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a quello che Dante dice nella prosa che precede, e si avrà per indubitata la correzione ». EM.- In diversa opinione ci conduce la lettura della prosa or ora citata, poichè nessuna riprensione ci pare di scorger da ciò che ragiona fra sè l'Autore dei peregrini da lui veduti; il quale anzi li giustifica del loro non piangere, pensando che, per venire di lontano, esser non poteano in cognizione del tristo avvenimento di cui si tratta. Più ragionevole quindi della interpunzione proposta dagli Editori Milanesi, e in parte della volgata, reputiamo l' adottatasi nella EP., ove essendo chiuso fra parentesi il quarto verso, senza punto interrogativo, va continuato il discorso nella seconda quartina, in fine alla quale deve il punto medesimo rimanere; e questo modo si è da noi pure seguíto.

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Pag. 90, §. XLIII, lin. 14.

N.° XXIV.

DELL'AMORE DI DANTE ALIGHIERI E DEL RITRATTO DI BEATRICE PORTINARI, COMENTARIO DI MELCHIOR MISSIRINI. IN FIRENZE, CIARDETTI, 1832, IN-4.° COI RITRATTI DI DANTE E BEATRICE IN LITOGRAFIA 1).

1) Estratto dall' Antología (di Firenze), Giornale di Scienze, Lettere ed Arti, N.o 18 del 11 Decennio, Giugno 1332, pag. 36.

"Le tavolette possedute e illustrate dal Missirini provengono da antichissimi tipi, e rivestivano l'antica custodia del codice della Divina Commedia che appartenne al cultissimo marchese Strozzi; ma chi ha una certa pratica delle cose dell' arte, ha debito di riconoscere in quelle due teste ciò che propriamente dicesi due ritratti, non mai due teste a capriccio. Per ciò che riguarda quella di Dante, noi abbiamo, siccome ognun vede, una folla di prove e di confronti onde poter riconoscerla; ma certamente la mancanza di queste prove e di questi confronti non è bastevole ad escludere, che l'altra effigie sia quella di Beatrice. Troppe sono le osservazioni diligentissime che vengono fatte, per le quali questo ritratto coincide con quanto scrive il Poeta della sua amata; e a noi conviene attenerci a quelle prove palmari ed evidenti, che possono ravvisarsi in una copia, la quale conserva tutto al più un insieme dei contorni, una esattezza nel colore e nella forma degli abbigliamenti, ma difficilmente può averci trasmesso e conservato la sfuggevole finezza dei tratti originali e gentili d'una creatura angelicata, che non presentava nel suo delicato profilo un punto d'appoggio fermo abbastanza, e forme pronunciate con evidenza per un artista mediocre, e certamente non altrettanto ispirato come il Poeta della Divina Commedia. Questa mediocrità dell' artista, questa spezie d'infanzia dell'arte non basterà certamente a farci bruscamente escludere, che le tavoletté trovate assieme sullo stesso codice, e verosimilmente più antiche del 'codice stesso, dipinte dalla stessa mano, aventi gli evidentissimi caratteri di due ritratti, non rappresentino l'una l'effigie di Beatrice, qualora nell'altra ognun riconosca quella dell' Allighieri.

Dante, che può benissimo aver disegnato quell' angelico viso, com'egli stesso racconta, penetrato della nobiltà del suo soggetto, ne sentiva altamente tutte le bellezze; ma il valore della sua mano non poteva in quell' età pareggiare la forza del sommo intelletto; e quand' anche fosse stato maggior maestro che non era nell'arte del disegno, la forte contenzione dello spirito è dubbio se avesse giovato o piuttosto nociuto alla espressione dei contorni delicati, che vedeva e sentiva assai più, che non poteva aver mezzo di esprimerli. Le quali cose, possibili e comuni ad uomini in epoche dell'arte più adulta, accader dovevano più facilmente nell'infanzia dell' arte; e piace qui ricordarle, acciò non abbiasi a pretendere in opere di tal fatta, che la forza dei lineamenti pareggi quella delle parole: chè se a' di nostri, con tanti mezzi che abbiamo, molto ci corre dal detto al fatto, nel XIV secolo la distanza ragionevolmente doveva ben essere maggiore. L'assettamento però e gli ornati pienamente combinano colle descrizioni del Poeta, le chiome sono crespe e dorate, ornate di perle; e in ciò l'artefice non ritrasse in fallo, perchè sebbene non cadono in anella, poichè non sono abbreviate nè sciolte, ma bensi lunghe, strette, ed acconciate alla distesa, ognuno però vi scorge quel bell' ondeggiamento si proprio de' capelli crespi, che non perdono mai quantunque ritenuti da nastri o da trecce. Il contorno del naso vi è profilato, il color delle carni e la soavità vi si travede quanto dall'arte in quei tempi sapeva esprimersi, e il colore delle vestimenta esattamente è quale dal Poeta è descritto.

