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qualche carcerazione arbitraria ne sarà eventualmente evitata, esso non sembra fatto per assicurare alla giustizia dei malfattori, che alla impraticità del luogo del loro arresto potrebbero dovere una insperata salvezza.

E non basta: ogni imputato detenuto « dovrà essere scarcerato se entro << un dato termine non fu pronunciato il suo invio in giudizio ». Vero è che la Camera di consiglio potrà portare tale termine al doppio e cioè, secondo la proposta di alcuno, da sei mesi ad un anno; ma non par questo il migliore stimolo allo zelo ed alla sollecitudine della magistratura, quando, colle sottigliezze della procedura non ignote alla difesa, un procedimento può trascinarsi ben più a lungo e procurare intanto la liberazione del reo. Si oppose che in quest' epoca di telegrafo e di ferrovie, una fuga è ben difficile ma pur troppo le statistiche parlano chiaro e le fughe avvengono e, ahimè, talora fos'anco col tacito consenso di chi dovrebbe impedirle! Una giusta garanzia, in fatto di libertà personale, ci sembra invece l'esclusione del giudice istruttore dalla Camera di Consiglio, per togliere alle deliberazioni di questa anche il sospetto di parzialità e di preconcetti a carico dell'imputato. Spetta infatti alla Camera di Consiglio il decidere sulle sue sorti, sia provvedendo al rilascio in libertà semplicemente, sia al rilascio con vincolo di allontanarsi da un dato luogo o di presentarsi in certi tempi, sotto comminatoria del mandato di cattura, sia alla scarcerazione provvisoria, sia alla libertà provvisoria con cauzione o senza, sia infine alla custodia in carcere, provvisoria o definitiva.

Oltre a ciò, anche per essere in relazione col codice penale, è ammessa la consegna in casa, nonchè il ricovero in un istituto di educazione o di beneficenza, da destinarsi dal Governo: il che garantirà i minorenni dai pericolosi contatti del carcere.

Alla libertà provvisoria si sarebbe data un'estensione pericolosa, colla proposta di concederla per tutti i delitti: ma in fine ne furono esclusi i più gravi, da destinarsi. Fu ammesso pure il beneficio della spontanea presentazione, anche dopo spedito il mandato di cattura; ma la teoria ebbe però una savia restrizione, coll' escluderne gli imputati di delitti portanti la pena dell'ergastolo, od altri maggiori.

La libertà provvisoria sarà in ogni caso revocata ove l'imputato violi le condizioni impostegli, o tenti la fuga, o intralci l'opera della giustizia, o cada in altro delitto, che importi mandato di cattura.

-Avvenuta la chiusura dell'istruzione mediante ordinanza del magistrato che dichiari il proscioglimento o l'invio a giudizio, mantenuta la competenza a conoscerne della Camera di Consiglio e del giudice istruttore per i reati meno gravi o commessi da ignoti, e riservato alla Sezione d'accusa il pronunciarsi per i delitti di competenza delle assise, interviene il giu

dizio penale, che è urgente sfrondare da viete forme, ritenute ormai inutili ed anche dannose al buon andamento della giustizia.

La proposta di estendere a tutti i giudizî i poteri moderatori del presidente delle assise, nonchè altre facoltà, fra cui quella di limitare il numero di testimonî, è da accogliersi come un buon passo verso la desiderata riforma : ma non vi è compreso il diritto di restringere, sull'esempio della Norvegia, il numero dei difensori, togliendo le stridenti differenze tra il patrocinio dei ricchi e dei poveri. Solo è fatta facoltà di distribuire le parti della difesa, quando essa sia affidata ad un collegio di avvocati.

Non ne verrà diminuita la loquacità per questo, come probabilmente sarà vana la speranza che l'esame dei testimoni e dei periti, che si vuol deferito direttamente alle parti, abbrevii i duelli oratorî alla chiusa del processo. Probabilmente questi duelli si accenderanno prima, con diletto del pubblico e con imbarazzo del presidente: nè l'esempio di altri Stati, nordici in maggioranza, che ammettono la prova incrociata ci par molto conchiudente, data la natura e i costumi del nostro paese.

Le parti, cioè Pubblico Ministero e difesa, dovranno pure scegliersi i periti, potendo il presidente nominarne uno o più da parte sua, senza però che essi costituiscano un ruolo speciale. Si intendono così risolte le questioni tanto dibattute della perizia unica e del giuri tecnico, ma l'argomento meritava più ponderato giudizio. Se, come fu detto, una teoria scientifica erronea, abilmente sostenuta, può provocare degli ingiusti verdetti, non è men vero che il sentir sostenere una data tesi in modo affatto diverso, secondo che si consideri dal punto dell'accusa o della difesa, sminuisce la fede nella scienza, e il giudizio, specie quello così oscillante dei giurati, finisce col dipendere da dettagli così estranei alle risultanze processuali, che il raccoglierli costituirebbe un documento psicologico assai curioso.

