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da continue giornaliere cure letterarie, senza potermene sottrarre; il restarmi a letto sino alle undici incirca della mattina, per le male notti ch'io passo insonni e dolorose; dalle ore tre della sera non aver più tempo per me, com' ella ben sa: queste ed altre son tutte cose, che più mi si accrebbero addosso dopo le mie promesse. Le so però ben dire, che l'impresa voleva io proseguire da per me, che quasi tutta la mia gioventù passai negli uffici letterarii di Monsignore, e che l'assistetti qual che si fosse dell' opera mia, principalmente nei due volumi della Preparazione storico-critica all'edizione di tutte le opere di DANTE: alla qual'edizione io era stato deputato dalla munificenza di due amplissimi Cardinali, e di alcuni letterati che me ne scrisssero a nome di que' Mecenati, conservandone io ancora le lettere. E questo avrei fatto, se la liberalità degli eredi me ne avesse agevolato il lavoro. Difficoltà sopra difficoltà, a ragione di spese, ne differirono d'oggi in domani, e l'opera al tutto si sventò, col vivissimo desiderio di chi mi offerse, di sola Roma, cento associati. La dottrina, la critica, gli studii, le vedute, il modo di pensare potei ben io conoscere del DIONISI, vissuto quella prima età con lui, e ne avrei sposto il manco male che per me si fosse potuto; ma se al buon volere natura e forza si opposero sin' ora pervicacemente, non fu colpa mia il mancare pur anche al desiderio mio. Nè si leggiera è la cosa, qual'è proposta, secondo che pare a me. Ella gradisca queste mie ragioni, com'io ringrazio lei della fiducia che aveva in me riposta, sicuro che non pure iscuserà la mancanza mia, ma compiangerà ben anco la mia durissima avversità, che m' impedisce di tanto le più onorate opere, a cui avrei potuto accudire. E significandomele pieno di gratitudine e di dovere, mi dico di cuore

« Dal luogo, donde scrivo, 44 Maggio 1833, Affezionatiss. Amico vero

SANTI FONTANA >>.

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rara

nivami allora consigliato dal desiderio di propagare la lettura di quelle Prose, che a me parvero sempre eletta cosa sì per la proprietà del linguaggio, come per una evidenza e semplicità di locuzioni e di costrutti, e per queste qualità degne d'esser anteposte a quelle di molti altri autori dello stesso secolo, di cui viene continuamente dai maestri raccomandato lo studio a' giovani cultori del puro italico idioma. Oltredichè nelle Prose di DANTE molta dottrina ed utili animaestramenti si contengono, onde con sobrietà ed efficacia di parole questo divino ingegno, secondo il costume suo, ogni maniera di concetti insegna colorare. Io dissi, che il solo desiderio di addomesticare i giovani studiosi colla lettura delle Prose di DANTE m'avea messo nell'animo d'impren derne la ristampa, la quale necessarissima a farsi mi pareva, e perchè pochissime ne sono l'edizioni, e perchè, tranne le citate ormai divenute assai rare, niuna ve n'ha di buone. Ora però a quel desiderio un altro stimolo mi si aggiunge, ed è la detta Opera del prelodato cav. MONTI, già in parte uscita in luce col preliminare Trattato del conte PERTICARI intorno gli Scrittori del Trecento, in cui viene spesso allegata l'autorità del grande ALLIGHIERI, e si citano spesso le parole della Volgare Eloquenza; nel quale Trattato cose notabilissime e da pochi avvertite fin qui si dicono intorno alla lingua italiana. A me pare adunque, che l'uscir in luce queste Prose ad un tempo e l'Opera di quell'egregio letterato, debba essere con aggradimento deʼmoltissimi, che avidamente si sono posti a leggere quest' ultima; essendo costume il gradire d'aver sott'occhio gli autori citati nelle opere che si leggono con diletto, e di cui si estima l'importanza dalla massima utilità che se ne trae. E di massima utilità, senza fallo, è per riuscire questo nuovo lavoro del MONTI alle lettere italiane; ond'è per sorgere a lui un monumento novello di gloria che dirà a'posteri, come in questa età si è finalmente stabilita sopra basi certe ed inconcusse la ragione della nazionale favella. Nè meno parmi che debba trovar grazia questa mia edizione appresso quello, a cui deve l'Italia di aver ristaurato e coll' esempio maravigliosamente promosso a'tempi nostri lo studio di DANTE per lungo tempo vergognosamente dimenticato, e con questo studio il gusto della pensante, sugosa ed alta poesía richiamato, fugando le baje canore; poichè quind' innanzi dovrassi a lui pure ascrivere, se alla debita luce vengon oggi ricondotte con esatta cura anche le altre Opere pregevolissime del Padre della italiana poesía >>.