Certamente sarebbe un pretendere troppo, anzi un lottar inurbano contro d'ogni verisimiglianza, e contro tali conghietture che pareggiano l'evidenza, se si volesse esigere che un dipinto di quell' età potesse presentarci oggi quelle finezze dell' arte, quella soavità di fisonomfa, quell'impasto di tinte, quella verginità di contorni, siccome avrebbe potuto operarsi dagli artisti dell' aureo secolo. Non ci dimentichiamo d' un' arte bambina, che andava timidamente cercando un'imitazione, la quale le era facile allorchè gli originali avevano forme pronunciate e caratteristiche; ma non siamo ingiusti a volerla quando la mano, ancora mal ferma, doveva andar molto a rilento nel fissar sulle tavole i dilicati contorni e sfuggevoli; e pensiamo che il sublime dell'arte sta appunto nelle piccole differenze, le quali producono i grandi effetti. Alle quali cose bisogna aggiungere anche le inevitabili alterazioni, che l'aria, la luce, il tempo, e le vernici ingiallite hanno prodotte sui dipinti, che spesso noi veggiamo a guisa di larve di ciò che furono. Cosicchè se quanto apparisce, ha una ragionevole analogía alle espressioni del Poeta, è consentaneo alla rettitudine dell'intendimento, e si concilia colla storia de' tempi; sembra che in tal caso le probabilità e le deduzioni acquistino il diritto della certezza.

E, per confermare l'esposto, ritengasi indubitato che molti ritratti di Dante, per quanto in questi potesse esser vario l'assettamento del capo e della persona, offrirebbero opportuna materia a confronto pei soli lineamenti, e si potrebbero tutte riconoscere facilmente; ma lo stesso non sarebbe mai, se molti di Beatrice aver ne potessimo dinanzi, quand' anche non fosser privi delle indicate fogge e del colore dei vestimenti, che in tal caso sussidiano però molto le cure d'un diligente investigatore. Nè certamente, dopo si fatti studii e confronti noi potremo neppur supporre, che il ritratto in questione sia opera di fantasia, ma sicura

mente dedotto da un originale preesistente, non facendo contraria prova il non trovarlo. Di fantasía, senza curarsi di tradizioni, saranno bensì i nielli, tanto di Laura posseduto dal Malaspina in Milano, come di Beatrice conservata dal Rizzo in Venezia; di fantasia furono i busti di queste due donne immortali scolpiti da Canova, e dipinti da Agricola; ma le tavolette del Missirini, abbianselo in pace gli oppositori se ve ne avessero, noi riputiamo dedotte da antico tipo che non possiamo escludere, se per difetto dei tempi e delle circostanze ci viene impedito il toccarlo e vederlo.

Nè tampoco è interesse de' buoni studii l'escludere, che possa in queste tavolette riconoscersi l'immagine di Beatrice, armandoci di sospetto o di diffidenza; chè basta dare il loro giusto valore agli argomenti prodotti, per comprovarlo anche agl' increduli: ma se questi argomenti non presentassero una luce abbagliante come quella del sole, potremo più pacatamente fissarvici, e riposare gli occhi e la mente su d'uno splendore soavemente radiante come quello d' un pianeta secondo. E se il comprovato con evidenza fosse anche un'ipotesi per gli occhi di qualche severo, è sempre da preferirsi una illusione gradevole ed innocua ad una dubitazione ingrata e nojosa; e per ciò io penso che si possa tranquillamente e senza paura di mettere il piede in fallo riposare, opinando a favore di questa interessante scoperta.

Se un cimelio così prezioso fosse nelle mani dei rigattieri d'antichità, potrebbesi anche dubitare che fosse stato a disegno illustrato; ma la penna del Missirini, che non fu mai mercenaria e servile, non sarebbe stata a ciò propria, nè egli conserverebbe per bassa lusinga di lucro un oggetto, che potesse eccitare le voglie degli amatori di curiosità italiche; egli che circondato di preziosità d'ogni maniera converte il suo censo ad aumentarle; egli che con moltissimo disinteresse e con tutta munificenza illustra le opere dell' arte e i nomi più sacri alla gloria del secolo 2).

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TAVOLA I.

Argomenti e Paragrafi, ne' quali è diviso il testo della Vita Nuova.

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S. III.

Beatrice saluta la prima volta il Poeta. Visione che lo sorprende dormendo. Ne chiede altrui la spiegazione in un Sonetto, cui Guido Cavalcanti, il suo amico, fa la risposta più semplice.

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S. IV.

Dante ne soffre nella salute, e non può nascondere altrui che amor n'è cagione; non però dice per cui.

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7

S. V.

S. VI.

Coglie anzi opportunità di far credere, che altra sia la donna dell' amor suo, e non Beatrice. E così gli vien fatto per alquanti anni e mesi. » Mette il nome di B. fra quello di sessanta donne le più belle di Firenze, e in una Serventese non gli può dar luogo in altro numero che nel

nono.

