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§. VIII. Muore poco appresso un'amica della sua BEATRICE, e ne piange in due Sonetti la morte.

Appresso il partire di questa gentil donna, fu piacere del Signore

degli Angeli di chiamare alla sua gloria una donna giovane di gentile aspetto molto 1), la quale fu assai graziosa in questa 2) sopraddetta cittade; lo cui corpo io vidi giacere senza l'anima in mezzo di molte donne, le quali piangevano 3)* assai pietosamente. Allora, ricordandomi che già l' avea veduta fare compagnia a quella gentilissima, non potei sostenere alquante lacrime *; anzi piangendo mi proposi di dire alquante parole della sua morte 4), in guiderdone di ciò che alcune fiate l'avea veduta colla mia donna. E di ciò toccai alcuna cosa nell' ultima parte delle parole che ne dissi, siccome appare manifestamente a chi le intende; e dissi allora questi due Sonetti, de' quali comincia il primo Piangete, amanti; e 'l secondo: Morte villana.

SONETTO II.

Piangete, amanti 5), poichè piange Amore,
Udendo qual cagion lui fa 6) plorare:
Amor sente a pietà donne 7) chiamare,
Mostrando amaro duol per gli occhi fuore.
Perchè villana morte in gentil core
Ha messo il suo crudele adoperare,
Guastando ciò che al mondo è da lodare
In gentil donna, fuora 8) dell'onore (XV).

§. II. Tempo, occasione, ed effetti primi del suo amore.

Nove fiate già appresso al mio nascimento era tornato il cielo

della luce 1) quasi ad uno medesimo 2) punto, quanto alla sua propria girazione, quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa 3) donna della mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice (IV), li quali non sapevano che si 4) chiamare. Ella era in questa vita già stata tanto, che nel suo tempo il cielo stellato era mosso verso la parte d'Oriente delle dodici parti l'una d'un grado 5); sicchè quasi dal principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi al fine 6) del mio. Ed apparvemi vestita di nobilissimo colore 7), umile ed onesto, sanguigno 8), cinta ed ornata alla guisa che alla sua giovenissima età si conyeniva. In quel punto dico veramente 9), che lo spirito della vita 10), il quale dimora nella segretissima camera del cuore, cominciò a tremare si fortemente, che appariva nelli menomi polsi orribilmente (V); e tremando disse queste parole: Ecce deus fortior me; veniens dominabitur mihi 11). In quel punto lo spirito animale, lo quale dimora nell'alta camera 12), nella quale tutti gli spiriti sensitivi apportano le loro percezioni 13), si incominciò a maravigliar molto; e parlando specialmente allo spirito del viso 14), disse queste parole: Apparuit jam beatitudo vestra 15). In quel punto lo spirito naturale, il quale dimora 16) in quella parte ove si ministra 17) il nutrimento nostro 18), cominciò a piangere, e piangendo disse queste parole: Heu miser! quia frequenter impeditus ero deinceps 19). D'allora 20) innanzi dico, che Amore signoreggiò l'anima mia, la quale fu si tosto a lui 21) disposata 22); e cominciò a prendere sopra di me tanta sicurtade e tanta signoría, per la virtù che gli dava la mia immaginazione, che mi convenía fare tutti li suoi piaceri compiutamente. Egli mi comandava molte volte, che io cercassi per vedere quest' Angiola giovanissima; onde io nella mia puerizia molte volte 23) l'andai cercando, e vedeala 24) di sì nobili 25) e laudevoli portamenti, che certo di lei si potea dire quella parola del poeta Omero: Ella non pareva figliuola d'uomo 26) mortale, ma di Dio (VI). Ed avvegnachè la sua immagine, la quale continovamente meco stava, fosse baldanza d'Amore a signoreggiarmi; tuttavia era di sì nobilissima 27) virtù, che nulla volta 28) sofferse che Amore mi reggesse senza il fedele consiglio della ragione, in quelle cose ove tal 29) consiglio fosse utile a udire. E perocchè soprastare alle 30) passioni ed atti di tanta 31) gioventudine pare 32) alcun parlare fabuloso, mi partirò da esse; e trapassando molte cose, le quali si potrebbono trarre dallo esemplo 33) onde nascono queste, verrò a quelle parole, le quali sono scritte nella mia memoria sotto maggiori paragrafi 34).

Note al §. II.

