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Che tosto griderei : io vi soccorro;

E farei volentier siccome quelli;

Che ne' biondi capelli,

Ch' Amor per consumarmi increspa e dora, Metterei mano, e sazieremi allora.

S'io avessi le bionde treccie prese,
Che fatte son per me scudiscio ' e ferza;
Pigliandole anzi terza,

Con esse passarei vespro e le squille :
E non sarei pietoso nè cortese;

Anzi farei come orso, quando scherza:

E s'amor me ne sferza,

Io mi vendicherei di più di mille :

E suoi begli occhi, onde escon le faville

Che m' infiammano il cor ch' io porto anciso,

Guarderei presso e fiso,

Per vendicar lo fuggir che mi face;

E poi le renderei con amor pace.

Canzon, vattene dritto a quella donna, Che m' ha ferito il core, e che m'invola Quello ond' io ho più gola;

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Che bello onor s' acquista in far vendetta.

1 Scudiscio, verga, bacchetta sottile.

I.

ΙΟ

CANZONE XIII.

AD AMORE '.

Amor, che muovi tua vertù dal cielo,
Come 'l Sol lo splendore;

Che là si apprende più lo suo valore,
Dove più nobiltà suo raggio trova:
E come el fuga oscuritate e gelo;
Così, alto signore,

Tu scacci la viltate altrui del core,
Nè ira contra te fa lunga prova;

Da te convien che ciascun ben si mova,
Per lo qual si travaglia il mondo tutto:
Senza te è distrutto

Quanto avemo in potenza di ben fare;
Come pintura in tenebrosa parte,
Che non si può mostrare,

Nè dar diletto di color nè d' arte.

- 1 Cantando le lodi di Amore, lo prega di essergli pietoso, anche per onor proprio, cioè perchè non si dica che questo Dio, vincitore de' mortali e de' celesti, non potè vincere una donna.

Feremi il core sempre la tua luce,
Come 'l raggio la stella,

Poichè l'anima mia fu fatta ancella
Della tua podestà primieramente;

Onde ha vita un pensier che mi conduce,
Con sua dolce favella,

A rimirar ciascuna cosa bella

Con più diletto, quanto è più piacente: Per questo mio guardar m' è nella mente Una giovene entrata, che m' ha preso; Ed hammi in foco acceso,

Come acqua per chiarezza foco accende; Perchè nel suo venir li raggi tuoi,

Con li quai mi risplende,

Saliron tutti su negli occhi suoi.

Quanto è nell' esser suo bella, e gentile

Negli atti, ed amorosa;

Tanto lo immaginar, che non si posa,
L'adorna nella mente, ov' io la porto:
Non che da se medesmo sia sottile
A così alta cosa,

Ma dalla tua vertute ha quel ch' egli osa,
Oltra il poder che natura ci ha porto:
È sua biltà del tuo valor conforto,
In quanto giudicar si puote effetto
Sovra degno suggetto,

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In guisa che è il Sol segno di foco;
Lo qual non dà a lui, nè to' vertute;
Ma fallo in altro loco

Nell' effetto parer di più salute.

Dunque, Signor di sì gentil natura, Che questa nobiltate

Che vien quaggiuso, e tutta altra bontat
Lieva principio della tua altezza;
Guarda la vita mia quanto ella è dura,
E prendine pietate;

Che lo tuo ardor per la costei biltate
Mi fa sentire al cor troppa gravezza:
Falle sentire, Amor, per tua dolcezza

gran disio ch' io ho di veder lei:

Non soffrir che costei

Per giovanezza mi conduca a morte;

Che non s'accorge ancor, com' ella piace, Ne come io l' amo forte,

Nè che negli occhi porta la mia pace.

Onor ti sarà grande, se m' ajuti,
Ed a me ricco dono;

Tanto quanto conosco ben, ch' io sono
Là ov' io non posso difender mia vita:
Che gli spiriti miei son combattuti
Da tal, ch' io non ragiono

(Se per tua volontà non han perdono)
Che possan guari star senza finita 1:
Ed ancor tua potenza fia sentita
In questa bella donna che n' è degna;
Che par che si convegna

Di darle d' ogni ben gran compagnia;
Come a colei che fu nel mondo nata
Per aver signoria

Sovra la mente d' ogni uom che la guata.

1 Finita, fine, termine. Dice adunque che poco gli rimarrà di vita, se la pietà nol soccorre.

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