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Possa magnificar la tua giustizia.1
XVI. Apri, Signor, le labbra della mente,
Acciò che la mia bocca la tua laude
Possa manifestare a tutta gente.

XVII. Egli mi parria fare una gran fraude*
A dar la pecorella per lo vizio,

Della qual so che 'l mio Signor non gaude.
XVIII. Lo spirto tribolato, al mio giudizio,
El cor contrito e bene umiliato

Si può chiamare vero sacrifizio.*

XIX. Signor, fa che Sion sia ben guardato,

XVI. Domine, labia mea aperies: et os meum annuntiabit laudem tuam.

XVII. Quoniam si voluisses sacrificium, dedissem utique: holo caustis non delectaberis.

XVIII. Sacrificium Deo spiritus contribulatus: cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies.

XIX. Benigne fac, Domine, in bona voluntate tua Sion, ut ædificentur muri Jerusalem.

1 Cioè, la giustizia da te comandata, che hanno gli uomini a praticare, a le giuste vie che hanno a battere. Coşi disse altrove questo Profeta: Siinore, conducetemi nella vostra giustizia (Psal. V, n. 9). Onde san Girolamo ottimamente voltò: E la mia lingua redicherà i vostri comandamenti.

2 Cioè, un iniquo e malizioso ba-. ratto; poichè, come dice l' apostolo Paolo (Ad Hæbr., X, n. 4): Egli è impossibile, che col sangue de' tori e capri si tolgan via i peccati.

3 Il testo ebreo cosi legge appuntino: Il sacrifizio non vi piace; e s'io vi offerisco un olocausto, voi non l'avrete a grado. Non è, che in niuna maniera non piacessero a Dio nella legge scritta i sacrifizii; perciocchè egli nel Levitico gli aveva di fatto istituiti e ordinati. Ma pretende qui Davide di affermar puramente, che Dio non li voleva da lui, siccome da lui non voleva nè anche il tempio. La ragione di ciò è, perchè in tanto

aveva Dio decretati a quel popolo sacrifizii di tante guise, in quanto conoscendo in esso una inclinazione grandissima all' idolatria per lo lungo commercio avuto cogli idolatri, affinchè non cadesse a sacrificare anch' esso co' Pagani agl' idoli, volle il Signore che sacrificasse bensì, ma solo à lui vero Dio. Ma Davide non era materiale e di grossa pasta, come il comune degli Ebrei: era pieno di fede dinanzi a Dio, e d'elevatissimo cuore. Però Dio rimirandolo come un uomo tutto al cuor suo, nón come quel basso popolo il governava, ma lo elevava con quello spirito, che doveva essere il proprio de' cristiani. Infatti scrisse san Girolamo, che questo re non si doveva considerare come un santo del Testamento vecchio, ma si come del Testamento nuovo, per averne in sè espressa la legge.

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vero sacrifizio perchè siccome col peccato Dio è offeso, cosi colla' penitenza di cuore ei si placa.

Acciò che il muro di Gerusaleme

Sicuramente sia edificato.1

XX. Allora accetterai le offerte insieme
Con le vitelle, che sopra l'altare
Offeriratti quei, che molto teme

Al tuo comandamento contrastare.

XX. Tunc acceptabis sacrificium justitiæ, oblationes et holo causta: tunc imponent super altare tuum vitulos.

SALMO V.

I. Signore, esaudi la mia orazïone,

La qual, gridando, porgo al tuo cospetto,
E vogli aver di me compassïone.

II. Non mi privar, Signore, del tuo aspetto:
III. Ma ogni giorno, ch'io son pien d'affanni,
Gli orecchi tuoi ne inchina allo mio affetto.
IV. Però che li miei giorni e li miei anni,

Come lo fummo, presto son mancati; 4

E gli ossi miei son secchi e pien di danni.5

I. Domine, exaudi orationem meam: et clamor meus ad te veniat.

II. Non avertas faciem tuam a me: in quacumque die tribulor, inclina ad me aurem tuam.

III. In quacumque die invocavero te, velociter exaudi me. IV. Quia defecerunt sicut fumus dies mei: et ossa mea sicut cremium aruerunt.

1 Cioè, Signore, guardate Sion dai nimici, e date una pace stabile al vostro popolo; onde e Gerusalemme e il tempio si edifichi a vostra gloria ec.

2 Per le tentazioni de' suoi nimici altrove già detti, i quali sollicitandolo a peccare, il mettevano però in grandissimo affanno, timoroso che Dio non lo lasciasse cadere in esse. 3 Al mio desiderio.

