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Chi s' innamora sì come voi fate,
or qua or là, e sè lega e dissolve,
mostra ch'Amor leggermente il saetti.
Però se leggier cor così vi volve,
priego che con vertù il correggiate,
sì che s' accordi i fatti a' dolci detti.

CXV.

RISPOSTA DI MESSER CINO A DANTE

Poi ch'ï' fu', Dante, dal mio natal sito
fatto per greve essilio pellegrino

e lontanato dal piacer più fino
che mai formasse il Piacer infinito,
io son piangendo per lo mondo gito
sdegnato del morir come meschino,
e s'ho trovato a lui simil vicino,
dett' ho che questi m' ha lo cor ferito.
Nè da le prime braccia dispietate,
onde 'l fermato disperar m' assolve,
son mosso perch' aiuto non aspetti;
ch' un piacer sempre me lega ed involve,
il qual conven che a simil di beltate
in molte donne sparte mi diletti.

CXVI.

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Amor, da che convien pur ch'io mi doglia perchè la gente m' oda,

e mostri me d' ogni vertute spento,

dammi savere a pianger come voglia,
sì che 'l duol che si snoda

portin le mie parole com' io 'l sento.

Tu vo' ch'io muoia, e io ne son contento: ma chi mi scuserà, s' io non so dire

ciò che mi fai sentire?

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chi crederà ch' io sia omai sì colto ?

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E se mi dai parlar quanto tormento,

fa, signor mio, che innanzi al mio morire
questa rea per me nol possa udire;
chè, se intendesse ciò che dentro ascolto,
pietà faria men bello il suo bel volto.

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Io non posso fuggir, ch' ella non vegna
ne l'imagine mia,

se non come il pensier che la vi mena.
L'anima folle, che al suo mal s' ingegna,
com' ella è bella e ria

così dipinge, e forma la sua pena:

poi la riguarda, e quando ella è ben piena del gran disio che de li occhi le tira, incontro a sè s' adira,

c' ha fatto il foco ond' ella trista incende. Quale argomento di ragion raffrena, ove tanta tempesta in me si gira? L'angoscia, che non cape dentro, spira fuor de la bocca sì ch'ella s' intende, e anche a li occhi lor merito rende. La nimica figura, che rimane

vittoriosa e fera

e signoreggia la vertù che vole,
vaga di se medesma andar mi fane
colà dov' ella è vera,

come simile a simil correr sole.

Ben conosco che va la neve al sole,
ma più non posso: fo come colui
che, nel podere altrui,

va co' suoi piedi al loco ov' egli è morto.
Quando son presso, parmi udir parole
dicer « Vie via vedrai morir costui! ».
Allor mi volgo per vedere a cui

mi raccomandi; e 'ntanto sono scorto

da li occhi che m' ancidono a gran torto. Qual io divegno sì feruto, Amore,

sailo tu, e non io,

che rimani a veder me sanza vita;

e se l'anima torna poscia al core,

ignoranza ed oblio

stato è con lei, mentre ch'ella è partita. Com' io risurgo, e miro la ferita

che mi disfece quand' io fui percosso,

confortar non mi posso

sì ch' io non triemi tutto di paura.

E mostra poi la faccia scolorita

qual fu quel trono che mi giunse a dosso;

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che se con dolce riso è stato mosso,
lunga fiata poi rimane oscura,

perchè lo spirto non si rassicura.

Così m' hai concio, Amore, in mezzo l' alpi, ne la valle del fiume

lungo il qual sempre sopra me se' forte: qui vivo e morto, come vuoi, mi palpi, merze del fiero lume

che sfolgorando fa via a la morte.

Lasso non donne qui, non genti accorte
veggio, a cui mi lamenti del mio male :
se a costei non ne cale,

non spero mai d'altrui aver soccorso.
E questa sbandeggiata di tua corte,
signor, non cura colpo di tuo strale:
fatto ha d'orgoglio al petto schermo tale,
ch'ogni saetta lì spunta suo corso;

per che l'armato cor da nulla è morso. O montanina mia canzon, tu vai:

forse vedrai Fiorenza, la mia terra,
che fuor di sè mi serra,

vota d'amore e nuda di pietate;

se dentro v'entri, va dicendo: «Omai
non vi può far lo mio fattor più guerra :
là ond' io vegno una catena il serra
tal, che se piega vostra crudeltate,
non ha di ritornar qui libertate ».

