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totum orbem peregrinari Romam (1). È probabile che le prime frotte dei romei fossero quelle che più colpirono l'immaginazione di Dante, per la novità del caso: onde saremmo in questo punto della V. N. ai primi del detto anno, se non alla fine dell'antecedente. E così la parte quinta comprenderebbe i casi e i pensieri di Dante dal trentaquattresimo al principiare del trentacinquesimo anno (1299-1300).

Un breve paragrafo (§. XLIII), non maggiore del Proemio, al quale in certo modo corrisponde, forma la Conclusione di tutta l'operetta, e perciò la Sesta Parte nella quale potrebbe dividersi. In esso si riferisce quella quarta ed ultima visione, che per noi è una cosa stessa con quella della Divina Commedia, e Dante vi narra ch'ei vide cose, che gli fecero proporre di non dir più di quella benedetta, infino a tanto che non potesse più degnamente trattare di lei (*).

Kal. Martii, ma retrotraendo il giubileo a festo Navitatis D. n. J. C. praeterito; e si sa che i romei avevano già incominciato ad affluire dal Natale dell'anno precedente, e che, « nel gennajo e febbrajo si ebbe un prodigioso concorso di pellegrini in Roma (MURATORI, ad ann. 1.) » V. anche RAYNALDUS, ad ann. E infatti, Dante, che pone I' epoca del suo viaggio al plenilunio del Marzo 1300, ricorda che da tre mesi l'Angelo del Purgatorio accoglieva con tutta pace nella sua barca chi voleva entrare (Purg., II, 98). (1) CIN. PISTOR., Comm. in Cod. un. cod. 7, 47. (2) Il Prof. WITTE propose dapprima, nel 1842, una divisione della V. N. in sette parti. La prima narra l'innamoramento di Dante (§§. I-IV); la seconda, il timore che il suo segreto si scoprisse, e gli artifizj posti in opera per tenerlo celato (IV-x); la terza, l' aperta manifestazione dell' amore ed i patimenti da questo prodotti (v-xvi); la quarta, risponde a quello stato dell'animo in cui la contemplazione estatica delle perfezioni di Beatrice paiono al poeta unica vera e adeguata ricompensa all'affetto; e insieme vi si inframmette, a guisa d' episodio, il presentimento della morte dell'amata donna (XVII-XXIX); di questa morte tratta la quinta

La Vita Nuova è messa insieme di Rime, Narrazione e e Divisioni. Le Rime è certo che furono scritte via via dal 1283 al 1300. La Narrazione fu cominciata a scrivere, per illu

parte (XXIX-XXXVI); la sesta, dell' amorevole compassione della donna pietosa e dei dubbj che suscita nel cuore del poeta (XXXVI-XL); la settima ed ultima, del trionfo finale del primiero affetto (XL-XLIII). Per comodo dei lettori abbiamo voluto indicare i capitoli a cui risponde ciascuna delle parti distinte dal dotto alemanno: ma, per essere scrupolosamente fedeli, noteremo che le divisioni sue accennano più specialmente alle Rime, che vengono a questo modo distribuite: 1. Son 1 II. Son, 2-5 III. Ball. 1, Son. 6-9 IV. Canz. 1-3, Son 10-16 -v. Canz. 4-5, Son. 17-18-vı. Son. 19-22 VII. Son. 23-24. ( Vedi op. cit., pag. 4). Di queste sette parti il WITTE reputa le prime cinque già compiute, o poco meno, intorno al 1291, le altre due aggiunte più tardi, in guisa da condurci fino al punto onde avrà poi a muovere la Divina Commedia, ossia all'anno 1300.

Nella edizione della V. N. del 1876 la divise a questo modo: Parte Prima. Componimenti in vita di Beatrice. Periodo 1.oL'autore desidera come fine del suo amore il saluto di Beatrice. Sezione la Innamoramento dell'autore (§. 1-4). Sezione 2.a L'autore trova una difesa (§. v-Ix). Sezione 3.a Beatrice si sente offesa (§. X-XVI). Periodo 2o. L'autore non aspirando ad altro guiderdone che a poter lodare la bellezza spirituale della sua donna, muta lo stile fin allora usato. Sezione 1.a L'aut. dirige le lodi della sua donna non ad essa, ma ad altre donne gentili (§. XVII-XXI). Sezione 2.a Presentimenti della morte di B. (§. xxii-xxIII). Sezione 3.a L'a. torna alle lodi di B. Parte Seconda. Componimenti in morte di B. Sezione 1a. Affezione estrema dell' a. sulla morte della sua donna ( §. XXIX-XXXV). Sezione 2.a Conforti che l'a. comincia a trovare nella vista d'una donna gentile (§. XXXVI-XXXIX). Sezione 3.a L'a. ritorna al solo culto della memoria di B. (§. XL-XLIII).