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A

A MESS. BARTOLOMEO PANCIATICHI

PATRIZIO FIORENtino a).

A vendoci Messer Niccolò Carducci, nostro amicissimo, e deditissimo di vostra Ma

gnificenza, accomodato d'un' operetta del famosissimo Poeta e Teologo Dante Allighieri, intitolata Vita Nuova da esso Dante, e da altri riputata di non piccol valore ; ho voluto per mezzo delle nostre stampe farne partecipi gli studiosi, e quelli che delle composizioni antiche si dilettano, le quali nè migliorare, nè pareggiare si possono, bastando dir solamente essere opera di Dante. Ma non mi sodisfacendo io di questo, ho voluto mandarla fuora sotto il chiarissimo e d'ogni laude degno nome di vostra Magnificenza, sì come fo al presente. E perchè il volume era piccolo, mi è parso d'accompagnarlo con la vita di esso Dante scritta dal facondissimo Boccaccio; la quale credo potersi tenere di maggior fede di nessun'altra, sendo che allora il tempo aveva consumato manco assai della notizia dell'azioni di Dante, che non è stato dipoi quando da tanti altri è stata scritta o sulle conietture, o sulle opinioni altrui. Degnisi la Magnificenza vostra di accettar questo mio libretto, senza riguardare al piccolo volume, che come piccolo non sarebbe degno di lei; ma considerando le qualità che in esso si ritrovano, o almeno per esser composizioni de' primi e maggior lumi della nostra favella, devono essere stimati e pregiati da quella; la quale si degnerà accettarlo con la sua solita benignità prima dal prefato mess. Niccolò Carducci, e da me che desidero sommamente servirla, Iddio supplicando per ogni suo contento.

Di Firenze, il dì XXVI di Marzo MDLXXVI,

Di V. Mag.

Serv. Affezionatiss. BARTOLOMEO SERMARTELLI.

a) Dedicatoria premessa alla edizione fiorentina del 1576. Vedi per questa e per le seguenti Prefazioni ciò che si disse nella

nostra Introduzione §. XIV, ed in fine ai Preliminari l'Indice Bibliografico.

B

PREFAZIONE

DEL CANONICO ANTON MARIA BISCIONI b).

