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Dapprima ci occuperemo di Bernardo di Ventadorn che i più autorevoli critici (1) unanimemente proclamarono il più semplice, affettuoso, e gentile fra i trovatori. Il racconto della sua vita l'ho desunto in parte dalla Cronaca di Goffredo Visiense e differisce alcun poco da quello del Diez, del Fauriel, del Bischoff (2) e del provenzale Ugo di San Circ (3). In questo campo dove tutto quasi è congettura, bisogna più che altro aver cura che la narrazione s'accordi coi passi delle poesie che accennano ai fatti della vita e perciò l'autorità anche dei grandi maestri ha un valore molto più relativo che in qualunque altro genere di studi.

II.

A Ventadorn, presso Tulle, nacque il nostro Bernardo nei primi venticinque anni del secolo XII; i suoi genitori erano servi del castello, ma le grazie del corpo e l' ingegno cattivarono al fanciullo la benevolenza del visconte Ebles II, allora signore del luogo, poeta contemporaneo e vassallo di Guglielmo IX di Poitiers, il primo trovatore

(1) G. Galvani, Osservazioni sulla poesia dei Trovatori. Modena 1829 p. 32.

Friedrich Diez, Leben und Werke der Troubadours Zwickau 1829 p. 21.

M. Fauriel, Histoire de la Poesie Provençale. Duprat 1847 Tom. II, p. 21.

G. Carducci, Un poeta d'amore del secolo XII.

Vol. XXV, fas. II, 15 Genn. 1881, p. 201.

Vedi in fondo la Nota su Bernardo di Ventadorn.

Paris, chez B.

Nuova Antologia,

Inau

(2) Biographie des Troub. Bernhard von Ventadorn. gural dissertation etc. von Hans. Bischoff. Berlin 1873. Buchdruckerei v. G. Schade.

(3) M. Raynouard, Choix des poesies originales des Troubadours Paris 1820. Tom. V, p. 68. Tradotto dal Galvani nel suo Novellino Provenzale, ma non in modo da dare chiarezza al testo. Scelta di curiosità, Bologna Romagnoli n.o 107.

di cui s'abbia memoria. Il visconte fece educare Bernardo, e, quando fu grandicello, egli stesso gl' insegnò l'arte del poetare; crebbe così attore e spettatore di quella splendidissima scena, che dovea essere una fra le corti più celebri della Francia meridionale.

castelli in

Non sarà difficile di intravvedere la vita che li si conduceva se noi la ravviciniamo a quella dei Russia mezzo secolo fa; i grandi centri abitati o mancano o sono lontani assai fra loro, le strade si fanno praticabili soltanto nella buona stagione (1), difettano i mezzi di trasporto e la sicurezza pubblica pare non esista neppure come teoria. Il castello presentava l'aspetto di una città segregata dal mondo, di un regno tributario anche più microscopico di un principato germanico prima della fusione. Tutto ciò è ben lungi, come si vede, dall'offrire molti comodi all' uomo; era dunque necessario di riempiere questo vuoto, di colorire le tetre mura della fortezza, d'interrompere il pauroso silenzio di quegli androni, ed ecco gli arazzi, i trofei, le vesti dalle tinte smaglianti, i paggi e le donzelle dai lunghi capelli, dai volti rosati, dalle forme snelle e fusolate; ecco le feste, i tornei, le escursioni da castello a castello. Al primo raggio di sole precipitava alla campagna la caccia rumorosa e via sui destrieri coi falchi e coi bracchi, s'andava, s'andava fino a che la notte o la stanchezza non lo impedisse.

In tal modo un giorno, e riporto il fatto perchè caratteristico e famoso (2), Ebles II arriva in Poitiers mentre Guglielmo stava desinando; il conte, dopo aver fatte liete accoglienze al vicino, rimanda il pasto in cucina e ordina che si mutino le tavole.

S'aspettava dunque

(1) In Russia al cader delle nevi.

(2) Lo tolgo dal Millot, (Histoire littéraire des Troubadours. Paris 1774 Vom. I, p. 18).

il pranzo chiacchierando, ma il cuoco, non avendo previsto il caso, tardò tanto che Ebles impazientito disse a Guglielmo: In verità un conte della vostra importanza non dovrebbe essere obbligato di rifornire le mense per ricevere un piccolo visconte quale son io! La cosa non ebbe allora seguito alcuno e si mangiò e si bevette allegramente. Se non che poco tempo dopo Guglielmo con tutta la famiglia rese la visita al visconte; e si noti che la corte del duca di Aquitania dovea essere molto rispettabile, rispettabile intendo quanto al numero, poichè del resto noi possiamo dubitare e per mille ragioni, che non fossero troppo castigati i vassalli di uno il quale andava progettando l'istituzione d'un monastero di generose sul tipo della nuova regola dei Certosini (1). Il visconte, punto sbigottito, dopo aver rese le liete accoglienze al suo signore, ordinò senz'altro, nuovo Lucullo, che fosse data l'acqua alle mani e si mettesse in tavola. Fu servito allora un banchetto che l'eguale, dice lo storico, non avrebbe dato un principe per le sue nozze. Qualcuno sorriderà pensando forse al miracolo dei cinque pani e due pesci, ma questa volta il caso si spiega più naturalmente: quel di a Ventadorn era fiera e i buoni sudditi portarono al castello tutte le loro provvigioni. — Vi fu anzi di più: durante il pranzo un carrettiere entrò nel cortile con un carico di cera bianca allora costosissima; ruppe le doghe di una botte, lasciò in terra il contenuto come cosa da nulla e se ne andò gridando: Vengano le genti del conte