Anche l' ORLANDINI nel suo discorso sulla V. N. (in Dante e il suo secolo, Firenze, Cellini, 1866, pag. 387) ne propose una divisione in «in sei stadj o periodi», dei quali il primo parrebbe comprendere i §§. I-II, il secondo i §§. III-XII, il terzo i §§. XIV-XXI,

strazione delle Rime, dopo la morte di Beatrice, dacchè a questo doloroso fatto l'autore accenna fin dal principio (§. 1), a proposito del significato della prima visione, e delle risposte avute dai fedeli d' Amore. Forse nel primitivo concetto, la V. N. doveva essere il monumento inalzato a Beatrice dal superstite amore del poeta: se non che, a compierla e rivolgere altrove il pensiero, dovette persuaderlo quella visione, che chiude un poco bruscamente l'operetta, e nella quale gli balenò la certezza che ei potrebbe in altro modo dir di lei quello che mai non fu detto d'alcuna. Le Divisioni poi potrebbero esser state compilate quando già il libro era tutto composto, e perfetto ormai nelle altre sue parti; e ciò spiegherebbe come alcuni testi, anche autorevoli, ne difettino, e come in altri la parte narrativa e la dichiarativa si usurpino a vicenda parole e frasi: indizio probabile che l'autore riponesse le mani all'opera, quando già era uscita una prima volta senza quelle. Ad ogni modo, ci sembra doversi tenere per certo che la V. N. sia stata ordinata e compilata nelle sue parti essenziali, di Rime cioè e di Narrazione, le prime già scritte negli anni dell' amore e del dolore, e la seconda fors' anche a poco a poco preparata e composta, in assai breve spazio di tempo, e non molto più tardi dell'ultima visione: la quale se è, come non dubitiamo, una cosa stessa con quella avuta nel mezzo del cammin della vita, ci condurrebbe alla primavera del 1300 (1). La materia del libro, fino almeno a tutto il §. XXXIX

il quarto i §§. XXII-XXVIII, il quinto i §§. XXIX-XXXV, il sesto dal XXXVI alla fine.

Il lettore vorrà da per sè giudicare se abbiamo rettamente modificato le divisioni dei due chiarissimi dantisti che in tal partizione ci hanno preceduto.

(1) Il primo di Pasqua del 1300 fu, secondo i calcoli del P.

doveva esser già pronta, quando e la forte immaginazione (§.XL) in che rivide Beatrice e il nuovo e gran fatto del giubileo (§. XLI), ch'è pur il termine onde comincia il poema, e finalmente ? la mirabile visione (§. XLIII) lo persuasero a dar ordine e forma a quanto di poesia e di prosa aveva fin allora scritto, riserbando altro più solenne monumento alla gloria di Beatrice beata, alla seconda vita della amata donna. E tanto più devesi ammettere codesta data del 1300, in quanto, come osserva giustamente il prof. Lubin (1), la V. N. è dedicata al Cavalcanti (§. XXXI), e ciò dovette ragionevolmente accadere prima del priorato di Dante, che, ad attutire le ire di parte, esiliò l'amico a Sarzana, donde questi non fece ritorno che verso la metà del 1300, per morire di morbo contratto durante la relegazione (2). Ora il priorato di Dante fu dal 15 Giugno al 15 Agosto, nè il grave ufficio gli poteva certo permettere di dare il suo tempo a questa scrittura d'amore: sicchè tanto più appare che l'opera fosse condotta a termine, e dedicata all'amico non ancora esulante, dopo la visione e prima del priorato: cioè tra l'Aprile ed il Giugno del 1300, in quel mese appunto che col ritorno delle feste tradizionali gli ricordava anche il primo incontro coll'amata fanciulla.

Il lettore avrà forse notato che non abbiamo voluto perderci in una ricerca che stimiamo infeconda, circa il preciso significato del noto passo in che Dante parla delle sue due

SORIO (Giorno preciso di Pasqua, secondo Dante nel 1300, e del Plenilunio, Roma, Tipog. Belle Arti, 1863) il 10 di aprile. Il sig. GUERRA invece fa cominciare il viaggio dantesco ai 2 aprile, mentre il GIANNOTTI aveva stabilito per data il 7. Vedi FERRAZZI, Manuale Dantesco, II, 591-94.

(1) Op. cit., p. 28.

(2) VILLANI, VIII, 42. II DEL LUNGO, Dino ecc., II, 1, XXI, 26, prova con documenti sicuri che Guido morì il 27 o 28 agosto del 1300.

scritture, la V. N. cioè, e il Convito: e io in quella (Vita Nuova) dinanzi alla entrata della mia gioventude parlai, e in questa di poi (Convito), quella già trapassata (Conv. 1, 1). Noi pensiamo col Lubin cotesta sentenza andar soggetta a due questioni di grammatica, una delle quali è grammaticalmente insolubile ()»: opinione alla quale consuona anche ciò che scrive in proposito di Selmi, non aversi cioè «< argomento di grammatica nè induzioni di consuetudine nella prosa di Dante che possano condurre a collegare il quella in modo certo, assoluto ed irrefragabile, piuttosto ad entrata che a gioventù (2)». Cosìcchè, << visto che la grammatica non ci scioglierebbe il nodo (3) >> anche noi abbiamo avuto ricorso ad altri argomenti desunti dal libro stesso, per accertare che l'anno 1300 fu quello in che la V. N. dovette giungere al suo total compimento (*).

(1) Op. cit., p. 33.

(2) Il Convito ecc., Dissertazione, Torino, 1865, p. 41. (3) SELMI, id. id.

(4) II SERAFINI (pag. 10) crede provare che la V. N. « non fu scritta ai principj del 1293, come scrisse l' Arrivabene ed altri; non nel 1292, come volle il Balbo; non al 1291, come fu di credere il Boccaccio seguito dal Fraticelli; nè ai principj del 1290, come stranamente volle tenere il Biscioni; molto meno nel 1281, come stranissimamente slogicava il Rossetti », ma nella primavera del 1294. Esaminate tutte le opinioni e gli argomenti addotti a difesa di quelle, resto fermo alla data del 1300.

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