Questa

uesta raccolta di prose di Dante Alighieri e di Giovanni Boccaccio, cittadini ambedue di Firenze, contiene alcune operette di questi valentuomini, le quali per essere di piccola mole, erano state o mescolate con opere d'altri autori, o in piccoli libretti impresse: e perciò essendo divenute rare, non erano così pronte a' desiderosi di vederle: oltre di che alcune di esse non erano giammai state stampate. L' opere di Dante sono le seguenti: la Vita Nuova, il Convito e due Epistole. Quelle del Boccaccio: la Vita di Dante e le Pistole, delle quali in tutto non se ne sono ritrovate che sei. Nonoccorre, che io vanamente mi diffonda dietro alle notizie ed agli encomj di questi eccellentissimi ingegni, di questa nostra città splendori luminosissimi: perciocchè, non che le vite di quelli già da molti state compilate, e gli elogi e le testimonianze di quasi infiniti letterati, se non compiutamente, a sufficienza almeno ne parlano; ma l' opere istesse, e spezialmente le primarie di ciascheduno di essi, le quali non ànno, e non avranno mai pari nel genere loro (e sono, come a ciascuno è ben noto, di Dante la Divina Commedia, e del Boccaccio il Decamerone), rendono indubitata fede dell' eccellenza di questi sovrani autori. Io solamente dirò quello, che a me pare necessario di dire, per la retta intelligenza delle prefate operette, ma principalmente della Vita Nuova : la quale, comecchè per l'avanti non sia stato da alcuno, ch' io sappia, ricercato il suo vero concetto, resta piuttosto alquanto oscuretta che , no, e pertanto di qualche dichiarazione bisognevole ed in questo mezzo toccherò ancora intorno al Convito quelle cose, che per la maggior chiarezza di quello giudicherò necessarie. Nel che fare, se io, per la debolezza del mio talento, prenderò alcun abbaglio, oltre allo sperare d' incontrarne benigno compatimento, averò grandissimo piacere, se dietro alla scorta mia s' aprirà ad altri spazioso campo di rintracciare più depurata la verità.

E primieramente io dirò quello, che altri, intorno a questa Vita Nuova ed al suo oggetto, anno detto: e dipoi ne discenderò a manifestare il mio sentimento. Giovanni Boccaccio, assai vicino de' tempi di Dante, nella di lui Vita racconta così tutta la sustanza del fatto: « Quasi dallo inizio della sua vita, insino all'ultimo della morte, Dante « ebbe fierissima ed importabile passione d'amore ». E precisamente dell'età di questo gran Poeta parlando, nella quale egli s'innamorò, dice: « Il di cui nono anno non era au« cora finito ». E quindi all' oggetto de' suoi amori venendo, soggiunge: « Era in fra la << turba de' giovanetti una figliuola del sopraddetto Folco (Portinari), il cui nome era Bice, «< comecch'egli sempre dal suo primitivo, cioè Beatrice, la nominasse, la cui età era forse « di otto anni ». E dopo averla leggiadramente descritta, prosegue: « Costei adunque, tale « quale io la disegno, o forse assai più bella, apparve in questa festa, non credo prima<< mente, ma prima possente a innamorare, agli occhi del nostro Dante ». E poco dopo: « Quanti e quali fossono i pensieri, li sospiri, le lagrime, e l'altre passioni gravissime,

b) All' edizione fiorentina del 1723. Vedi in fine ai Preliminari l'Indice Bibliografico.*

« poi in più provetta età da lui sostenute per questo amore, egli medesimo in parte il <<< dimostra nella sua Vita Nuova ; e però più distesamente non curo di raccontarle ». Ma più distintamente uel suo Comento inedito sopra la Commedia di Dante, al Canto II dell' Inferno, ne parla, così dicendo: « Fu adunque questa donna, secondo la relazione « di fede degna, di persona, la quale la conobbe, e fu per consanguinità strettissima a « lei, figlinola d'un valente uomo, chiamato Folco Portinari, antico cittadino di Firenze. « E comecchè l'autore sempre la nomini Beatrice dal suo primitivo, ella fu chiamata « Bice, ed egli acconciamente il testimonia nel Paradiso, laddove dice:

Ma quella reverenza che s'indonna

Di tutto me, pur per В e per ICE;