Il giuri tecnico, a sua volta, aveva contro di sè l'opinione formata della necessità di conservare la giuria nelle sue forme attuali, così che parve insuperabile la difficoltà pratica di formare un nucleo di competenti per le varie specialità di perizie, specie nei centri minori. Più serio era l'appunto che una verità scientifica non si impone per virtù di maggioranza: ma è altrettanto vero che un parere di alta autorità potrà convincere e trascinare dei competenti, meglio che imporsi ai profani, ai quali è facile, e lecito anche, lo scherno contro tutto ciò che non arrivano a comprendere. Certo non può persuadere la conclusione a cui si giunse, che « allo stato attuale << della scienza » non fosse il caso di deliberare su questo argomento.

La disposizione di togliere la facoltà al magistrato di ordinare in udienza l'arresto del testimone supposto di falso, o porlo sotto la vigilanza della forza pubblica, mira a sopprimere certi colpi di scena che possono influenzare il sereno svolgimento del processo e deve esser lodato.

Egualmente opportuna si presenta la proposta di allargare i casi nei quali il dibattimento può essere tenuto a porte chiuse, il che, se farà strillare i

fanatici della pubblicità ad ogni costo, darà un po' di vacanza ai promettenti frequentatori di quelle scuole libere della delinquenza che sono le udienze penali.

Nel giudizio contumaciale era giusto introdurre qualche garanzia maggiore a favore dell'assente, se non altro per render meno frequenti i giudizî di opposizione e di purgazione della contumacia: così si stabili una maggior pubblicità, anche a mezzo della stampa, dell'atto di citazione, conferendo poi a questo, ove rimanga inosservato, forza coattiva per ministero di magistrato.

Non prevalse l'idea dell'intervento nel giudizio contumaciale di un difensore, parendo che l'assenza dell'accusato tolga ogni base alle sue argomentazioni. Solo in caso di impedimento giustificato, è accordato all'imputato non comparso l'assistenza di un procuratore: per gli altri contumaci si risuscita la figura dello scusatore del reo, tratto dal codice delle due Sicilie: un prodotto del terrore politico, che apparirà forse un anacronismo nell'attuale regime.

È mantenuto poi, in favore del contumace e per l'interesse della giustizia, il salvacondotto, salvo lo studiare se debbano cessarne gli effetti in caso di condanna.

La procedura del giudizio davanti alla Corte d'assise doveva richiamare la questione della giuria, e già la pregiudiziale votata sul suo mantenimento rivelò la riluttanza della Commissione ad apportarvi radicali traformazioni.

È nota la proposta del prof. Pessina che tendeva a limitare ad otto il numero dei giurati, chiamando i giudici, in numero di quattro, a cooperare nel verdetto, per fondere così l'elemento popolare col giuridico. Il meccanismo, certo ingegnoso, portava che i due gruppi avrebbero pronunciato separatamente sulla reità: la parità di voti sarebbe andata a favore dell'imputato e così pure si sarebbe interpretato il caso di un verdetto affermativo di fronte ad una sentenza negativa.

Nell'ipotesi contraria, la causa avrebbe dovuto rinviarsi ad altra sessione, coi soli giurati.

Ma, non a torto, parve che ciò equivalesse senz'altro a sopprimere la giuria e la trasformazione progettata non raccolse i voti della maggioranza della Commissione: nè miglior fortuna ebbero altre proposte intermedie, come quella di ammettere i magistrati a dar parere ai giurati, in date circostanze, o l'altra di conferire al presidente voto consultivo.

Pure delle riforme s'imponevano, specie riguardo alla necessità di rilevare l'elemento della capacità: non vi provvede abbastanza, crediamo, la proposta di aumentare il censo dei giurati in senso progressivo, inversamente al numero della popolazione dei comuni, ritenendosi che nei maggiori centri,

dove la coltura è più estesa, un censo anche limitato sia sufficente garanzia di capacità. Nè la « scelta dei migliori », sostituita all'attuale eliminazione degli inidonei da parte della Giunte distrettuali, può dare affidamento in proposito, dacchè la Giunta stessa continua ad essere formata in maggioranza da elementi estranei alla vita del paese.

Forse per riflesso della proposta Pessina, si è creduto invece opportuno di rafforzare l'elemento giuridico, col portare a tre i giudici che attorniano oggidi il presidente: quasi che gli epigrammi sulle inutili appendici di questi, non legittimassero almeno il dubbio, che meglio si provvederebbe alla maestà del giudizio colla loro soppressione. Ma se i giudici si vogliono mantenere, abbiano, come si propone, grado più elevato e il presidente, non sia, per comodità burocratiche, il presidente del tribunale, come spesso ora avviene. Qualche ritocco nelle forme di procedura servirà a render più spedito il giudizio così l'abolizione dell'atto d'accusa, la lettura della sentenza di rinvio limitata all'oggetto della causa, la soppressione della spiegazione del presidente ai giurati sul contenuto della causa, e del riassunto, la sostituzione dell'interrogatorio colle dichiarazioni facoltative dell'imputato.

