11 14 4 8 11 14 Chi s' innamora sì come voi fate, CXV. RISPOSTA DI MESSER CINO A DANTE Poi ch'ï' fu', Dante, dal mio natal sito e lontanato dal piacer più fino CXVI. 5 Amor, da che convien pur ch'io mi doglia perchè la gente m' oda, e mostri me d' ogni vertute spento, dammi savere a pianger come voglia, portin le mie parole com' io 'l sento. Tu vo' ch'io muoia, e io ne son contento: ma chi mi scuserà, s' io non so dire ciò che mi fai sentire? 10 chi crederà ch' io sia omai sì colto ? E se mi dai parlar quanto tormento, fa, signor mio, che innanzi al mio morire Io non posso fuggir, ch' ella non vegna se non come il pensier che la vi mena. così dipinge, e forma la sua pena: poi la riguarda, e quando ella è ben piena del gran disio che de li occhi le tira, incontro a sè s' adira, c' ha fatto il foco ond' ella trista incende. Quale argomento di ragion raffrena, ove tanta tempesta in me si gira? L'angoscia, che non cape dentro, spira fuor de la bocca sì ch'ella s' intende, e anche a li occhi lor merito rende. La nimica figura, che rimane vittoriosa e fera e signoreggia la vertù che vole, come simile a simil correr sole. Ben conosco che va la neve al sole, va co' suoi piedi al loco ov' egli è morto. mi raccomandi; e 'ntanto sono scorto da li occhi che m' ancidono a gran torto. Qual io divegno sì feruto, Amore, sailo tu, e non io, che rimani a veder me sanza vita; e se l'anima torna poscia al core, ignoranza ed oblio stato è con lei, mentre ch'ella è partita. Com' io risurgo, e miro la ferita che mi disfece quand' io fui percosso, confortar non mi posso sì ch' io non triemi tutto di paura. E mostra poi la faccia scolorita qual fu quel trono che mi giunse a dosso; che se con dolce riso è stato mosso, perchè lo spirto non si rassicura. Così m' hai concio, Amore, in mezzo l' alpi, ne la valle del fiume lungo il qual sempre sopra me se' forte: qui vivo e morto, come vuoi, mi palpi, merze del fiero lume che sfolgorando fa via a la morte. Lasso non donne qui, non genti accorte non spero mai d'altrui aver soccorso. per che l'armato cor da nulla è morso. O montanina mia canzon, tu vai: forse vedrai Fiorenza, la mia terra, vota d'amore e nuda di pietate; se dentro v'entri, va dicendo: «Omai 8 11 CXVII. Per quella via che la bellezza corre come colei che mi si crede torre. E quando è giunta a piè di quella torre « Volgiti, bella donna, e non ti porre; 14 11 14 Quando Lisetta accommiatar si vede CXVIII. MESSER ALDOBRANDINO MEZZABATI DA PADOVA A PROPOSITO DEL PRECEDENTE SONETTO. Lisetta voi de la vergogna storre e dargli guida nel camin dolente, e quando venne al porto di mercede, APPENDICE. RIME DI DUBBIA ATTRIBUZIONE 8 11 I. Amore e monna Lagia e Guido ed io 1 3 14 10 e Guido ancor, che n'è del tutto fore; II. In abito di saggia messaggiera III. [Questo si è proemio d'una ballata. Per darla meglio ad intendere, si dispone dinanzi in questa forma, distinguendo poi a parte a parte la ballata e la sua sentenza]. A quella in cui l'anima mia amorosamente si nutrica, per la cui bellezza Amore in me prova universalmente le virtù sue, io che son d'amor armato sotto 'l velo de la vostra 2 luce mi raccomando. Ecco, donna mia, che sopra l'amorosa nostra materia onde la penna d'Amor già vi scrisse ad onor di voi e consolazione di me, che vostro sono, dette queste parole per ordine di queste rime, le quali voi piaccia di leggere; e non vi de' increscere, in quanto che da voi e da vostre bellezze levarono il lor principio, e io medesimamente scrivo le rime e le lor sentenzie per ordine che 'l suo ingegno ditta. Questa è una ballatetta d'una risposta con tre stanze, e comincia così: Donne, i' non so di ch'i̇' mi prieghi Amore, ch' ello m' ancide, e la morte m' è dura, |