« e fu di costumi e d'onestà laudevole, quanto donna esser debba e possa; e di bellezza, « e di leggiadría assai ornata; e fu moglie d'un cavaliere de' Bardi, chiamato Messere « Simone ; e nel XXIV anno della sua età passò di questa vita, negli anni di Cristo 1290. « Fu questa donna maravigliosamente amata dall'autore: nè cominciò questo amore nella « loro provetta età, ma nella loro fanciullezza; perocchè essendo ella d'età d'otto anni, e « l'Autore di nove, siccome egli medesimo testimonia nel principio della sua Vita Nuova, << prima piacque agli occhi suoi ed in questo amore con maravigliosa onestà perseverò <<< mentr'ella visse: molte cose in rima per amore ed onor di lei già compuose: e, se<«< condochè egli nella fine della sua Vita Nuova scrive, esso in onor di lei a comporre << la presente opera si dispose: e come appare, e quivi ed in altre parti assai maraviglio<< samente l'onora ». Ed in proposito della Vita Nuova, egli dà nella Vita di Dante questo giudizio : « Egli primieramente, duranti ancora le lagrime della morte della sua « Beatrice, quasi nel suo ventesimo sesto anno, compose in un suo volumetto, il quale « egli intitolò Vita Nuova, certe operette, siccome Sonetti e Canzone, in diversi tempi « davanti in rima fatte da lui, maravigliosamente belle ; di sopra da ciascuna partitamente «<e ordinatamente scrivendo le cagioni, che a quelle fare l'avevan mosso; e di dietro po« nendo le divisioni delle precedenti opere. E comecchè egli d'avere questo libretto << fatto, negli anni più maturi si vergognasse molto; nondimeno, considerata la sua età, è « egli assai bello e piacevole, e massimamente a' volgari ».

Dietro all' autorità del Boccaccio, per l'antichità ed eccellenza di quest'uomo stimabilissima, si sono lasciati portare gli altri più moderni scrittori. Benvenuto da Imola, commentatore di Dante, e quasi de' tempi del medesinio Boccaccio, fu senz'altro dell' istesso parere; perocchè venendo a comentare quel passo del Canto trentesimo del Purgatorio : Sovra candido vel, cinta d' oliva,

Donna m' apparve, ecc.

immediatamente dice: « Sed ad pleniorem cognitionem eorum, quae dicuntur hîc, et in << capitulo sequenti de istâ Beatrice, volo te scire, quod cùm quidam Fulcus Portinarius, <<<< honorabilis civis Florentiae, de more faceret celebre convivium Kalendis Maii, convocatis <<< vicinis cum dominabus eorum, Dantes tunc puerulus novem annorum, secutus patrem « suum Aldigherium, qui erat unus de numero convivarum, vidit casu inter alias puellas, « puellulam, filiam praefati Fulci, cui nomen erat Beatrix, aetatis VIII annorum, mirae « pulchritudinis, sed majoris honestatis; quae subito intravit cor ejus ita, quòd nunquam << postea recessit ab eo, donec illa vixit, sive ex conformitate complexionis et morum, sive «< ex singulari influentiâ caeli. Et cum aetate continuò multiplicatae sunt amorosae flammae; « ex quo Dantes, totus deditus illi, quocumque iret pergebat, credens in oculis ejus videre << summam felicitatem, pro quâ lacrymas, vigilias, et infinitas tulit poenas : tamen hic amor <«<< honestissimus semper fuit, ut nunquam apparuit signum libidinosi actus in amante, vel « amatâ. Hoc autem fuit certissimum pronosticum et augurium futuri amoris, quem habi« turus erat ad Beatricem sacram, ad quam erat pronus a naturâ. Ex his potes videre, quòd « Poeta aliqua dicit historicè, aliqua allegoricè de Beatrice suâ ». Lionardo Aretino (del

