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reami con tanta letizia, quanto a sè, che mirabile cosa era;
e ne le sue parole dicea molte cose, le quali io non intendea
se non poche; tra le quali intendea queste : « Ego dominus
tuus ». Ne le sue braccia mi parea vedere una persona dor- 4
mire nuda, salvo che involta mi parea in uno drappo san-
guigno leggeramente; la quale io riguardando molto inten-
tivamente, conobbi ch'era la donna de la salute, la quale
m'avea lo giorno dinanzi degnato di salutare. E ne l'una 5
de le mani mi parea che questi tenesse una cosa la quale
ardesse tutta, e pareami che mi dicesse queste parole:
« Vide cor tuum ». E quando elli era stato alquanto, pateami 6
che disvegliasse questa che dormia; e tanto si sforzava per
suo ingegno, che le facea mangiare questa cosa che in mano
li ardea, la quale ella mangiava dubitosamente. Appresso 7
ciò poco dimorava che la sua letizia si convertia in amaris-
simo pianto ; e così piangendo, si ricogliea questa donna ne
le sue braccia, e con essa mi parea che si ne gisse verso lo
cielo ; onde io sostenea sì grande angoscia, che lo mio debo-
letto sonno non poteo sostenere, anzi si ruppe e fui disve-
gliato. E mantenente cominciai a pensare, e trovai che l'ora 8
ne la quale m'era questa visione apparita, era la quarta de
la notte stata; sì che appare manifestamente ch'ella fue la
prima ora de le nove ultime ore de la notte. Pensando io 9
a ciò che m'era apparuto, propuosi di farlo sentire a molti
li quali erano famosi trovatori in quello tempo e con ciò
fosse cosa che io avesse già veduto per me medesimo l'arte
del dire parole per rima, propuosi di fare uno sonetto, ne
lo quale io salutasse tutti li fedeli d'Amore; e pregandoli
che giudicassero la mia visione, scrissi a loro ciò che io avea
nel mio sonno veduto. E cominciai allora questo sonetto,
lo quale comincia: A ciascun'alma presa.

A ciascun' alma presa e gentil core
nel cui cospetto ven lo dir presente,
in ciò che mi rescrivan suo parvente,
salute in lor segnor, cioè Amore.
Già eran quasi che atterzate l'ore
del tempo che onne stella n'è lucente,
quando m' apparve Amor subitamente,
cui essenza membrar mi dà orrore.
Allegro mi sembrava Amor tenendo
meo core in mano, e ne le bro

avea

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madonna involta in un drappo dormendo. 11
Poi la svegliava, e d'esto core ardendo
lei paventosa umilmente pascea :
appresso gir lo ne vedea piangendo.

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Questo sonetto si divide in due parti ; che ne la prima parte saluto e domando risponsione, ne la seconda significo a che si dee rispondere. La seconda parte comincia quivi : Già eran. A questo sonetto fue risposto da molti e di diverse sentenzie; tra li quali fue risponditore quelli cui io chiamo primo de li miei amici, e disse allora uno sonetto, lo quale comincia: Vedeste, al mio parere, onne valore. E questo fue quasi lo principio de l'amistà tra lui e me, quando elli seppe che io era 15 quelli che li avea ciò mandato. Lo verace giudicio del detto sogno non fue veduto allora per alcuno, ma ora è manifestissimo a li più semplici.

IV. Da questa visione innanzi cominciò lo mio spirito naturale ad essere impedito ne la sua operazione, però che l'anima era tutta data nel pensare di questa gentilissima ; onde io divenni in picciolo tempo poi di sì fraile e debole condizione, che a molti amici pesava de la mia vista ; e molti pieni d'invidia già si procacciavano di sapere di me quello 2 che io volea del tutto celare ad altrui. Ed io, accorgendomi del malvagio domandare che mi faceano, per la volontade d'Amore, lo quale mi comandava secondo lo consiglio de la ragione, rispondea loro che Amore era quelli che così m'avea governato. Dicea d'Amore, però che io portava nel viso tante de le sue insegne, che questo non si potea ricovrire. 3 E quando mi domandavano «Per cui t'ha così distrutto questo Amore?», ed io sorridendo li guardava, e nulla dicea loro.

V. Uno giorno avvenne che questa gentilissima sedea in parte ove s'udiano parole de la regina de la gloria, ed io era in luogo dal quale vedea la mia beatitudine; e nel mezzo di lei e di me per la retta linea sedea una gentile donna di molto piacevole aspetto, la quale mi mirava spesse volte, maravigliandosi del mio sguardare, che parea che sopra lei termi2 nasse. Onde molti s'accorsero de lo suo mirare; e in tanto vi fue posto mente, che, partendomi da questo luogo, mi sentio dicere appresso di me : « Vedi come cotale donna distrugge la persona di costui »; e nominandola, io intesi che dicea di colei che mezzo era stata ne la linea retta che movea 3 da la gentilissima Beatrice e terminava ne li occhi miei. Al

lora mi confortai molto, assicurandomi che lo mio secreto non era comunicato lo giorno altrui per mia vista. E mantenente pensai di fare di questa gentile donna schermo de la veritade; e tanto ne mostrai in poco tempo, che lo mio secreto fue creduto sapere da le più persone che di me ragionavano. Con questa donna mi celai alquanti anni e mesi; e per più fare credente altrui, feci per lei certe cosette per rima, le quali non è mio intendimento di scrivere qui, se non in quanto facesse a trattare di quella gentilissima Beatrice; e però le lascerò tutte, salvo che alcuna cosa ne scriverò che pare che sia loda di lei.

