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vocabolo attribuito, certo non senza antiqua prerogativa è proceduto. Appresso: quello che per se stesso adempie tutto quello, per che egli è fatto, pare esser più nobile, che quello, che ha bisogno di cose, che siano fuori di se ; ma le Canzoni fanno per se stesse tutto quello che denno; il che le Ballate non fanno, perciò che hanno bisogno di sonatori, ai quali sono fatte: adunque seguita, che le Canzoni siano da essere stimate più nobili delle Ballate, e conseguentemente il modo loro essere sopra gli altri nobilissimo, conciò sia che niun dubiti, che il modo delle Ballate non sia più nobile di quello dei Sonetti. Appresso pare, che quelle cose siano più nobili che arrecano più onore a quelli, che le hanno fatte; e le Canzoni arrecano più onore a quelli che le hanno fatte, che non fanno le Ballate; adunque sono di esse più nobili, e consequentemente il modo loro è nobilissimo. Oltre di questo, le cose che sono nobilissime, molto caramente si conservano; ma tra le cose cantate, le Canzoni sono molto caramente conservate, come appare a coloro che vedono i libri; adunque le Canzoni sono nobilissime, e consequentemente il modo loro è nobilissimo. Appresso nelle cose artificiali quello è nobilissimo, che comprende tutta l'arte : essendo adunque le cose, che si cantano, artificiali, e nelle Canzoni sole comprendendosi tutta l' arte, le Canzoni sono nobilissime, e così il modo loro è nobilissimo sopra gli altri. Che tutta l' arte poi sia nelle Canzoni compresa, in questo si manifesta, che tutto quello, che si truova dell' arte, è in esse, ma non si converte.1 Questo segno adunque di ciò che dicemo, è nel cospetto di ogni uno pronto: perciocchè tutto quello che dalla cima delle teste degli illustri poeti è disceso alle loro labbra, solamente nelle Canzoni si ritruova. E però al proposito è manifesto, che quelle cose che sono degne di altissimo Volgare, si denno trattare nelle Canzoni.

1 Non si converte, cioè, non e converso, non al contrario.

CAPUT IV.

De varietate stili eorum, qui poetice scribunt.

Quando quidem adpotiavimus extricantes, qui sint Aulico digni Vulgari, et quæ, nec non modus, quem tanto dignamur honore, ut solus altissimo Vulgari conveniat; antequam migremus ad alia, modum Cantionum, quæ casu magis, quam arte multi usurpare videntur, enucleemus. Et quod huc usque casualiter est assumptum, illius artis ergasterium reseremus, modum Ballatarum et Sonituum omittentes, quia illum elucidare intendimus in IV hujus operis, cum de mediocri Vulgari tractabimus. Revisentes ergo ea, quæ dicta sunt, recolimus nos eos, qui vulgariter versificantur, plerumque vocasse Poetas, quod procul dubio rationabiliter eructare præsumpsimus, quia prorsus Poetæ sunt, si poesim recte consideremus; quæ nihil aliud est, quam fictio rethorica, in musicaque posita. Differunt tamen a magnis Poetis, hoc est regularibus: quia isti magno sermone, et arte regulari poetati sunt: illi vero casu, ut dictum est. Idcirco accidit, ut quantum istos proximius imitemur, tantum rectius poetemur. Unde nos doctrinæ aliquid operæ nostræ impendentes, doctrinas eorum Poeticas æmulari oportet. Ante omnia ergo dicimus, unumquemque debere materiæ pondus propriis humeris excipere æquale, ne forte humerorum nimio gravatam virtutem in cœnum cespitare necesse sit. Hoc est, quod magister noster Horatius præcipit, cum in principio Poeticæ,

« Sumite materiam vestris, qui scribitis, æquam
Viribus, »

'Alla voce adpotiavimus i precedenti editori, non conoscendone il significato, sostituirono adprovabimus, che non risponde affatto al contesto, e che il Trissino tradusse aremo approvato. Ma il Witte avverti esser essa una voce della

bassa latinità, e trovarsi nel Glossario del Du-Cange, ove infatti è registrato: appotiare (al. adpotiare), potionem præbere (quasi potionare). La voce dunque varrà per traslato abbiamo dato un saggio.

CAPITOLO IV.

Della varietà dello stile secondo la qualità della poesia.

Dappoi che avemo districando approvato quali uomini siano degni del Volgare Aulico, e che materie siano degne di esso, e parimente il modo, il quale facemo degno di tanto onore, che solo allo altissimo Volgare si convenga, prima che noi andiamo ad altro, dichiariamo il modo delle Canzoni, le quali pajono da molti più tosto per caso, che per arte usurparsi. E manifestiamo il magisterio di quell' arte, il quale fin qui è stato casualmente preso, lasciando da parte il modo delle Ballate e dei Sonetti; perciò che esso intendemo dilucidare nel quarto libro di quest' opera nostra, quando del Volgare mediocre tratteremo. Riveggendo adunque le cose, che avemo detto, ci ricordiamo avere spesse volte quelli, che fanno versi volgari, per Poeti nominati; il che senza dubbio ragionevolmente avemo avuto ardimento di dire; perciò che sono certamente Poeti, se drittamente la Poesia consideriamo; la quale non è altro che una finzione rettorica, e posta in musica. Nondimeno sono differenti dai grandi Poeti, cioè dai regulati; perciò che questi hanno usato sermone ed arte regulata, e quelli (come si è detto) hanno ogni cosa a caso. Il perchè avviene, che quanto più strettamente imitiamo questi, tanto più drittamente componiamo; e però noi, che volemo porre nelle opere nostre qualche dottrina, ci bisogna le loro poetiche dottrine imitare. Adunque sopra ogni cosa dicemo, che ciascuno debbia pigliare il peso della materia eguale alle proprie spalle, acciò che la virtù di esse dal troppo peso gravata, non lo sforzi a cadere nel fango. Questo è quello, che il maestro nostro Orazio comanda, quando nel principio della sua Poetica dice:

<< Voi, che scrivete versi, abbiate cura
Di tor subietto al valor vostro eguale. »

dicit. Deinde in iis, quæ dicenda occurrunt, debemus discretione potiri, utrum tragice, sive comice, sive elegiace sint canenda. Per Tragœdiam, superiorem stilum induimus, per Comœdiam inferiorem, per Elegiam stilum intelligimus miserorum.1 Si tragice canenda videntur, tune adsumendum est Vulgare Illustre, et per consequens Cantionem ligare. Si vero comice, tunc quandoque mediocre, quandoque humile Vulgare sumatur; et ejus discretionem in quarto hujus reservamus ostendere. Si autem elegiace, solum humile nos oportet sumere. Sed omittamus alios, et nunc, ut conveniens est, de stilo tragico pertractemus. Stilo equidem tragico tunc uti videmur, quando cum gravitate sententiæ, tam superbia carminum, quam constructionis elatio, et excellentia vocabulorum concordat. Sed quia, si bene recolimus, summa summis esse digna jam fuit probatum, et iste, quem tragicum appellamus, summus videtur esse stilorum, illa quæ summe canenda distinximus, isto solo sunt stilo canenda; videlicet, Salus, Amor et Virtus, et quæ propter ea concipimus, dum nullo accidente vilescant. Caveat ergo quilibet, et discernat ea, quæ dicimus; et quando tria hæc pure cantare intendit, vel quæ ad ea directe et pure sequuntur, prius Helicone potatus, tensis fidibus adsumat secure plectrum, et cum more incipiat. Sed Cantionem, atque discretionem hanc, sicut decet, facere, hoc opus et labor est; quoniam nunquam sine strenuitate ingenii, et artis assiduitate, scientiarumque habitu fieri potest. Et ii sunt, quos Poeta Æneidorum sexto, dilectos Dei, et ab ardente virtute sublimatos ad æthera, Deorumque filios vocat, quamquam figurate loquatur. Et ideo confiteatur eorum stultitia, qui arte, scientiaque immunes, de solo ingenio confidentes, ad

Una dottrina affatto simile intorno alle varietà dello stile espose

Dante anco nella sua Epistola a Cane Scaligero.

Dappoi nelle cose, che ci occorrono a dire, devemo usare divisione, considerando se sono da cantarsi o con modo tragico, o comico, o elegiaco. Per la Tragedia intendemo lo stile superiore,

per la Comedia lo inferiore, per l' Elegia quello dei miseri. Se le cose che ci occorrono, pare che siano da essere cantate col modo tragico, allora è da pigliare il Volgare Illustre, e conseguentemente da legare la Canzone; ma se sono da cantarsi con comico, si piglia alcuna volta il Volgare mediocre, ed alcuna volta l'umile; la divisione dei quali nel quarto di quest' opera ci riserviamo a mostrare. Se poi con elegiaco, bisogna che solamente pigliamo l'umile. Ma lasciamo gli altri da parte, ed ora (come è il dovere) trattiamo dello stilo tragico. Appare certamente, che noi usiamo lo stilo tragico, quando colla gravità delle sentenzie, la superbia dei versi, la elevazione delle costruzioni, e la eccellenzia dei vocaboli si concorda insieme. Ma perchè (se ben ci ricordiamo) già è provato, che le cose somme sono degne delle somme, e questo stilo che chiamiamo tragico, pare essere il sommo dei stili, però quelle cose che avemo già distinte doversi sommamente cantare, sono da essere in questo solo stilo cantate; cioè la Salute, lo Amore e la Virtù, e quelle altre cose, che per cagion di esse sono nella mente nostra concepute, pur che per niun accidente non siano fatte vili. Guardisi adunque ciascuno, e discerna quello che dicemo; e quando vuole queste tre cose puramente cantare, ovvero quelle che ad esse tre dirittamente e puramente seguono, prima bevendo nel fonte di Elicona, ponga sicuramente all' accordata Lira il sommo plettro, e costumatamente cominci. Ma a fare questa Canzone, e questa divisione, come si dee, qui è la difficultà, qui è la fatica; perciò che mai senza acume d'ingegno, nė senza assiduità d' arte, nè senza abito di scienza non si potrà fare. E questi sono quelli che'l Poeta nel VI della Eneide chiama diletti da Dio, e dalla ardente virtù alzati al Cielo, e figliuoli degli Dei, avvegna che figuratamente parli. E però si confessi la sciocchezza di coloro, i quali senza arte, e senza scien

La frase del testo tensis fidibus adsumat secure plectrum non è ben resa dal Trissino, che traduce: ponga

1

sicuramente all'accordata Lira il sommo plettro; perciocchè vale: tese le corde, assuma francamente il plettro.

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