8

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S. VII.

S. VIII.

Parte colei che faceva difesa al suo amore; e scrive un Sonetto, in cui
si duole di questo; e ciò per confermare l'altrui credenza.
Muore poco appresso un' amica della sua B., e ne piange in due Sonetti

>> ivi

la morte.

כן

11

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Va quindi a trovare colei, la quale serviva a celare l'amor suo; e su di
ciò compone un Sonetto.
Ritorna in patria. Cerca e trova altra donna, la quale si presti a celare il
vero amor suo. Molti pertanto pensano, che di costei in fatto egli
arda; e B., presone sdegno, gli niega il saluto.

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S. XI.

S. XII.

S. XIII.

Potenza, che la vista e il saluto di Beatrice esercitavano sopra di lui. Dolore amarissimo per la privazione del saluto. Lagrimando si addormenta; e Amore lo racconsola, e gli fa animo a scrivere una Ballata, in cui rassicuri Beatrice ch' egli non si è punto tolto all' amore di lei. Quattro pensieri, uno contrario all' altro, combattono la volontà di lui intorno alla sua passione amorosa.

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S. XIV.

Tempo dopo egli trovasi ad uno sposalizio, dov'erano molte e belle donne sedute ad un convito. Vede fra queste Beatrice, e non può far che le altre e B. medesima non s'accorgano del suo stordimento. Ne lo deridono; e scrive un Sonetto.

>> 25

S. XV.

Conosce l'avvilimento del proprio stato e mostra come non gli sia possibile vincere sè medesimo.

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S. XVI.

E fa vedere come i suoi pensieri fossero sempre più vinti dall'amore di
Beatrice, ch'è l'argomento d' un altro Sonetto di lui.

>> 31

Dante, Vita Nuova.

18

S. XVII.

S. XVIII.

Accenna, che nuova materia e più nobile, che non lo stato dell' animo suo pel saluto negatogli da Beatrice, gli convenne assumere ; onde ne vuol dire la ragione.

. Pag. 32

E perciò narra,
che conversando con altre donne potè conoscere che
molto onore gli veniva da quelle cose, le quali egli scriveva in lode
della sua Beatrice; per lo che entrò in desiderio di parlar sempre
quello che fosse stato lode di lei, sebbene con paura di cominciare. >> 33
Stretto da forte volontà, pose mano alla prima Canzone.

S. XIX.

» 34

S. XX.

S. XXI.

S. XXII.

E perchè la Canzone parlava d' Amore, viene pregato a spiegare che sia;
ciò ch' egli fa in un Sonetto.
Aggiunge, che Beatrice desta amore anche dove non sarebbe in potenza
di chi da lei è veduto; e lo dichiara in un altro Sonetto.
Muore il padre di Beatrice, e in due Sonetti esprime il dolore di lei,
quello delle amiche sue, ed il proprio.

» 40

כל

41

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43

S. XXIII.

Dante cade ammalato per nove giorni, e nell'ultimo è preso da forte immaginazione, che gli rappresenta morta Beatrice. Scosso da quel delirio, e risanato, ne fa soggetto d' una Canzone.

» 47

S. XXIV.

Tocca di un' altra misteriosa visione, in cui Amore gli mostra Beatrice preceduta da un' altra donna di beltà famosa, Giovanna di nome; e questa visione racchiude in un Sonetto.

>> 53

S. XXV.

Dichiara come sia lecito ai Poeti Volgari parlar d' Amore, considerandolo quale persona animata; e quanto si convenga ad essi il rimare in materia

amorosa.

» 56

S. XXVI.

Cresciuta in fama la beltà di Beatrice, fanno tutti a prova per veder lei; e Dante spiega in un Sonetto quanto onesto e maraviglioso piacere ne procedeva in altrui.

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Ed aggiunge in un altro Sonetto, che la beltà di Beatrice, lunge dal far
onta alla bellezza delle altre, queste ricevevano onore dall' andare
con lei.
» 61

S. XXVIII. Ma pensando Dante, non essere sufficienti le lodi dette di lei nelli due Sonetti ultimi, mette mano ad una Canzone, che meglio dichiari il potere in lui della virtù di Beatrice.

>> 62

S. XXIX.

S. XXX.

PARTE SECONDA.

nove ab-
» 64

E' n'aveva composta la stanza prima, quando accadde che Beatrice se
n' andò al cielo per morte; e mostrato come a lui non convengasi
trattare di questa, entra a dire per quali ragioni il numero
bia potuto aver luogo più volte nel raccontare di lei.
Nota che Beatrice morì nella prima ora del giorno nove di Giugno (ch'è il
nono mese dell'anno siriaco) dell' anno 1290, cioè nella diecina nona
del secolo XIII in cui era nata. E ciò dice avvenuto per questo, che
si erano perfettamente accordati nella sua generazione i Cieli, che se-
condo Tolomeo sono nove; -e che come il tre è numero fattore del

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