(1) Il prof. P. Rajna (Romania, Aprile 1877 p. 249) dimostrò con validi argomenti che la storiella della badia di Niort raccontata dal Ginguenė (Hist. litter. de la France XIII, 43) viene da una falsa interpretazione d'un passo del cron. Guglielmo di Malmesbury (Bouquet. XIII, 19), il quale forse prese in buona fede i frizzi satirici di una poesia del conte ora perduta.

di Poitou a vedere come si getta la cera a Ventadorn. Ebles ricompensò poi lautamente il carrettiere, gli diè in feudo il luogo dove abitava e creò i suoi figli cavalieri. L'abbondanza in questo genere non pare esclusivo privivilegio del secolo nostro.

Il piccolo Bernardo, come donzello, accompagnava in tutte le escursioni il suo signore, accompagnava la bella Agnese di Montluçon, moglie del visconte, in quelle suntuose cavalcate nelle quali i pizzi, le gemme, i velluti, le sete, la magnificenza dei cavalli e spesso la bellezza delle dame e dei ricchi baroni facevano il quadro più artisticamente perfetto che pittore mai possa ideare. — In una di tali gite a Turenne noi possiamo porre il primo incontro del fanciullo con Margherita figlia del castellano e da questo medesimo istante il principio del suo amore per lei; Bernardo stesso lo afferma in una poesia (1). La vicinanza poi, le relazioni tra le famiglie strette da parentela ed il caso, questo grande fattore degli umani avvenimenti, fecero in modo che tali visite si replicassero e l'affetto avesse occasione di germogliare e di crescere nei due fanciulli. E l'amore, prima nascosto, in processo di tempo ritrovò probabilmente la via di manifestarsi e di trasformarsi in quel segreto e saldissimo legame, tanto frequente allora (2), pel quale i due cuori rimanevano e

(1) Ray. Choix etc. Tom. III, p. 51.

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(2) II Fouriel (op. cit. Tom. I, p. 509) prova che tali vincoli di amore spirituale non erano rotti neppure dal matrimonio di uno dei due. Potrebbe essere anche citata una novella di Raimondo Vidal (Millot, op. cil. Tom. III, p. 279) per dimostrare che il più delle volte questi legami spirituali tendevano a diventar corporali; quivi infatti si racconta che un cavaliere (il quale, dopo sette anni di servizio presso una donna, avendo osato di chiederle la ricompensa di passare una notte con lei, era stato scacciato) fu accolto in qualità di amante da una damigella e continuò come tale anche allor ch'ella si fece sposa, anzi allora ebbe ciò che l'altra gli aveva negato.

ternamente congiunti.

Poichè la bellezza di Margherita non dově tardar molto ad attirare gli sguardi curiosi dei raffinati conoscitori del vero merito e a suscitare così nell'animo di Bernardo, insieme col sentimento della gelosia, la coscienza del suo affetto; mentre poi sulla fantasia della fanciulla, già formata, doveano fare grand' impressione la figura piacente del giovane trovatore, la gentilezza del tratto, la soavità nel canto e le lodi infinite da lui raccolte nelle più nobili comitive. Ma, se non abbiamo prove per affermare che in quel tempo i due giovani confessassero il reciproco affetto, la naturalezza della cosa e gli avvenimenti successivi della vita di Bernardo c'inducono a credere che l'abbian fatto quando Margherita sposò Ademaro di Limoges (1). Allora il poeta innamorato, con l'arte sua rendendosi amico il visconte Ademaro, ed approfittando opportunemente dei privilegi concessi alla classe dei Trovatori, potè accostarsi più spesso a Margherita: ed ella, vittima forse di un matrimonio d'interesse, non senza piacere posava lo sguardo sul bel giovanetto che tanto dolce la guardava e le cui note parea volessero penetrarle nell'anima. Così egli si sforzava di piacerle recitando i versi d'Ebles, il vecchio suo benefattore, o narrandole le antiche storie di Troia, o traducendole dai romanzi francesi i compassionevoli casi di Tristan l'amante e d'Iseut la bionda (2); nè lei si occupava di schermirsi dalla passione che le doveva costare poi si gravi dolori. Se non che Bernardo, intimorito dell'altezza a cui avea levato il suo affetto, non osava dichiararlo e gli dava sfogo in canzoni

(1) Cfr. la Nota su Bernardo di Ventadorn.

(2) Che Bernardo conoscesse i romanzi del ciclo classico risulta da un verso della canzone che si trova nel Ray. op. cit. Tom. III p. 42; che sapesse i casi di Tristano, allora in gran voga, si scorge da altri due versi della canzone portata dal Mahn, Werke der Troubadours Vol. I, p. 23 e, quantunque non s'abbia certezza di traduzioni provenzali fatte in quel tempo dei romanzi francesi, pure anche solo dal Ray. id. Tom. II, p. 312 risulta come fossero notissimi.

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