1) Il sole. Intendi: già erano trascorsi quasi nove anni. PF. Circa le particola rità del numero nove vedasi ciò che si è detto nella Prefazione al S. X. * 2) quasi al medesimo -S. dunque certo che nel 1274 Dante (nato nel 1265) vide la prima volta Beatrice ». Scolari. 3) graziosa - S.

« È

I soli EM. leggono sì per così. Vedi Append. n.o IV. *

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5) Così leggono S., EP.; la volgata del grado. - « Cioè la dodicesima parte d'un secolo, vale a dire otto anni e un terzo. Ciò si prova non tanto dal contesto, quanto da quello che dice Dante nel Convito, cap. VI, con queste parole: quel cielo si muove, seguendo il movimento della stellata spera, da occidente in oriente, in cento anni uno grado ». PF.

6) dalla fine del mio nono anno - EP.e CC. 2) Ella parveni vestita d'un nobilissi

mo colore - EP. e CC.

8) « Vestita di color di fiamma vivu » Purg. C. XXX, 33. EM.

9) veracemente - EP. e

CC.

10) Lo spirito, o il principio vitale. PF. 11) II Cod. Triv. B. a tutti i passi latini soggiunge la traduzione: noi ne daremo qualche saggio; poichè, quando pure essa non sia dell' Autore, è sicuramente scritta nella lingua del Trecento. Alle parole Ecce ecc. segue adunque - Cioè: Ecco Iddio più forte di me, che mi viene a signoregNella EP. al verbale veniens giare - EM. è premesso pron. qui invece dei due punti, e così pure nel CC.*

-

12) Così leggiamo cogli EM. seguendo il Cod. B., la EP., ed il CC., meglio che colla volgata, la quale ha solamente - nella camera; e vuol dire: nel cervello.*

13) protesioni - l' EP., che per altro accenna scritta in margine al Codice la lezione comune percezioni.

*

;

anzi

14) Cioè della vista. Dante usa più volte il latinismo viso per vista. V. il Convito. EM. 15) Apparavit - AB., forse per errore tipografico. Si noti come Dante chiami di sovente Beatrice la sua beatitudine per lo più la indichi con questa sola denominazione, senz' aggiunger altro. Pare che si fermi con compiacenza sul significato del nome. Al pronome nostra aggiunto a beatitudo nella volgata noi preferimmo più volentieri vestra col Cod. Triv. B., che traduce: Apparve già la beatitudine vostra ; lezione confortata altresì dal Cod. C.* 16) che ediz, S.

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17) mostra l'EP., ma colla lezione ministra in margine al Codice. *

18) Il testo AB. ha qui di più la particella sì, ma non l'edizz. S. e P., nè il CC.*

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22) disponsata - EP., al modo latino. 23) fiate - EP. e CC.

*

24) Così l'EP. e il CC., forse più conforme alla maniera usata da Dante, La lezione volgata è vedevola. *

25) si nuovi - la volgata: a noi parve miglior lezione quella dell' EP. e del Cod. C.* 26) fatta da uomo ecc. - EP. e Cod. C. « Omero di Elena, Iliad. III, 158: Aivas αθανάτησι θεῖς εἰς ώπα ἔοικεν Certo una par delle immortali Dee ». Salv.- Nota qui il canon. G. J. Dionisi, che credette il Salvini con ciò tradotto l'encomio d' Elena; «ma non si vanti costui (prosegue egli), ancorchè molto saputo grecista, di far comparire il nostro Dunte meno esatto nella soprascritta sua traduzione, o poco prudente in mutuar dalle lodi d' una femmina adultera quelle dell' onestissima donna sua; poichè egli prese di mira, traducendo a puntino e lievemente imitando, l' elogio d' Ettore ch'è pur nell' Iliade 2, cioè lib. XXIV, v. 258:

.....

A

ὀνδὲ έφκει - Α'νδρος γε θυ τοῦ παϊς κοι ἔμμεναι, ἀλλὰ δεῖο. A rigor di lettera : .«nè poteva - D'uom mortale esser figlio, ma d' un Dio. Guarda che si non si pareggia mo ed issa, come il toscano col greco ». (Aned. V, pag. 81). ragione pertanto nota il Pelli (Memorie per la Vita di Dante, S. VII), che se la Beatrice non pareva figliuola d'un uomo mortale, dunque lo era senza fallo; e perció dessa non era un ente ideale e metafisico.* 27) Cosi leggiamo col cod. Triv. B., coll' EP. e col Cod. C.; nobile ha la vulgata.* 28) che neuna ora- Cod. B.

