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I.

narravano che nel Duomo di Pisa, quando è vuoto e silenzioso, chi toccasse all'organo successivamente tre note d'un accordo, le udrebbe ricalar giù dalla volta riunite in armonia simultanea, colla fioca dolcezza dell'eco. E chi parlasse di questo Duomo orvietano dovrebbe far vibrare con mano maestra tre suoni, nella scala musicale delle arti belle: architettura, pittura, scultura. E allora le tre note salienti in alto ricadrebbero lente e soavi sull'anima nostra, destandovi il sentimento d'una consonanza perfetta. La mano maestra non può esser la mia; ma peraltro mi giova esser umbra tra umbri.

Questa regione mite e forte, quieta ed austera, quanto fu un tempo mistica e veemente; che riceve il Tevere dall'Appennino toscano, e limpido e giovane lo avvia per le nostre valli ai

monumenti e alle rovine di Roma, fu posta dalla natura tra due civiltà, la laziale e l'etrusca, e poi più tardi tra Laterano e Santa Maria del Fiore. Onde pare che nel suo sentimento lungamente sopito d'un'arte remota, discendessero con efficacia rinnovatrice le ispirazioni del secolo di Dante, di Giotto, d'Arnolfo, che furono i genj dell'arte cristiana. Noi abbiamo la duplice Basilica di S. Francesco d'Assisi, ch'è il più antico tra i grandi monumenti dell'architettura ogivale in Italia; e abbiamo la facciata del Duomo d'Orvieto che n'è il tipo più perfetto.

Ricordo il giorno che venni la prima volta a questo montano paese. Avevo traversato una grande campagna, squallida e sparsa di cumuli di cenere, dove appena il rovo e la ginestra s'aggrappano. Pensavo: qui a tempi remotissimi fluttuava il mare: più tardi, quando tutta la valle emerse dalle acque, e la marna del disseccato letto marino si screpolava al sole, si levò su come isolotto di carbone questo monte, e di boati e di fumacchi e di riverberi manifestò una paurosa vita in giro per l'orizzonte. Correvano quei secoli che l'uomo non sa contare. Vennero i Pelasghi e i Tirreni ad abitare questa media Italia, tormentata dai vulcani e dai terremoti. Venne il fatidico ed elegante popolo etrusco a stabilirvi le sue fiorenti federazioni. Ma non valse ad esso la fede nelle potenze arcane della natura, non l'acropoli costruita nella cerchia di questo nero

lapillo, a proteggerlo contro la forza e la fortuna soverchiante di Roma. Quel popolo, colla rancura de' vinti, scese tutto nei sepolcreti, portando seco le sue armi, le sue arti, i suoi dei, tranne Vertunno, che non si vergognò d'abbandonare i fuochi volsinj per seguire la sorte dei vincitori.

Forse nessun altro paese come questo è alternato d'oasi e di deserto, d'amenità e di salvatichezza. La canapa ondeggia nel piano; il Paglia, come meandro d'argento, solca la valle ; lontano, la selva inospite della Bandita; vicino, le vigne rigogliose di vulcanica forza; sterpaglie e nerezza di boschi ilicini presso il tenero verde delle querci; e sulle cime, vecchi castelli ghibellini e guelfi, da cui direste che s'affaccino gli spettri de' Monaldeschi e de' Filippeschi, de' Beffati e de' Malcorini.

Allorchè si visita una città, pare a me che si vada a interrogare l'anima di quel popolo, e a domandargli, non per fredda successione di letture storiche e artistiche, ma per simultanea e concorde testimonianza di monumenti, il suo intimo e multiforme pensiero. Ond' io salivo curiosamente l'erta, e guardavo le mura polifemiche entro cui si cela il paese, che lascia sormontare appena qualche vetta di campanile. Sapevo che li si trovava il giglio d'oro delle cattedrali d'Italia. Ma neppure le malinconiche

contrade potevano prepararmi alla singolare visione; perchè voi tagliate a fette il tufo della vostra montagna, per fabbricarvi case o palazzi d'aspetto cupo e severo. Solo quando fui di fronte alla divina Cattedrale, e il sole di ponente ne investiva i mosaici, essa m'apparve come avvolta in un incendio. Bisognò che il sole diminuisse la forza della luce, come Beatrice dovė diminuire il sorriso dinanzi alla debole vista del Poeta, perch'io potessi contemplare in pace il mirabile edificio. È dunque il contrasto la sorte storica e lo spirito antico di questo vostro paese.

Ma nel contrasto, che più o meno gagliardo, pur sempre nella vita de' popoli e delle arti rappresenta la lotta per una vittoria, benchè riesca talora ad una sconfitta, come potè placidamente germinare, fiorire ed espandersi questo decoro delle cattedrali d'Italia? Quali forze occulte di pensiero nazionale e religioso la prepararono? Come avvenne che, consapevoli di quanto doveasi ricevere od eliminare del passato ed aggiungere di nuovo, molti maestri, quali Arnolfo, il Maitani, i Pisani ed altri, ebbero in tutti un intuito solo, e quasi un'anima comune a tutti, per cui dal getto primitivo all'ultimo finimento, l'intero tempio fosse plasmato e condotto quasi opera unigenita di mente unica ?

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