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VI. Dico che in questo tempo che questa donna era schermo di tanto amore, quanto da la mia parte, sì mi venne una volontade di volere ricordare lo nome di quella gentilissima ed accompagnarlo di molti nomi di donne, e spe· zialmente del nome di questa gentile donna. E presi li nomi 2 di sessanta le più belle donne de la cittade ove la mia donna fue posta da l'altissimo sire, e compuosi una pistola sotto forma di serventese, la quale io non scriverò : e non n'avrei fatto menzione, se non per dire quello che, componendola, maravigliosamente addivenne, cioè che in alcuno altro numero non sofferse lo nome de la mia donna stare, se non in su lo nove, tra li nomi di queste donne.

VII. La donna co la quale io avea tanto tempo celata la mia volontade, convenne che si partisse de la sopradetta cittade e andasse in paese molto lontano; per che io, quasi sbigottito de la bella difesa che m'era venuta meno, assai me ne disconfortai, più che io medesimo non avrei creduto dinanzi. E pensando che se de la sua partita io non parlasse 2 alquanto dolorosamente, le persone sarebbero accorte più tosto de lo mio nascondere, propuosi di farne alcuna lamentanza in uno sonetto; lo quale io scriverò, acciò che la mia donna fue immediata cagione di certe parole che ne lo sonetto sono, sì come appare a chi lo intende. E allora dissi questo "sonetto, che comincia: O voi che per la via.

O voi che per la via d'Amor passate,
attendete e guardate

s' elli è dolore alcun, quanto 'l mio, grave;
e prego sol ch' audir mi sofferiate,

e poi imaginate

s' io son d' ogni tormento ostale e chiave.

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Amor, non già per mia poca bontate,
ma per sua nobiltate,

mi pose in vita sì dolce e soave,

ch' io mi sentia dir dietro spesse fiate:

« Deo, per qual dignitate

così leggiadro questi lo core have? »
Or ho perduta tutta mia baldanza,

che si movea d' amoroso tesoro ;
ond' io pover dimoro,

in guisa che di dir mi ven dottanza.
Sì che volendo far come coloro
che per vergogna celan lor mancanza,
di fuor mostro allegranza,

e dentro da lo core struggo e ploro.

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Questo sonetto ha due parti principali ; che ne la prima intendo chiamare li fedeli d'Amore per quelle parole di Geremia profeta che dicono: «O vos omnes qui transitis per viam, attendite et videte si est dolor sicut dolor meus », e pregare che mi sofferino d'audire; ne la seconda narro là ove Amore m'avea posto, con altro intendimento che l'estreme parti del sonetto non mostrano, e dico che io hoe ciò perduto. La seconda parte comincia quivi: Amor, non già.

VIII. Appresso lo partire di questa gentile donna fue piacere del segnore de li angeli di chiamare a la sua gloria una donna giovane e di gentile aspetto molto, la quale fue assai graziosa in questa sopradetta cittade; lo cui corpo io vidi giacere sanza l'anima in mezzo di molte donne, le quali pian2 geano assai pietosamente. Allora, ricordandomi che già l'avea veduta fare compagnia a quella gentilissima, non poteo sostenere alquante lagrime; anzi piangendo mi propuosi di dicere alquante parole de la sua morte, in guiderdone di 3 ciò che alcuna fiata l'avea veduta con la mia donna. E di ciò toccai alcuna cosa ne l'ultima parte de le parole che io ne dissi, sì come appare manifestamente a chi lo intende. E dissi allora questi due sonetti, li quali comincia lo primo : Piangete, amanti, e lo secondo: Morte villana.

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Piangete, amanti, poi che piange Amore,
udendo qual cagion lui fa plorare.
Amor sente a Pietà donne chiamare,
mostrando amaro duol per li occhi fore,

perchè villana Morte in gentil core
ha miso il suo crudele adoperare,
guastando ciò che al mondo è da laudare
in gentil donna sovra de l'onore.
Audite quanto Amor le fece orranza,

ch' io 'l vidi lamentare in forma vera
sovra la morta imagine avvenente;
e riguardava ver lo ciel sovente,
ove l'alma gentil già locata era,
che donna fu di sì gaia sembianza.

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Questo primo sonetto si divide in tre parti : ne la prima 7 chiamo e sollicito li fedeli d'Amore a piangere e dico che lo segnore loro piange, e dico ‘udendo la cagione per che piange', acciò che s'acconcino più ad ascoltarmi; ne la seconda narro la cagione; ne la terza parlo d'alcuno onore che Amore fece a questa donna. La seconda parte comincia quivi: Amor sente; la terza quivi: Audite.

Morte villana, di pietà nemica,

di dolor madre antica,

giudicio incontastabile gravoso,

poi che hai data matera al cor doglioso
ond' io vado pensoso,

di te blasmar la lingua s'affatica.

E s'io di grazia ti voi far mendica,

convenesi ch' eo dica

lo tuo fallar d' onni torto tortoso,

non però ch' a la gente sia nascoso,
ma per farne cruccioso

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chi d'amor per innanzi si notrica.

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Questo sonetto si divide in quattro parti : ne la prima parte 12 chiamo la Morte per certi suoi nomi propri; ne la seconda, parlando a lei, dico la cagione per che io mi muovo a blasi

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