Non vuol qui dire, che sia egli ridotto senza avvedersene all' estre ma vecchiaia; ma vuol dire, che per lo gran rammarico d' aver offeso Dio, i giorni e gli anni suoi gli si sono presto consumati, e si è, per così dire, accelerato il fin della vita.

5 Ciò è, in fatti, che vuol esprimere la Volgata. Perciocchè la voce latina cremium è (secondo che afferma Columella) quella minuta materia arida

V. Per osso io sono
Ed è già s cc

come il fien ne' prati,

tutto lo mio core,1

Perchè li cibi miei non ho mangiati.
VI. E tanto è stato grave il mio dolore,
Che longamente sospirando in vano,
Ho quasi pers) il natural vigore.

VII. Simile fatto sono al pellicano,

Ch'ssend bianco come il bianco giglio,
Dagli abitati lochi sta lontano."

V. Percussus sum ut fœnum, et aruit cor meum: quia oblitus sum comedere panem meum.

VI. A voce gemitus mei adhæsit os meum carni meæ. VII. Similis factus sum pellicano solitudinis: factus sum sicut nycticorax in domicilio.

e secca, che per esser cosi atta a bruciarsi, è appellata da' Latini cremium, da cremare; e volgarmente brusaglia; onde bene l'interprete: Gli ossi miei son secchi e pien di danni, cioè spogliati di vigore, estenuati, scarnati.

1 Mette la parte per lo tutto, cioè il cuore per lo corpo: volendo dire, che il suo corpo è dimagrato, e ridotto a macie.

2 Per cagione del mio gran dolore mi son fino dimenticato di prendere il solito cibo.

3 Perchè pareva al santo Re, che Dio incollerito avesse per lui chiusi gli orecchi, e che nol volesse esaudire.

Due fatte di pellicani ci ha, scriveva san Girolamo; l'una è di quel li, che dimorano su l'alte rupi, e vivono di serpenti. Di questa fatta molte proprietà raccontan gli antichi, che hanno potuto a molti predicatori ed interpreti servire assai bene, per ispiegare i lor divoti pensieri e riflessi; ma le quali in oggi passano appo i moderni storici della natura per favole. L'altra sorta è di que' pellicani, che dimorano alle rive dell' acque, e si nutriscon di pesce, i quali con altro nome erano dagli scrittori appellati cigni. Di questa se

conda sorta è che parla il Salmista, com'è manifesto dalla voce ebraica kaath, che significa un volatile, che vive di pesci. E Dante volendo apertamente ciò dimostrare, vi ha aggiunto a circonscriverlo, Ch' essendo bianco ec., perciocchè la candidezza del cigno era come ita in proverbio appo gli Antichi. Onde Virgilio (Æn., lib. 10, v. 187, Cujus olorinæ surgunt de vertice penna) chiamò piume cignee quelle del re de' Liguri, volendo dir candide; e il colore cigneo si diceva comunemente da quegli per color bianco. A questo augello pertanto si paragona il Profeta. Per intelligenza di che, è da sapere che di questo volatile si riferiva ab antico questa favola, la qual è, che Cicno re de' Liguri essendo amante di Fetonte, poichè ne intese la morte, dal continuo pianto fu mutato in così fatto uccellone, il quale con voce incondita e roca, tutto che bellissimo, se ne va lontano ognora dagli abitati luoghi, dolentemente piangendo. Però Virgilio (Ibid., lib. 11, v. 458: rauci cygni) il canto di esso appellò roco: e il medesimo disse l'autor della Philomena, spiegandone il canto colla voce drensant, che significa un canto insoave; e il medesimo disse Lucia

E sono assomigliato al vespertiglio,1
Che solamente nella notte vola,

E'l giorno giace con turbato ciglio.
VIII. I' ho vegliato senza dir parola: 3
Ho fatto come il passer solitario,

Che stando sotto il tetto si consola.
IX. Ciascun m'era nemico ed avversario:
Tutto lo giorno mi vituperava,
E diffamava con parlare vario.
E quei, che nel passato mi lodava
Con sue parole e con lusinghe tenere,
Di lor ciascuno contra me giurava,

X. Perch'io mangiava, come il pan, la cenere;
E'l mio ber mescolava con il pianto,

VIII. Vigilavi, et factus sum sicut passer solitarius in tecto. IX. Tota die exprobrabant mihi inimici mei: et qui laudabant me, adversum me jurabant.

X. Quia cinerem tanquam panem manducabam: et potum meum cum fletu miscebam.

no (crocitant hi admodum absurde, et ineleganter, Lib. de Electro) scrivendo, che gracidano disgraziatamente ec., i quali autori dissero molto meglio la verità di coloro, che ascrissero ad essi un canto dolce e soave. Ora vuol dire il Profeta, io son fatto qual cigno, che, tuttochè appariscente e riguardevole, a ogni modo fugge le genti, e si ritira solitario a geme

re ec.

