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Il Convito di Dante Alighieri è opera che possediamo incompiuta, cioè non condotta innanzi che ad un quarto circa del disegno prestabilito. E fu argomento di molti studi e di questioni non poche, si riguardo al tempo nel quale fosse dettato, quanto alla bontà sua, ed all'intento a che l'autore lo concepi. Quanto al tempo in cui lo cominciò e lo stese, parecchi valent' uomini si travagliarono a determinarlo con quelle maggiori certezze che si poteva; nè con fatica sprecata e vana. Circa alla bontà, i giudizi variarono al punto, che taluno lo chiamò cosa puerile, mentre altri lo annoverò fra le opere più degne della mente vasta ed acuta di quel Sommo. Finalmente in relazione all'intento, chi lo reputò composto a pompa di erudizione, e chi all'oggetto di provare le eccellenti attitudini del volgare nella prosa, come egli medesimo lo aveva esperimentato nella poesia.

Introdursi in questo ginepraio di giudizi e di opinioni diverse e contraddittorie, col proposito di esaminarle ad una

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ad una, e confutarle ed approvarle secondo che paia, sarebbe tal briga e fatica da non venirne a capo agevolmente; nè poca presunzione si mostrerebbe, quando si volesse pronunciare sentenza tra i disputanti e i discordi.

Laonde studieremo di astenerci da quello che, appartenendo al gusto, più soggiace al palato dei singoli che al criterio comune; e preferiremo di trattarne per quelle parti che si contengono nella cerchia dei fatti.

In altro opuscolo (1), in capitolo speciale, avendo preso ad investigare se il Convito fosse da reputarsi anteriore o posteriore al Libro del Volgare Eloquio, concludemmo che si debba tenere composto in precedenza per tutti i quattro Trattati, e con iscopo che si collega tanto al principale della Commedia quanto a quello della Monarchia; formando così un triplice edificio, eretto per ciascuno scompartimento a beneficio di una data condizione di persone, ma avente in comune un'intenzione sola, quella cioè di persuadere le genti al bene negli ordini morali e politici. D'allora in poi, avendo ripigliato la disamina dell'opera con più accuratezza e minuziosità che in addietro, venimmo a dedurne nuove considerazioni, le quali ci sembra utile di esporre nel presente opuscolo, che mandiamo in luce per la solenne occasione della festività centennale della nascita di Dante; dandoci coraggio alla pubblicazione la benevola accoglienza con che gli amatori delle lettere dantesche fecero buon viso agli scritti precedenti.

In esso ci andremo intrattenendo; primo, della cronologia dei quattro Trattati di cui resulta il Convito; secondo, del concetto ordinativo, onde fu disposto e doveva essere menato a termine, qualora gli avvenimenti non avessero fatto inciampo; terzo, dello scopo particolare a cui fu immaginato; quarto, delle relazioni che sussistono fra di esso e le altre opere del Poeta.

(1) L'Intento della Commedia di Dante, e le principali allegorie considerate storicamente, Capitolo X, Rivista Contemporanea, Giugno 1864.

LA CRONOLOGIA DEL CONVITO.

LE CANZONI.

I.

Sulla cronologia del Convito disertarono parecchi critici di gran vaglia; il padre Lombardi, il Foscolo, il Witte, lo Scolari e il Fraticelli per nominare i principali: questi due, più che ogni altro, aiutarono colla sagacia delle osservazioni a districarne l'arruffata matassa. Lasciando a ciascuno di essi l'onore di quanto giovarono a rendere più perfette le nostre cognizioni sulla data dell'opera intera e dei trattati speciali che la formano, e riconoscendo nelle loro fatiche quel giusto merito che loro va attribuito; noi, nondimeno, crediamo che la messe non sia tutta raccolta, e rimangano alcune spighe delle quali si possa far tesoro, seguitandoli nel cammino in cui ci vennero precedendo.

Ma poichè la materia fu soggetto di sottili disamine e discussa più volte, però ci è giocoforza di cercarla con maggiore diligenza, quasi diremmo cavillosa, affine di afferrare quei bandoli che l'altrui oculatezza non avesse scoperti, o dimostrare quelle verità che ad altri fossero rimaste in occulto. E c'industrieremo di provare, che veramente vedemmo più a fondo di chi ci precedette; acciò non ci appongano nota di presentuosi e di arroganti. In conseguenza moveremo al lavoro con cautela e con metodo, distribuendone le parti, secondo ci parrà meglio per la chiarezza dell'esposizione e l'evidenza delle conclusioni. E pregheremo i lettori di tenerci dietro, non isgomentandosi se più volte il ragionamento tornerà arido e di magistero poco dilettevole, perchè la natura dello scritto non

concesse di renderlo si fiorito e piacente, come avremmo desiderato.