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Udite quanta Amor le fece 9) orranza;
Ch'io 'l vidi 10) lamentare in forma vera
Sovra la morta immagine avvenente:
E riguardava 11) inver lo ciel sovente,
Ove l'alma gentil già locata era;

Chè donna fu di si gaja sembianza. †

† Questo 12) Sonetto ha tre parti 13). Nella prima chiamo e sollecito i fedeli d' Amore a piangere; e dico che il Signore loro piange 14); e dico che 15), udendo la cagione perch' e' piange, s'acconcino più ad ascoltarmi. Nella seconda narro la cagione. Nella terza parlo d'alcuno onore, che Amore fece a questa donna. La seconda parte comincia: Amor sente. La terza : Udite quanta.

Note al S. VII.

1) Il can. Dionisi, investigando quale potesse essere nel senso istorico la donna accennata da Beatrice a Virgilio, per narrargli il motivo della sua venuta al Limbo (Inf. C. II, v. 94 e segg.) « Donna è gentile in ciel, che si compiange - Di questo impedimento, ov'io ti mando,- Sì che duro giudizio lassù frange. - Questa chiese Lucía in suo dimando, E disse or ha bisogno il tuo fedele Di te, ed io a te lo raccomando », Osserva che i comentatori non si sono cu

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rati di ricercarlo, nè egli si vanta di averlo trovato con sicurezza; ma pure, risimilmente parlando, dice esser quella di cui Dante fa qui menzione. Vedasi la sua Prepar. stor. crit. vol. 2.o, pag. 198-99. * 2) nella sopraddetta ecc. - Cod. F.

3) L' ediz. S. è mancante del membretto chiuso fra gli asterischi dalla parola assai fino a lacrime. *

4) Così li Codd. B. F., l'EP. e il CC.; la volgata nella sua morte.*

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Note al Sonetto II.

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pa del Sermartelli ed alla recente pesarese, non meno che al CC., fu già avvertita dal Biscioni come variante, senza introdurla nel testo ove lasciò sovra come si fece in altre edizioni. Ma che quella sia la vera assolutamente, vedine le prove nell'Append. al N. XV. *

9) Orranza, contratto di anoranza, onore. PF. Invece di orranza il Cod. Redi legge ornanza; e quanto per quanta - S., EP. e CC. *

10) Che l'udì ecc. Cod. Redi.

11) Così S., il Cod. B., l'EP. e il CC., diversamente dalla volgata - E poi riguarda. Il Biscioni avea già notato la nostra variante, che sembra più conforme alla retta sintassi.

Note alla Divisione.

12) L'EP. e il CC. aggiungono qui - primo. 13) si divide in tre ecc. . Cod. B. 14) e dico del Signor loro che piange Cod. B.

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15) Nella volgata è intralciato il discorso, per la mancanza della prep. che opportunamente fornita dall' EP. *

BALLATA II 16),

Morte villana, e di pietà nimica,

Di dolor madre antica,

Giudicio incontrastabile 17) gravoso,

Poi c'hai dato 18) materia al cor doglioso,
Ond' io vado 19) pensoso,

Di te biasmar la lingua s' affatica:

Eh! se di grazia ti vo' 20) far mendica,
Convenesi 21) ch'io dica

Lo tuo fallir d'ogni torto 22) tortoso;
Non però che 23) alle genti sia nascoso,
Ma per farne cruccioso 24)

Chi d'amor per innanzi si nutrica 25).
Dal secolo 26) hai partita cortesía,

E, ciò che in donna è da pregiar, virtute
In gaja gioventute 27);

Distrutta hai l'amorosa leggiadria.

Più non vo discovrir qual donna sia,

Che per le proprietà sue conosciute:

Chi non merta salute,

Non speri mai d'aver 28) sua compagnia. †

Questo sonetto 29) si divide in quattro parti. Nella prima parte chiamo la morte per certi suoi nomi proprii. Nella seconda, parlando a lei 30), dico la cagione perchè io mi muovo a biasimarla. Nella terza la vitupero. Nella quarta mi volgo a parlare a indiffinita 31) persona; avvegnachè, quanto al mio intendimento, sia diffinita 32). La seconda parte comincia: Poi c'hai dato. La terza: Eh! se di grazia. La quarta: Chi non merta salute.

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