c

quale dice il Vellutello, che disse cose vere, e di sè stesso degne, biasimando molto in questa parte il poco avvedimento del Boccaccio), così in questo particolare parla : « Fu <«usante in giovinezza sua con giovani innamorati, ed egli ancora di simil passione occu« pato, non per libidine, ma per gentilezza di cuore: e nei suoi teneri anni versi d'amore <<< a scrivere cominciò, come veder si può in una sua operetta volgare, che si chiama « Vita Nuova ». Cristoforo Landino poi, dal Vellutello medesimo tassato per troppo stretto imitatore del Boccaccio, ecco quanto ne ragiona : « Nella sua prima età s'inna« morò d'una fanciulletta, figliuola di Folco Portinari, chiamata Bice, la quale egli poi « sempre chiamò per lo suo intero e diritto nome Beatrice ». Ma sentiamo di grazia quello che ne dica questo Alessandro Vellutello : « Usò nella sua gioventù con gioveni << innamorati, et egli ancora di simile passione fu oppresso, e specialmente per la sua Bea« trice, fino da' teneri anni, come egli stesso afferma nel trigesimo canto del Purgatorio. E « non per lascivia, ma per gentilezza e generosità d'animo, cominciò a scriver versi d'a« more, come si può vedere in quella sua operetta, intitolata Vita Nuova ». Il Daniello finalmente (per tralasciare gli altri, quando ve ne siano che non parlino altrimenti ) ancor egli il medesimo afferma : « Conversò nella sua gioventù con gioveni innamorati, « et egli ancora di simile passione fu oppresso per la sua Beatrice, non per lascivia, ma «<< per gentilezza e generosità d'animo ». Ho riferite così per appunto le parole di questi scrittori de' fatti di Dante, intorno a questo particolare, acciocchè non solo si veda, che l'uno scrittore ha copiato l'altro, non tanto in sustanza che in lettera, e che ciascuno di loro ha seguitato in questa parte il Boccaccio; ma ancora acciocchè dalle predette parole si veggia, che tutti concludono primieramente: Che Dante in età d'anni nove s'innamorò realmente della figliuola di Folco Portinari, nominata Bice, che era in età d' otto anni; per lei quelle cose facendo, che i giovani innamorati sogliono fare; in secondo luogo: Che questo libretto della Vita Nuova sia stato composto dal Poeta a solo oggetto di questo amore.

Che stima si debba fare dell' autorità de suddetti scrittori, i quali, avendo copiato l'uno dall' altro, non fanno autorità che per uno, io voglio farlo decidere ad altri; chè io per me non presumerò mai d'impugnare l'asserzione di coloro, che per l'antichità e pel sapere meritano piuttosto venerazione, che critica. Non tacerò bensì quello, che altri anno detto del Boccaccio, e spezialmente il soprannominato Vellutello, il quale così favella di lui: « Scrisse la Vita di Dante Giovanni Boccaccio, quasi in tragico stile, « tutta piena d'amorosi sospiri e lagrime, narrando leggerezze, parte finte, e parte augu«mentate da lui, e lasciando addietro le cose più gravi ». E di nuovo: « Scrisse la Vita a di Dante, piuttosto da poeta, come fece l'altre opere sue, che cercasse di dirne la vera « storia ». E quindi numera alcune cose vane ed inverisimili, quali sono: il sogno della madre di Dante avanti il parto; il cordoglio di esso per la morte di Beatrice, al rimedio del quale fu giudicato espediente i dargli moglie; l'avere egli scritto sette Canti avanti l'esilio, ed essergli di poi stati questi mandati, acciocchè egli proseguisse quell'opera; il ritrovamento degli ultimi Canti del Paradiso, fatto da Jacopo figliuolo di Dante, mediante l'essergli apparita l'ombra del padre già morto, e simili. Ora se il Boccaccio non già da istorico, ma da poeta ha scritto la Vita di Dante; dunque non solo nelle suddette vanità, o inverisimilitudini, ma in altre cose ancora si potrà dubitare della sua fede. Laonde si raccoglie chiaramente, essere ciascheduno in libertà di dire, intorno a' fatti di Dante, il suo sentimento. Questo non si può fare compiutamente, se non col ricercarne da Dante medesimo la verità delle cose; perciocchè a scrivere con fedeltà la vita d'alcuno, o bisogna essere vissuto al tempo di colui, di cui scrivere si vuole, ed avere con esso domesticamente conversato, ovvero fa di mestieri, con istudio e fatica dall' opere di quel tale, o da altri legittimi documenti, che autentici dichiarare si possono, le notizie ritrarne. Nè l' uno, nè l'altro, per quanto a me pare, ha eseguito il Boccaccio. In quanto al primo, egli fu incapace di poterlo fare, per avere appena sette

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