Ciò premesso, entriamo in argomento, e in primo luogo poniamo mano alla cronologia delle Canzoni.

È noto che il Convito ne contiene tre, la prima che comincia: Voi che intendendo il terzo ciel movete; la seconda: Amor che nella mente mi ragiona; la terza: Le dolci rime d'Amor che io solia. Circa alla prima Canzone avendola mentovata il Poeta nel Paradiso al Canto ottavo, verso 37, ponendola in bocca di Carlo Martello, vuolsi argomentare che fosse composta e divulgata avanti l'anno 1300, dacchè in detto anno si suppone avvenuto il mistico Viaggio, e si fa ricordo di essa come nota e pubblica. È da sapere che fra Carlo Martello e Dante si strinse amicizia cordiale e scambievole, allorquando il giovane principe passò per Firenze e vi si trattenne breve tempo nel 1289; la quale amicizia non pare illanguidisse, nè per la lontananza, nè per essere poi stato insignito della corona ungarica, dacchè l'affettuosa memoria, fattane nel cielo di Venere, tra gli spiriti eletti che in questo mondo più sentirono la forza d'amore, è prova che Dante il tenne fra le persone a lui care di preferenza. Ma non solo devesi credere che la Canzone ricordata da Carlo Martello fosse composta e compiuta avanti l'anno 1300, che anzi, secondo probabilità, è da supporla fatta durando quel principe in vita. In effetto qualora questi non l'avesse conosciuta, sia mandatagli dal poeta, per amichevole corrispondenza interceduta fra loro due, sia per altro modo, con qual ragione sarebbe ivi citata a contrassegno di riconoscimento?

Laonde devesi presumerla divulgata, almeno entro l'anno 1295; se non si voglia pretendere lo strano capriccio in Dante, di voler indurre il suo reale amico a mentovargli una poesia che doveva ignorare, qualora fosse stata posteriore alla morte sua; mentre potevasi metterne innanzi altre, pur belle e leggiadre, dettate certamente prima che Carlo venisse in Toscana, le quali udì senza fallo e ricevette stando a Firenze. E

poniamo pure che l'Alighieri avesse amato di rammentare quel suo componimento nel cielo di Venere; forse gli mancavano mezzi di raggiungere lo scopo, senza commettere un anacronismo a cui non fu solito? Si aggiunga, che nella Commedia avendosi altre due citazioni di liriche proprie, una per bocca di Casella e l'altra di Buonaggiunta, ambedue allegate a sovvenimento della passata e scambievole benevolenza fra quelle ombre e il Poeta; parrebbe che similmente Carlo fosse stato indotto alla sua, affine di rinfrescare alla mente di Dante una data circostanza, per cui fra di loro si fosse accresciuta l'intrinsichezza degli affetti. Dicemmo più addietro, che la Canzone, probabilmente, fosse spedita al principe, non già offertagli quando stette in Firenze; di fatto nel 1289 viveva Beatrice, e la Canzone non poteva allora essere composta, dacchè si avvolge a narrare in modo immaginoso la lotta sostenuta in cuore, tra l'amore della donna venutagli meno, e un amore nuovo, sorto a cacciare di seggio l'antico; ed avendosi inoltre palese testimonianza nel Convito, come ed in quale occasione fossegli nata l'ispirazione di dettarla. Ma a render chiaro che, se non abbiasi da reputare anteriore al 1289, può considerarsi senza timore di contraddire al vero, non posteriore al 1295, riferiremo le date degli avvenimenti successi nell'intervallo fra la morte. della Portinari e quella del principe.

Beatrice passò a vita migliore il 19 giugno del 1290, e un anno poi, non molto più innanzi, fu scritta la Vita Nuova, in sul terminare la quale accadde l'innamoramento per la donna misericordiosa. In quel torno appunto Dante sfogò nella Canzone il gagliardo sentimento che gli si era svegliato dentro e la lotta che ne ebbe a sopportare. Reputandola adunque stesa in sulla metà seconda del 1291, non dubitiamo di cogliere nel giusto; e da questo primo limite all'altro del 1295, rimane spazio più che bastevole, acciò fosse tempo e commodo d'inviarla a Carlo, e di ricevere documento certo della lieta ed onorevole accoglienza ond'era stata accolta.

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