1 La voce greca nycticorax vuol dire un uccel nero notturno; ed è formata da nix, che val notte, e da corax, che val corvo; il quale fu cosi detto da koros, che val nero. L' interprete nostro, avendo riflessione al detto significato, stimò di non poter meglio tradurre in volgare la voce nycticorax, che usando la voce latina vespertilio, che è lo stesso che nottola. E il Profeta con tal paragone dir volle, che per lo gran suo dolore non solamente fuggiva le genti,

qual cigno, ma fuggiva per fin la luce, qual nottola.

2 Perchè non può sofferire la luce per la debolezza delle pupille.

3 Entra qui ad esporre al Signore la sua sofferenza e dice: Le altrui persecuzioni e maldicenze sono state cagione,ch'io passassi le notti vegliando Ciò non ostante non ho detta parola, nè di mormorazione, nè di risentimento.

4 Disegna qui il testo ebreo quell'augello, che appunto dagl' Italiani è nominato passero solitario, e dai Francesi chouette, siccome scrive nel Suo Hierozoico il Bochart; il qual augello ha per sua natura di starsi solo in su la sommità d' una magione, o sotto un tetto, passando la notte in un flebile canto. Tal son fatt' io (dice il Profeta) che senza punto que, relarmi de' miei nimici, passo le mie veglie, consolandomi unicamente sulla speranza che ho nel mio Dio, e nell'invocare il suo nome.

Per contrastar alla focosa Venere.1
XI. Ch'io temo l'ira del tuo volto santo,
Qualora io penso che son fatto lasso,
Da poi che me tu n'esaltasti tanto.
XII. Or come l'ombra, quando il Sole è basso,
Si fa maggiore, e poi subito manca,
Quando il Sole ritorna al primo passo;
Così la vita mia ardita e franca

Ora è mancata: e come il secco fieno

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XI. A facie iræ et indignationis tuæ: quia elevans allisist

me.

XII. Dies mei sicut umbra declinaverunt: et ego sicut fænum

arui.

1 Assegna qui il motivo per cui molti gli erano contrarii, e dice, che è, perchè faceva penitenza, per mortificare il fomite del peccato. In un Salmo qui avanti posto aveva generalmente ciò detto con questa espressione: Quia sequebar bonitatem. E questa sua penitenza era, ch' egli conoscendo la colpa sua, ne piangeva perpetuamente: mescolando la bevanda colle sue lagrime e a mortificare la concupiscenza, che ve l'aveva fatto cadere, si umiliava profondamente, e si nudriva, per cosi dire, di cenere. Focosa Venere è poi qui detta la concupiscenza, o lascivia; nel qual significato fu comunemente dagli antichi latini, Terenzio (In Eunuch.: Sine Cerere et Bacco frigel Venus), Virgilio (Georg., 2: Frigidus in Venerem senior), Seneca ed altri adoperata. Nė su l'etimologia di Venus son già da udire i Latini; ma essa è tratta dal Benoth degli Ebrei, che si legge nel quarto libro de' Re (cap. 27, n. 50: Succoth Benoth, idest, Tabernacula Veneris), come osservò il Reinesio (De Ling. Punic., cap. 8). 2 Questa è la ragione, per la quale si studiava di mortificar colla penitenza il suo appetito, ed è (dice) perchè troppo mi spaverta la vostra col

lera, (quando io considero, che divenni lasso e fiacco, e però caddi in peccato nel tempo, che voi con tanti favori e grazie mi avevate esaltato. Il testo ebreo ha: Perchè avendomi innalzato, m'hai gittato contra terra: o potrebbe spiegarsi dello inalzamento temporale agli onori e alle dignità, e dell' atterramento che Dio fece di lui nelle persecuzioni contra lui permesse. Ma realmente qui il Profeta parla dell' inalzamento e abbassamento spirituale, come apparisce da tutto il contesto. Onde quell' espressione: M'hai gittato a terra, è simile a quella che Dio indurò il cuore di Faraone, e altre tali, le quali tutte non sono che modi volgari di favellare, come volgarmente si suol dire it tale mi ha rovinato, non perchè il tale veramente abbia voluta e prodotta la mia rovina, ma perchè il tale mi ha negato quell' opportuno soccorso, per difetto del quale io sono caduto in rovina. Perchè del resto è certissimo, che Dio non vuole, nè può volere il peccato, per essenzialmente opposto alla sua santità e al suo es

sere.

esser

3 All' orizzonte, d' onde si comincia a muovere, e fa il primo passo a correr le sue rivoluzioni.

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