Portò dal fiume al tempio acqua col cribro: Poi vidi Ersilia con le sue Sabine,
Schiera che del suo nome empie ogni libro. Poi vidi fra le donne peregrine
Quella che per lo suo diletto e fido Sposo, non per Enea, volse ir al fine: Taccia 'l vulgo ignorante: i' dico Dido,
Cui studio d'onestate a morte spinse, Non vano amor, com'è'l pubblico grido. 160 Al fin vidi una che si chiuse e strinse
Sopr' Arno per servarși, e non le valse, Che forza altru' il suo bel pensier vinse. Era 'l trionfo dove l'onde salse
Percoton Baja, ch' al tepido verno
Giunse a man destra, e 'n terra ferma salse. Indi fra monte Barbaro ed Averno
L'antichissimo albergo di Sibilla
Passando, se n'andar dritto a Linterno. In così angusta e solitaria villa
Eral grand' uom che d'Affrica s'appella, Perchè prima col ferro al vivo aprilla. Qui dell' ostile onor l'alta novella
Non scemato con gli occhi a tutti piacque, E la più casta era ivi la più bella: 175 Ne 'l trionfo d'altrui seguire spiacque A lui che, se credenza non è vana, Sol per trionfi e per imperj nacque. Così giugnemmo alla città soprana
Nel tempio pria che dedicò Sulpizia 180 Per spegner della mente fiamma insana. Passammo al tempio poi di Pudicizia, Ch'accende in cor gentil oneste voglie, Non di gente plebea, ma di patrizia.
ivi spiegò le gloriose spoglie La bella vincitrice; ivi depose Le sue vittoriose e sacre foglie : E' giovane Toscan che non ascose
Le belle piaghe che 'l fer non sospetto Del comune nemico in guardia pose,
Con parecchi altri; e fummi 'l nome detto 190 D'alcun di lor, come mia scorta seppe,
Ch' avean fatto ad Amor chiaro disdetto:
Fra' quali vidi Ippolito e Gioseppe.
uesta leggiadra e gloriosa Donna
Ch'è oggi nudo spirto e poca terra, E fu già di valor alta colonna,
Tornava con onor della sua guerra Allegra, avendo viuto il gran nemico Che con suo' inganni tutto'l mondo atterra, Non con altr'arme che col cor pudico, E col bel viso, e con pensieri schivi, Col parlar saggio e d'onestate amico. 10 Era miracol novo a veder quivi
Rotte l'arme d'Amor, arco e saette; E quai morti da lui, quai presi vivi .
La bella Donna e le compague elette Tornando dalla nobile vittoria In un bel drappelletto ivan ristrette. Poche eran, perchè rara è vera gloria: Ma ciascuna per sè parea ben degna Di poema chiarissimo e d'istoria. Era la lor vittoriosa insegna
In campo verde un candido armellino, Ch'oro fino e topazj al collo tegna. Non uman veramente, ma divino
Lor andar era, e lor sante parole: Beato è ben chi nasce a tal destino! Stelle chiare pareano, e'n mezzo un Sole, Che tutte ornava, e non togliea lor vista, Di rose incoronate e di viole.
E come gentil cor onore acquista Così venia quella brigata allegra;
Quand' io vidi un' insegna oscura e trista. 30 Ed una donna involta in vesta negra Con un furor qual io non so se mai
Al tempo de' giganti fosse a Flegra, e disse: 0 tu donna, che vai
Di gioventute e di bellezze altera, E di tua vita il termine non sai; I' son colei che si importuna e fera Chiamata son da voi, e sorda e cieca, Gente a cui si fa notte innanzi sera. l'ho condott' al fin la gente Greca, E la Trojana, all' ultimo i Romani Con la mia spada, la qual punge e seca; E popoli altri barbareschi e strani
E giungendo quand' altri non m'aspetta, Ho interrotti mille pensier vani.
Or a voi quand' il viver più diletta Drizzo 'l mio corso, innanzi che Fortuna Nel vostro dolce qualche amaro metta, In costor non hai tu ragione alcuna, Ed in me poca, solo in questa spoglia, Rispose quella che fu nel mondo una: Altri so che n' arà più di me doglia,
La cui salute dal mio viver pende : A me fia grazia che di qui mi scioglia. 55 Qual è chi'n cosa nova gli occhi intende, E vede ond' al principio non s' accorse, Sicch' or si maraviglia, or si riprende; Tal si fè quella fera; e poi che 'n forse Fu stata un poco: Ben le riconosco, Disse, e so quando 'l mio dente le morse. Poi col ciglio men torhido e men fosco Disse: Tu, che la bella schiera guidi, Pur non sentisti mai mio duro tosco. Se del consiglio mio punto ti fidi,
Che sforzar posso; egli è pur il migliore Fuggir vecchiezza, e suoi molti fastidi. I' son disposta farti un tal onore,
Qual altrui far non soglio, e che tu passi Senza paura e senz' alcun dolore. Come piace al Signor che 'n cielo stassi, E indi regge e tempra l'universo Farai di me quel che degli altri fassi. Così rispose ed ecco da traverso
Piena di morti tutta la campagna, Che comprender nol può prosa, nè verso. Da India, dal Catai, Marocco e Spagna Il mezzo avea già pieno, e le pendici Per molti tempi quella turba magna.
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