illud est nobilissimum, quod totam comprehendit artem cum ergo ea, quæ cantantur, artificiata existant, et in solis Cantionibus ars tota comprehendatur, Cantiones nobilissimæ sunt, et sic modus earum nobilissimus aliorum. Quod autem tota comprehendatur in Cantionibus ars cantandi poëtice, in hoc palatur, quod quicquid artis reperitur, in ipsis est, sed non convertitur. Hoc signum autem horum, quæ dicimus, promptum in conspectu habetur: nam quicquid de cacuminibus illustrium capitum poëtantium profluxit ad labia, in solis Cantionibus invenitur. Quare ad propositum patet quod ea, quæ digna sunt Vulgari altissimo, in Cantionibus tractanda sunt.

vocabolo attribuito, certo non senza antiqua prerogativa è proceduto. Appresso: quello che per se stesso adempie tutto quello, per che egli è fatto, pare esser più nobile, che quello, che ha bisogno di cose, che siano fuori di se ; ma le Canzoni fanno per se stesse tutto quello che denno; il che le Ballate non fanno, perciò che hanno bisogno di sonatori, ai quali sono fatte: adunque seguita, che le Canzoni siano da essere stimate più nobili delle Ballate, e conseguentemente il modo loro essere sopra gli altri nobilissimo, conciò sia che niun dubiti, che il modo delle Ballate non sia più nobile di quello dei Sonetti. Appresso pare, che quelle cose siano più nobili che arrecano più onore a quelli, che le hanno fatte; e le Canzoni arrecano più onore a quelli che le hanno fatte, che non fanno le Ballate; adunque sono di esse più nobili, e consequentemente il modo loro è nobilissimo. Oltre di questo, le cose che sono nobilissime, molto caramente si conservano; ma tra le cose cantate, le Canzoni sono molto caramente conservate, come appare a coloro che vedono i libri; adunque le Canzoni sono nobilissime, e consequentemente il modo loro è nobilissimo. Appresso nelle cose artificiali quello è nobilissimo, che comprende tutta l'arte : essendo adunque le cose, che si cantano, artificiali, e nelle Canzoni sole comprendendosi tutta l'arte, le Canzoni sono nobilissime, e così il modo loro è nobilissimo sopra gli altri. Che tutta l' arte poi sia nelle Canzoni compresa, in questo si manifesta, che tutto quello, che si truova dell' arte, è in esse, ma non si converte.1 Questo segno adunque di ciò che dicemo, è nel cospetto di ogni uno pronto: perciocchè tutto quello che dalla cima delle teste degli illustri poeti è disceso alle loro labbra, solamente nelle Canzoni si ritruova. E però al proposito è manifesto, che quelle cose che sono degne di altissimo Volgare, si denno trattare nelle Canzoni.

'Non si converte, cioè, non e converso, non al contrario.

CAPUT IV.

De varietate stili eorum, qui poetice scribunt.

Quando quidem adpotiavimus1 extricantes, qui sint Aulico digni Vulgari, et quæ, nec non modus, quem tanto dignamur honore, ut solus altissimo Vulgari conveniat ; antequam migremus ad alia, modum Cantionum, quæ casu magis, quam arte multi usurpare videntur, enucleemus. Et quod huc usque casualiter est assumptum, illius artis ergasterium reseremus, modum Ballatarum et Sonituum omittentes, quia illum elucidare intendimus in IV hujus operis, cum de mediocri Vulgari tractabimus. Revisentes ergo ea, quæ dicta sunt, recolimus nos eos, qui vulgariter versificantur, plerumque vocasse Poetas, quod procul dubio rationabiliter eructare præsumpsimus, quia prorsus Poetæ sunt, si poesim recte consideremus; quæ nihil aliud est, quam fictio rethorica, in musicaque posita. Differunt tamen a magnis Poetis, hoc est regularibus; quia isti magno sermone, et arte regulari poetati sunt: illi vero casu, ut dictum est. Idcirco accidit, ut quantum istos proximius imitemur, tantum rectius poetemur. Unde nos doctrinæ aliquid operæ nostræ impendentes, doctrinas eorum Poeticas æmulari oportet. Ante omnia ergo dicimus, unumquemque debere materiæ pondus propriis humeris excipere æquale, ne forte humerorum. nimio gravatam virtutem in cœnum cespitare necesse sit. Hoc est, quod magister noster Horatius præcipit, cum in principio Poeticæ,

«Sumite materiam vestris, qui scribitis, æquam
Viribus, >>

1 Alla voce adpotiavimus i precedenti editori, non conoscendone il significato, sostituirono adprovabimus, che non risponde affatto al contesto, e che il Trissino tradusse avemo approvato. Ma il Witte avverti esser essa una voce della

bassa latinità, e trovarsi nel Glossario del Du-Cange, ove infatti è registrato: appotiare (al. adpotiare), polionem præbere (quasi potionare). La voce dunque varrà per traslato abbiamo dato un saggio.

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