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giunge fascino alla semplicità e luce alla naturale chiarezza. Con grazia che non s'insegna e non s'impara, ogni dono eletto di venustà fa suo dovunque lo trovi; negli splendori del cielo romano, e ne' sereni orizzonti dell'Umbria; nelle grandezze superbe del paganesimo, nei casti affetti del Vangelo: spirituale nel senso, squisitamente sensibile nell'idealità, trasvola le sfere in cerca di raggi, i giardini altrui in cerca di profumi, rapitore leggiadro della bellezza, ispirato, felice, sorridente ed amato.

V.

Pensa un illustre viaggiatore de' nostri giorni che la Paradisea Apoda, uccello della Nuova Guinea, innamorato delle tinte soavi delle aurore e de' tramonti, riguardandole assiduamente dalle più aeree cime delle sue foreste, giunga a riprodurle sulle sue piume in vaghe sfumature d'arancio, di porpora e di cilestro, come le vede diffuse nella pompa affocata dei cieli australi. Se questa non fosse soltanto una gentile fantasia del Beccari, ma una virtù veramente concessa al meraviglioso uccello, direi che così si educò all'arte il Sanzio, e così debbono educarsi coloro che chiedono alla natura e ai maestri il segreto della bellezza.

Senonchè l'Alighieri, parlando della perfezione ideale nelle creature, osservò che

la natura la dà sempre scema,

Similemente operando all'artista,

C'ha l'abito dell'arte e man che trema.

E mi pare che venisse a dire per noi che la bellezza, come uno degli aspetti della perfezione ideale, si raccoglie intera e in niuna parte difettiva nella mente della natura; ma ch'essa stessa non giunge quasi mai a riprodurla nelle opere sue, se non scarsa e manchevole di quel raggio d'elezione, in cui principalmente consiste la vita e la manifestazione propria dell'arte. Nè altrimenti gli artisti si affaticano sovente indarno a rappresentare con fedele rassomiglianza le immagini più amorosamente idoleggiate dal loro intelletto. Indi quelle subite mestizie dubitative e quegl' indefiniti sgomenti che provano i sommi, quando la facile e serena soddisfazione di sè stessi fa tranquilli e beati i mediocri. Indi quel rapido alternarsi di diffidenze e di audacie, quel non mai sazio desiderio di correggere e rifinire, quello scontento d'ogni modello, quell'ansia di superare nuove e più ardue cime, pur disperando sempre di toccare la più sublime.

Come dunque natura perennemente ammaestra gli artisti, se maestra e discepoli riescono si raramente a rendere l'estrinseco vero specchio lucente del vero interiore? se anzi essa più dei

discepoli ha si spesso tremante la mano nell'imprimere il suggello di perfezione alle opere sue? In quella medesima guisa che ogni ammaestramento si compie, nonostante l'inadeguata parola, per la ricerca intellettuale che il discente fa, con animo intento, del significato che la trascende. Non esiterei a dire, pertanto, che i grandi artisti parlano colla natura quasi da mente a mente, investigando ciò ch'essa pensa, a fine di perfezionare ciò ch'essa fa. E quando chiedono diligentemente alle cose esteriori la materia, la verità de' segni e tutti i soccorsi dell'arte, non mendicano già il pensiero che dovrà, dominandoli, adoperarli a conseguimento di perfetta bellezza. Oh! gran fortuna invero agli artisti, se dai meccanici accorgimenti dell'arte potessero sostanzialmente attingere il loro proprio valore. Perchè ormai nell'abbondanza e finitezza degli espedienti sagaci, sarebbe dato agevolmente di far ampio bottino ne' campi del bello, così a coloro che per paura dell'accademia sdegnano lo studio degli antichi e presumono copiar la natura qual'è, come a coloro che, seguendo servilmente i maestri, non osano guardare in viso la divina e vivente natura.

Ma essa provvidamente non nasconde con tanta gelosia il suo pensiero, che sia raro privilegio di pochi il penetrarlo. Anzi il conoscimento della virtuale bellezza delle cose essa comparte con graduata misura a tutte le intel

ligenze, non agli artisti soltanto. Chè non sono essi soli capaci a giudicare e fruire dell'arte: la quale, se intende alla bellezza come a suo fine essenziale e immediato, aspira eziandio ad altro fine meno esclusivo e più universale, come quello di educare a gentilezza e dignità gli animi umani, elevandoli a conoscere le potenze creative di natura e a riconoscere le potenze imitative dell'uomo, per via di mentale confronto. Ogni giudizio, di persona esperta o indotta non monta, con cui si affermi o si neghi la convenienza estetica d'un'opera d'arte, implica il paragone segreto, inconsapevole o deliberato, tra l'oggetto che si riguarda ed una certa idea che ne balena improvvisamente al pensiero. Questa idea, quanto più fioca e iniziale nelle menti povere e mal preparate, tanto più appare lucida, ampia e sicura nelle ben disposte e gagliarde: è l'intuizione del giudice, e l'ispirazione del genio.

In egual modo l'artista che intende all' insegnamento di natura, quando abbia vigoroso l' ingegno e non viziato da torte abitudini od offuscato da preoccupazioni, intravvede nelle fatture di lei quelle forme ideali che la guidarono nel suo diverso operare. E s'accorge, s' innamora, e si consiglia, avventurato prigioniero della bellezza, ch'egli assiduamente tenterà poi di ritrarre nelle creature della sua fantasia.

Nè troverà un'invida emulatrice nella natura, a cui piuttosto torna utile e bello lasciarsi

vincere nella nobile gara dall'umana intelligenza. S'essa quasi con alterezza regale getta i topazi rudi ed oscuri tra le rocce di nessun pregio, sa che all'avida industria è serbata la diligenza di rinvenirli e farli lampeggiare nelle collane. E se ne accresce onore a lei, che perenne iniziatrice nella storia dell'arte, pure non istampa che raramente nel mondo le orme vive del bello che ai tipi suoi si avvicina, senza darsi la cura minuta di compierlo con finitezza di artista. Non è questo l'ufficio suo consueto e precipuo, nè vorrebbe o saprebbe indugiarvisi, quantunque la bellezza entri anch'essa ne' suoi alti disegni, come melodia nell'armonia, e come manifestazione dilettosa ed amata della bontà e della verità ordinativa dell'universo. La dignità della perfezione ideale essa non attinge nè spiega intera che nella unione di tutti i tempi e nella correlazione suprema e comprensiva d'ogni esistenza. E se l'azione di lei par pigra e manchevole all'uomo che la misura alla rapida brevità di sua vita, di questa stessa ineluttabile lentezza ei s'avvantaggia per sè, sollecitamente adempiendo il perfezionamento suo proprio per eccellenza di virtù, e delle fatture del suo ingegno per eccellenza di verità e di bellezza. Suo bene e suo potere, che ritornano ad efficace sussidio e a meravigliosa antecipazione del tardo lavoro di natura; dacchè col valore del libero intelletto aduna e compendia nelle opere sue, come in foco di lente, i bagliori sparsi di luce occidua, o an

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