Si insiste poi perchè nel formulare le questioni si indichino i soli elementi di fatto, il che si sa quanto in pratica sia difficile: la questione della colpabilità, in particolare, dovrà scindersi in due proposizioni, l'una sugli elementi materiali, l'altra sugli elementi morali.

Saviamente si dispone che le questioni in genere siano proposte dopo le prove e prima delle arringhe, per limitare queste sopra un terreno positivo; e che il verdetto abbia luogo bensi a voto segreto, ma nella stessa sala di udienza, presenti la Corte, il Pubblico Ministero e la difesa, con esclusione del pubblico: ciò che eviterà la flagrante violazione della legge, che tramutava la camera delle deliberazioni in un rinnovato contradditorio.

E tolto il ridicolo divieto fatto ai giurati di considerare le conseguenze penali del verdetto, ma è conservata la scheda bianca, legittima rappresentante dell'equivoco, che, volere o no, affetta nelle sue basi stesse il giudizio dei giurati. E una nuova prova ne porge la proposta della Commissione che, se il verdetto fu affermativo sul fatto principale con maggioranza di sette voti, la Corte debba deliberare se crede che i giurati si siano ingannati sul fatto. Se si, l'accusato è assolto e se la Corte ritiene ciò a parità di voti, la causa deve rinviarsi ad altra sessione.

Ora qui l'elemento giuridico invade evidentemente il terreno del fatto, che pareva il campo chiuso dei giudici popolari e, ciò che è più strano, spiega l'intervento suo a favore dell'accusato, che dovrebbe avere nei giurati i suoi più legittimi tutori contro le esorbitanze dell'accusa. O c'inganniamo, o questa specie di deliberazione, contraria anche alle norme che reggono il voto delle maggioranze, ha tutta l'apparenza di confermare quelle diffidenze contro la giuria, che, cacciate dalla porta, entrano, malgrado tutto, dalla finestra.

Un'aura di riforma spirava intorno ai giudizi minori; ammesso l'appello per i giudizî dei pretori, si voleva da alcuno della Commissione stabilire l'unica istanza per il giudizio collegiale, in quanto si riferisse alle questioni della reità, salvo il doppio grado per l'applicazione della pena.

La questione della reità si sarebbe poi potuta portare davanti alla Corte Suprema per correggere qualche errore di fatto.

Non bastando inoltre elevare da tre a quattro il numero dei giudici collegiali, per poter mettere a favore dell'accusato la parità dei voti, una proposta che comprometterà la vagheggiata riforma intellettuale ed economica della magistratura, si voleva anche ridurre a collegiali i giudicati di pretura, chiamando a convegno i pretori viciniori, ciò che sarebbe stato un passo a ritroso sulla via dell'economia e della semplicità dei giudizî.

Mà infine, accettato il collegio di quattro magistrati, escluso, entro dati limiti, il giudice che istrui il processo, si decise il mantenimento delle giurisdizioni nelle forme attuali e la conservazione del rimedio dell'appello; rimesso alla Sottocommissione il vedere se questo non si possa restringere per le sentenze dei pretori in materia di contravvenzione, nei limiti di pena di 150 lire di ammenda e di 15 giorni di arresto.

Nessuna restrizione invece per l'appello contro le pronunzie dei tribunali, salvo che per le condanne prese ad unanimità di voti, che non potranno appellarsi il rimedio è ammesso per il fatto, per il diritto, per l'applicazione della pena, contro ogni sentenza definitiva, comprese quelle di assoluzione per non provata reità.

La facoltà di appellare spetta al difensore, non anche ai parenti come si proponeva, ma occorre la ratifica dell'imputato, il quale però potrà farsi rappresentare all'appello da un procuratore. I termini per appellare saranno eguali per tutti i giudizî: che se l'appellante non producesse i motivi o non li presentasse nei termini assegnati, la sentenza appellata sarà resa esecutiva dal tribunale o dalla Corte in Camera di Consiglio, salvo il rimedio dell'opposizione.

Per elevare a maggior dignità i giudizî del pretore, si estendono a questi tutte le facoltà del presidente del tribunale quanto alla direzione del dibattimento e all'assunzione delle prove e si fa voti che sia rafforzata presso di esso la rappresentanza del Pubblico Ministero, incaricandone gli uditori, gli aggiunti, o degli avvocati appositamente a ciò delegati.

Il giudizio di cassazione richiamò la discussione sulla opportunità, già ampiamente trattata dalla dottrina, di deferire alla Corte Suprema il giudizio sull'erroneo apprezzamento del fatto. Pareva ad alcuno che il rinnovamento della causa si potesse accordare quando l'errore fosse rilevato ad unanimità o, quanto meno, che la Corte potesse correggere gli errori incorsi nel computo della pena: ma per questo si convenne che spetti il provvedere in sede esecutiva all'autorità che emanò la sentenza.

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