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CXVII.

Per quella via che la bellezza corre
quando a svegliare Amor va ne la mente,
passa Lisetta baldanzosamente,

come colei che mi si crede torre.

E quando è giunta a piè di quella torre
che s'apre quando l' anima acconsente,
odesi voce dir subitamente :

« Volgiti, bella donna, e non ti porre;
però che dentro un'altra donna siede,
la qual di signoria chiese la verga
tosto che giunse, e Amor glile diede ».

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Quando Lisetta accommiatar si vede
da quella parte dove Amore alberga,
tutta dipinta di vergogna riede.

CXVIII.

MESSER ALDOBRANDINO MEZZABATI DA PADOVA

A PROPOSITO DEL PRECEDENTE SONETTO.

Lisetta voi de la vergogna storre

e dargli guida nel camin dolente,
che la conduca fuor di cruda gente
en forza di colui che tosto acorre.
Beltà di donna si se vuole opporre
alla schifezza che di viltà sente:
come la voce fusse conoscente
dirollo, poi ch' Amor me lo fa sporre.
Lo sir che guarda il poggio d' esta sede,
nanzi che dentro al nostro signor perga,
al coridor ch'è giunto poco crede;

e quando venne al porto di mercede,
la voce disse: « Alla rocca non s'erga
infin a tanto che 'l sir nol concede ».

APPENDICE.

RIME DI DUBBIA ATTRIBUZIONE

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I.

Amore e monna Lagia e Guido ed io
possiamo ringraziare un ser costui
che 'nd' ha partiti, sapete da cui ?
Nol vo' contar per averlo in oblio;
poi questi tre più non v' hanno disio,
ch' eran serventi di tal guisa in lui,
che veramente più di lor non fui
imaginando ch'elli fosse iddio.
Sia ringraziato Amor, che se n'accorse
primeramente; poi la donna saggia,
che 'n quello punto li ritolse il core;

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e Guido ancor, che n'è del tutto fore;
ed io ancor che 'n sua vertute caggia :
se poi mi piacque nol si crede forse.

II.

In abito di saggia messaggiera
movi, ballata, senza gir tardando
a quella bella donna a cui ti mando,
e digli quanto mia vita è leggiera.
Comincerai a dir che li occhi mei
per riguardar sua angelica figura
solean portar corona di desiri :
ora, perchè non posson veder lei,
li strugge Morte con tanta paura,
c' hanno fatto ghirlanda di martiri.
Lasso! non so in qual parte li giri
per lor diletto; sì che quasi morto
mi troverai, se non rechi conforto
da lei; ond' eo ti fo dolce preghiera.

III.

[Questo si è proemio d'una ballata. Per darla meglio ad intendere, si dispone dinanzi in questa forma, distinguendo poi a parte a parte la ballata e la sua sentenza].

A quella in cui l'anima mia amorosamente si nutrica, per la cui bellezza Amore in me prova universalmente le virtù sue, io che son d'amor armato sotto 'l velo de la vostra 2 luce mi raccomando. Ecco, donna mia, che sopra l'amorosa nostra materia onde la penna d'Amor già vi scrisse ad onor di voi e consolazione di me, che vostro sono, dette queste parole per ordine di queste rime, le quali voi piaccia di leggere; e non vi de' increscere, in quanto che da voi e da vostre bellezze levarono il lor principio, e io medesimamente scrivo le rime e le lor sentenzie per ordine che 'l suo ingegno ditta.

Questa è una ballatetta d'una risposta con tre stanze, e comincia così:

Donne, i' non so di ch'i̇' mi prieghi Amore,

ch' ello m' ancide, e la morte m' è dura,
e di sentir lui meno ho più paura.

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