E ta' parole pone. 'Dico, che nobiltate in sua ragione Importa sempre ben del suo suggetto, Come viltate importa sempre male : E vertute cotale Dà sempre altrui di se buono 'ntelletto; Convengono ambedue, ch' en d'un effetto; Vegna dall' altra, o d'un terzo ciascuna: vertù ha due nemici collaterali, cioè vizi, uno in troppo, e un (DANT. CONV.) opera 1 Dico che nobiltate ec. In questa parte si procede per via probabile a sapere che ogni sopradetta vertù, singularmente ovver generalmente presa, proceda da nobiltà, siccome effetto di sua cagione; e fondasi sopra una proposizione filosofica che dice, che quando due cose si truovano convenire in una, ambo queste si deono riducere ad alcuno terzo, ovvero l' una all'altra, siccome effetto a cagione... Dico adunque che nobiltate, e vertute cotale, cioè morale, convegnono in questo che l'una e l'altra importa loda di colui, di cui si dice: Perchè in medesmo detto (nella lode) Convengono ambedue ch' EN d'un effetto (en per sono). (DANT. CONV.) E ciò ch' io ho detto, qui sia per supposto. I 'È gentilezza, dovunque virtute, Ma non virtute ov' ella; Siccome è 'l cielo, dovunque la stella ; Ma ciò non è converso 2. E noi in donne, e in età novella In quanto vergognose son tenute; Dunque verrà, come dal nero il perso, Ovvero il gener lor, ch' ï' misi avanti4. 1 Prova in questa stanza l'Autore che nobiltà è la radice, virtude il frutto; che nobiltà è il buon terreno, e le virtù le biade che in quello sorgono; che nobiltà è il cielo, e le virtù le stelle che in esso risplendono. 2 Ma ciò non è converso: ma non viceversa. 3 Vedem questa salute (questa nobiltà) nelle donne, e nelli giovani dove la vergogna è buona e laudabile : la qual vergogna non è vertù (ch'è da virtù diverso), ma certa passion buona... E pruovo ciò ch' io dico, mostrando che la nobiltà si stenda in parte dove vertù non sia .. Dico poi in età novella, cioè in giovani, perocchè, secondo che vuole il Filosofo nel quarto dell' Etica, vergogna non è laudabile, nè sta bene ne' vecchi, nè negli uomini studiosi. (DANT. CONV.) 4 Dunque ogni vertute, ovvero il gener lor, cioè l'abito elettivo consistente nel mezzo, verrà da costei, cioè da nobiltà. E rende esemplo nelli colori, dicendo: siccome il perso dal nero discende; così questa, cioè vertù, discende da nobiltà. Il perso è un colore misto di purpureo e di nero; ma vince Però nessun si vanti, Dicendo: : per ischiatta i' son con lei. Ch'elli son quasi Dei, Que' con tal grazia, fuor di tutti rei'. Perfettamente star; sicchè d' alquanti, 4 L'anima, cui adorna esta bontate, Non la si tiene ascosa; Che dal principio ch' al corpo si sposa, il nero, e da lui si dinomina. E così la vertù è una cosa mista di nobiltà e di passione; ma la nobiltà vince, e la vertù denominata da essa, è appellata bontà. (DANT. CONV.) 1 Quelli ch❜ hanno tal grazia son quasi Numi, e fuor di tutti rei, cioè sgombri d'ogni vizio. 2 Che solo Iddio ec. Iddio solo porge questa grazia all'anima di quelli (di colui) cui vede stare perfettamente nella sua persona, acconcio e disposto a questo divino atto ricevere. (DANT. CONV.) 3 Sicchè ad alquanti, cioè quelli che hanno intelletto, che son pochi, s'accosta, è manifesto, che nobiltà umana non sia altro che seme di felicità, Messa da Dio nell' anima ben posta; cioè lo cui corpo è d' ogni parte disposto perfettamente. (DANT. CONV.) 4 Ora vengono i segni, coi quali la nobiltà vera si manifesta nelle quattro età della vita; e questa strofa, come pur la Tornata che termina la Canzone, nelle quali Dante lascia in pace Aristotile, son belle e chiare. La mostra infin la morte. Ubidente, soave, vergognosa, E sua persona adorna' di biltate, In giovanezza temperata e forte, Prudente e giusta larghezza se n'ode; D'udire e ragionar dell' altrui prode 2 : Contemplando la fine che l'aspetta ; Vedete omai, quanti son gl' ingannati 4! E questo adorna è verbo, e non nome: verbo dico indicativo del tempo presente in terza persona. 2 Prode per prodezze o valore. (DANT. CONV.) 3 E benedice la nobile anima in questa età li tempi passati; e bene li può benedire; perocchè per quelli rivolgendo la sua memoria, essa si rimembra delle sue diritte operazioni, senza le quali al porto, ove s' appressa, venire non potea con tanta ricchezza, nè con tanto guadagno. (DANT. CONV.) 4 Grida il testo alla gente e dice: o voi, che udito m'avete, vedete, quanti sono coloro che sono ingannati! cioè coloro che per essere di famose c antiche generazioni, e per essere discesi di padri eccellenti, credono essere nobili, nobiltà non avendo in loro. (DANT. CONV.) E quando tu sarai In parte, dove sia la donna nostra, Non le tenere il tuo mestier2 coverto. Io vo parlando dell' amica vostra 3. 1 Questo Contra gli erranti, è tutt'una parte, ed è nom Canzone, tolto per esemplo del buono Fra Tommaso d' che a un suo libro, che fece a confusione di tutti quelli viavano da nostra Fede, pose nome Contra Gentili. (DANT. CONV. ? Il tuo mestier, il tuo mestieri, la tua ragione. 3 Così, secondo il Poeta, la vera nobiltà è la strettissima della sana filosofia. « E bene (dice Dante terminando il C « è sua amica nobiltade; che tanto l'una coll' altra s' ama « Nobiltà sempre la dimanda: e Filosofia non volge lo sg « suo dolcissimo ad altra parte. Oh quanto e come bello « namento è questo, che nell' ultimo di questa Canzone << ad essa, chiamandola amica di quella, la cui propria rag « è nel secretissimo della divina mente! » |