dato in luce da Faustino Tasso e dal Ciampi. Non solo per lo stile, e per alcuni modi particolari, come il suo bel viso chiaro la piaga del mio cor rimpolpo, si ravvisa essere componimento di Ciuo, ma altresì per vedervisi artificiosamente nominata Selvaggia, la donna amata da lui: Savere e cortesia, ingegno ed arte, Con lealtà 'n piacer d'Amor l'adovra, Che nulla cosa gli è 'ncontro possente, Come componimento di Dante Alighieri è riportato questo sonetto nell' edizion giuntina a c. 139 retro, ov'è detto essere responsivo a quello di Dante da Maiano, che incomincia Amor mi fa sì fedelmente amare. Per lo stile contorto e disarmonico in che è dettato pel suo fraseggiare languido e rozzo, e più per la sua meschinità, io non so affatto ravvisarlo per componimento di Dante. Ad esso dunque lo tolgo, e lo ascrivo ad autore incerto, perchè nè in codici, nè in stampe m'è avvenuto mai di riscontrarlo. SONETTO. Savete giudicar vostra ragione, O uom, che pregio di saver portate; Perchè, vitando aver con voi quistione, È la fermezza ch' averà nel core. Anche questo sonetto vedesi nell' edizion giuntina a c. 142 col nome di Dante Alighieri, ove dicesi responsivo a quel del maianese il cui primo verso è Provvedi, saggio, ad esta visione. Pare impossibile che un sì laido e sconcio componimento, così privo di sintassi e di senso, siasi potuto attribuire al grande Alighieri, mentre basta leggerlo solo una volta per riconoscere che non può attribuirsi nemmeno ad un poeta, che fosse alquanto al di sotto della mediocrità. Adunque senza alcuno scrupolo io lo ritengo per apocrifo; e poichè nessuna indicazione ho trovato a cui appartenga, dico che dee collocarsi fra le rime d'autori incerti. BALLATA. Io non domando, Amore, Fuor che potere il tuo piacer gradire: In ciascun tempo, o dolce mio signore. Che mi mostrasti, Amor, subitamente · Veggendo te ne' suoi begli occhi stare, Dappoi non s'è voluto in altra cosa, Vista ch'io vidi, e rimembrar tutt' ore. Ch' io veggio sempre quel ch' io vidi allora; Entro alla mente; ma pur mi do pace; Chiarir non si potria per mie parole. Dil tu per me là, ov' io son servitore. Rendere a te onor, poichè desire A quella donna, ch'è di tal valore. Sebbene questa ballata fosse edita col nome di Dante nella raccolta giuntina a c. 17 retro, pure dal Pilli, nella sua edizione del 1529, e dal Ciampi in quella del 1813, fu restituita a Cino, al quale pur io l'attribuisco, perciocchè (come agevolmente si vede) v' ha qui tutto il fare di Cino, e non quello di Dante. Non tralascerò d' avvertire come il Ciampi ne certifica, che in molti codici si trova col nome di Cino, a cui l'ascrive anche il Trissino portandola per modello nella sua Poetica. SONETTO. Questa donna, ch'andar mi fa pensoso, Poscia ch'io vidi quel dolce signore E quando avvien che que' begli occhi miri, Che l'alma, onde si muovono i sospiri, Questo sonetto, che col nome di Dante sta nell'edizione de' Giunti a c. 14, fu come di Cino pubblicato dal Pilli, da Faustino Tasso e dal Ciampi. Col nome di Dante non l'ho trovato in alcun codice, mentre col nome di Cino sta nel codice 37 del Plut. XC della Laurenziana, nel 3214 della Vaticana, e anche asserisce il Ciampi trovarsi in due codici trivulziani. Quantunque il sonetto sia ben dettato e ben con dotto, e senta molto della maniera di Dante, pure non possiamo ascriverlo ad esso, perchè manchiamo affatto di ragione; mentre dobbiamo ascriverlo a Cino, per le molte autorità che in ciò si trovano concordi. SONETTO. Dagli occhi belli di questa mia dama Guardando le virtù, che 'n lei son tante! Ma se tu mi domandi, e dici: Quante? Non til so dire; chè non son pur cento, Errò grossamente il Giunti, quando nella sua raccolta di rine antiche stampò a c. 19 col nome di Dante Alighieri il so letto presente, il quale per le licenze di lingua, per lo stile contorto e disarmonico, per la debolezza e meschinità si fa agevolmente ravvisare per poesia di Dante da Maiano. Ed infatti siccome appartenente a questo rozzo poeta citalo il Quadrio, quando nella sua Storia della poesia, alla particella I del cap. IV, parla delle licenze per la rima introdotte, e ri. porta ad esempio quel verso, in cui sconciamente adoprasi il vocabolo pina invece di piena, Chè se il Quadrio citollo siccome del maianese, è da dirsi che col nome di lui lo ritrovasse ne' codici. Si tolga dunque dal Canzoniere di Dante Alighieri, e a Dante da Maiano si renda. SONETTO. Nelle man vostre, o gentil donna mia, Sicchè non ebbe poi alcun valore Non siate agli occhi miei cotanto avara. Questo sonetto, che vide la luce nell'edizion giuntina, non ba alcuna autorità di codici per essere attribuito a Dante Alighieri, mentre per essere attribuito a Cino ne ha diverse, tra cui quelle di due trivulziani citati dal Ciampi. Quantunque nelle stampe vedasi or col nome dell' uno, or col nome dell'altro poeta, pure, esaminandone la maniera e lo stile, appare essere del pistoiese, piuttosto chè del fiorentino, a cui infatti lo negano i codici. |