forse la voce Dio, può qui meglio interpretarsi per un' esclamazione, cioè Deh, come nella ballata XI: Togliete via le vostre porte omai, Dall' occulta virtù che seco mena, E veggio Amor, che m'impromette pena.. Nè non dubbiar, chè tosto fien rimosse." "Questo sonetto (dice il Witte, per cui e' fu messo in luce) si trova col nome di Dante Alighieri non solamente » nel codice ambrosiano (che abbiamo ricordato altre volte), "ma ancora in un codice comprato ultimamente dal chiarissimo » abate Bettio per la Marciana. Quest' ultimo codice attri» buisce a Dante 13 sonetti, 11 de' quali si trovano nel co» dice laurenziano 118 (Catal. Bandini, vol. V, pag. 228-30) » col nome del sanese ser Dino Forestani detto il Saviozzo, » di cui vedi il Crescimbeni, vol. II, parte II, lib. II. Degli " altri due, il primo si trova senza nome d'autore in un altro n codice della biblioteca suddetta; il secondo è il sonetto » presente. » Il quale è scritto a modo di dialogo, e gl' interlocutori ne 230 IL CANZONIERE DI DANTE ALIGHIERI. sono Amore, il Poeta e la donna sua; e sembra essere al legorico. E in questo concetto si tratterebbe delle difficoltà, che presenta lo studio della filosofia, e del piacere che ad un tempo se ne ritrae. Ma se qualche frase lo fece al Witte ritenere per lavoro di Dante, ve ne hanno altre che ingenerano molta dubbiezza: ond'è ch'io stimo doverlo collocare fra i componimenti di questa seconda specie. RIME APOCRIFE. CANZONE. Oimè lasso quelle treccie bionde, D'aureo color gli poggi d'ogn' intorno; Di que' begli occhi al ben segnato giorno; E rilucente viso; Oimè lo dolce riso, Per lo qual si vedea la bianca neve Oimè! senza meve, Morte, perchè 'I togliesti sì per tempo? Ed accorto intelletto e ben pensato; D'odiar lo vile e d'amar l'alto stato Di si bella creanza; Oime! quella speranza, |