Stanco già di mirar, non sazio ancora,
Or quinci or quindi mi volgea guardando Cose ch' a ricordarle è breve l'ora. Giva'l cor di pensier in pensier, quando Tutto a sè'l trasser duo, ch' a mano a mano Passavan dolcemente ragionando. Mossemi'l lor leggiadro abito strano, E' parlar peregrin che m' era oscuro; Ma l'interprete mio mel fece piano. Poi ch'io seppi chi eran, più sicuro M'accostai lor: che l' un spirito amico Al nostro nome, l'altro era ampio e duro. Fecimi al primo: O Massinissa antico, Per lo tuo Scipione e per costei
Cominciai, non t'incresca quel ch'io dico. 15
Mirommi, e disse: Volentier saprei Chi tu se' innanzi, da poi che sì bene Hai spiato amboduo gli affetti miei. L'esser mio, gli risposi, non sostene Tanto conoscitor; che così lunge
Di poca fiamma gran luce non vene. Ma tua fama real per tutto aggiunge, E tal, che mai non ti vedrà ne vide, Col bel nodo d'amor teco congiunge. 25 Or dimmi, se colu' in pace vi guide; (E mostrai'l duca lor) che coppia è questa, Che mi par delle cose rare e fide? La lingua tua al mio nome si presta
Prova, diss' ei, che 'l sappi per te stesso: Ma dirò per sfogar l'anima mesta. Avendo in quel somm' uom tutto 'l cor messo Tanto, ch'a Lelio ne do vanto appena ; Ovunque fur sue insegne, fui lor presso.
A lui Fortuna fu sempre serena,
Ma non già quanto degno era 'l valore, Del qual più ch'altro mai l'alma ebbe piena. Poi che l'arme Romane a grand' onore
Per l'estremo Occidente furon sparse, Ivi n'aggiunse e ne congiunse Amore. 40 Nè mai più dolce fiamma in duo cor arse Nè sarà, credo: oimè, ma poche notti Fur a tanti desir e brevi e scarse.
Indarno a marital giogo condotti ;
Che del nostro furor scuse non false, E i legittimi nodi furon rotti.
Quel che sol più che tutto'l mondo valse, Ne diparti con sue sante parole,
Che de' nostri sospir nulla gli calse.
E benchè fosse, onde mi dolse e dole Pur vidi in lui chiara virtute accesa Che 'n tutto è orbo chi non vede il Sole. Gran giustizia a gli amanti è grave offesa: Però di tanto amico un tal consiglio Fu quasi un scoglio all' amorosa impresa. Padre m'era in onor, in amor figlio, Fratel negli anni; ond' obbedir convenne, Ma col cor tristo e con turbato ciglio. Così questa mia cara a morte venne; - Che vedendosi giunta in forza altrui, Morir innanzi, che servir, sostenne.
Ed io del mio dolor ministro fui; Che'l pregator e i preghi fur sì ardenti, Ch'offesi me per non offender lui :
E mandále 'l venen con sì dolenti
Pensier, com' io so bene; ed ella il crede E tu, se tanto o quanto d' amor senti. Pianto fu'l mio di tanta sposa erede:
In lei ogni mio ben, ogni speranza Perder elessi per non perder fede. Ma cerca omai, se trovi in questa danza Mirabil cosa, perchè 'l tempo è leve, E più dell' opra che del giorno avanza, Pien di pietate er' io pensando il breve Spazio al gran foco di duo tali amanti: Pareami al Sol aver il cor di neve; Quando udii dir su nel passar avanti: Costui certo per sè già non mi spiace, Ma ferma son d' odiarli tutti quanti. Pon, dissi, 'l cor, o Sofonisba, in pace, Che Cartagine tua per le man nostre Tre volte cadde, ed alla terza giace.
Ed ella: Altro vol' io che tu mi mostre : S'Africa pianse, Italia non ne rise: Domandatene pur l'istorie vostre.
85 Intanto il nostro e suo amico si mise Sorridendo con lei nella gran calca, E fur da lor le mie luci divise. Com'uom che per terren dubbio cavalca, Che va restando ad ogni passo e guarda, El pensier dell' andar molto diffalca ; Così l'andata mia dubbiosa e tarda
Facean gli amanti: di che ancor m'aggrada Saper quanto ciascun, e'n qual foco arda. I' vidi un da man manca fuor di strada, A guisa di chi brami e trovi cosa, Onde poi vergognoso e lieto vada ; Donar altrui la sua diletta sposa:
O sommo amor, o nova cortesia! Tal, ch' ella stessa lieta e vergognosa 100 Parea del cambio; e givansi per via Parlando insieme de lor dolci affetti, E sospirando il regno di Soria. Trassimi a quei tre spirti, che ristretti Erano per seguir altro cammino;
E dissi al primo: I' prego che m' aspetti. Ed egli al suon del ragionar Latino
Turbato in vista si ritenne un poco, E poi del mio voler quasi indovino Disse: Io Seleuco son, e questi è Antiòco Mio figlio, che gran guerra ebbe con voi : Ma ragion contra forza non ha loco. Questa mia prima, sua donna fu poi, Che per scamparlo d'amorosa morte Gli diedi; e 'l don fu licito fra noi.
Stratonica è'l suo nome, e nostra sorte, Come vedi, è indivisa, e per tal segno Si vede il nostro amor tenace e forte. Fu contenta costei lasciarmi il regno, Io 'l mio diletto, e questi la sua vita,
Per far vie più che sè, l'un l'altro degno. 120 E se non fosse la discreta aita
Del Fisico gentil che ben s'accorse, L'età sua in sul fiorir era fornita. Tacendo, amando quasi a morte corse; E l'amar forza, e 'l tacer fu virtute, La mnia, vera pietà ch' a lui soccorse. Così disse: e com' uom che voler mute, Col fin delle parole i passi volse, Ch' appena gli potei render salute.
Poi che dagli occhi miei l'ombra si tolse,
Rimasi grave, e sospirando andai :
Che'l mio cor dal suo dir non si disciolse,
Infin che mi fu detto: Troppo stai In un pensier alle cose diverse; El tempo ch'è brevissimo, ben sai. Non meno tanti armati in Grecia Serse Quant' ivi erano amanti ignudi e presi; Tal che l'occhio la vista non sofferse. Varj di lingue e varj di paesi,
Tanto che di mille un non seppi 'l nome, 140 E fanno istoria que' pochi ch'io 'ntesi, Perseo era l'uno e voli saper come Andromeda gli piacque in Etiopia, Vergine bruna i begli occhi e le chiome. Ivi'l vano amator che la sua propia Bellezza desiando fu distrutto, Povero sol per troppo averne copia:
« ÖncekiDevam » |