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Colloca fra' beati il famoso Abate Giovacchino e lo chiama

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Corre tuttavia certo suo libercolo ch'io vidi da giovinetto in Venezia illustrato d'intagli in legno dove sono predetti per via d' antonomasie e di simboli i Papi futuri; e perchè nel libro il Papa d'allora era nominato Pellegrinus Apostolicus, il profeta ebbe lode di veritiero. Infatti Pio VI. sperandosi d'indurre Giuseppe II. a ristarsi dalle riforme ecclesiastiche che impoverivano la curia pontificia viaggiò sino a Vienna con modestissima comitiva, e si ritornò a mani vuote; onde forse per consolarlo Vincenzo Monti segretario del suo nipote compose il poemetto col titolo di Pellegrino Apostolico. Che la profezia di Giovachino non abbia dato impulso e buone speranze a Papa Braschi di pellegrinare da Apostolo, non m'assumerei di giurarlo. Certo è che la fama di quel libricciuolo era santissima da più tempo sin dalla fine del secolo XVI, onde Montaigne che pur non era de' creduli aveva curiosità di vederlo. « Je voudrais bien avoir reconnu de mes yeux ces deux merveilles, le livre de Joachim Abbé Calabrois, qui prédisait tous les papes futurs, leurs noms et formes et celui de Léon l'empereur, qui predisait les empereurs et patriarches de Grèce." (Lib. 1. c. XI.) Pur non diresti che Dante alludesse a quelle profezie dacchè l' antichissimo fra' chiosatori e suo contemporaneo nota sotto quel verso: « E perchè disse in quelli trattati «<e scritti, che furo accettati per la chiesa, tanto perfettamente, «che puote esser chiamato il suo spirito quasi dotato di grazia « di profezia; ovvero perchè spuose il Daniello e li altri libri de' « Profeti, dice: Di spirito profetico dotato. » Men antico forse di più che cent'anni ma pur silenzioso anch'egli intorno al libro de' papi è il postillatore del Cod. Glenbervie, che giustifica in questo luogo Dante di aver collocato l'Abate Giovacchino fra' Teologi distinti e salvi in Paradiso, sebbene la di lui opera in confutazione dell'opinione di Pietro Lombardo sia stata condannata dalla chiesa nel concilio Lateranense IV sotto Papa Innocenzo III; e nota opportunamente che hic, quia ponit in divinitate non solum trinitatem, sed quaternitatem, est ab Ecclesia damnatus, ut in primo Decretalium; sed quia scripsit sedi apostolicæ, petens corrigenda esse que tractasset, et quod circa articulos Fidei ipse

tenebat quod Ecclesia catholica, solus tractatus est damnatus, ipse vero catholicus habitus (Edit. Rom. al Cant. XII. Parad.) Se non che forse il libro delle predizioni de' Papi futuri non era ancora uscito, quand' oggi parecchi l'accertano per fattura d'impostore più tardo d' assai di Giovacchino morto poco dopo il principio del secolo XIII; e fors' era ignota anche a' giorni di Dante. Fama di Profeta a ogni modo ei l'aveva anche dagli uomini che vissero a'tempi suoi. Sicardo vescovo di Cremona che viveva al tempo medesimo di Gioachino afferma (in chron. ad ann. 1194. Scrip. rer. Ital. vol. 7. p. 617) ch'egli ebbe veracemente spirito di profezia : « His temporibus quidam extitit Joachim Apulus Abbas qui spiritum habuit prophetandi et prophetavit de morte Imperatoris Henrici et futura desolatione Siculi Regni et defectu Romani imperii, quod manifestissime declaratum est. » Al contrario Ruggero Howden, che pur viveva al medesimo tempo, ne parla come d'un falso profeta, o venditor di menzogne ; e ne reca in prova la predizione ch'ei narra fatta da lui in Sicilia l'an. 1190 a Riccardo re d'Inghilterra e a Filippo re di Francia sul felice esito della guerra sacra per cui essi movevano. ( Ann. Anglic, ad ann. 1190.) San Tomaso d'Aquino non ne giudicò troppo favorevolmente dicendo (in IV Sent. Dist. 43. q. I. art. 3.) che « Gioachino aveva in alcune cose predetto il vero per sola forza di naturale intendimento e che in altre erasi ingannato. » Tiraboschi. vol. IV. p. 118. Molte sue profezie scritte a chiare parole e avveratesi per l'appunto dopo ch' egli mori sono recitate dalle opere di Giovachino dai gravi scrittori Bollandisti (Acta Sanctorum. Tom. VI. ad d. 29) dove il biografo di Giovachino è un Gesuita; però que' passi non sono da tenersi per genuini se non da chi potrà raffrontarli a que' Codici autografi su' quali si dice che le opere del profeta siano state stampate. Aggiungi che le profezie citate minacciano per lo più l'Imp. Federico II. e la Casa di Svevia nemica implacabile de' Papi, onde ne sospetta anche il Tiraboschi che raccolse il più di queste notizie e che pur è parzialisssimo alla santità di Giovachino e alle sue ispirazioni profetiche. Infatti dove all'espositore primitivo della Commedia citato dianzi basta di dire: Dante dice di spirito profetico dotato » perchè Giovachino spuose il Daniello e gli altri libri de' profeti » a taluni tornò meglio di asserire che Giovachino interpretava le profezie scritturali aggiungendone delle sue veracissime, e per prova si richiamano alle sue chiose sul testo di Geremia da

lui verso l'an. 1197 indirizzate all'Imp. Arrigo V. e dove gli predice che quand'ei finirà la vita insieme e il suo regno, due rivali sorgeranno a contrastar dell'Impero : Vide autem tu qui Vipera diceris (cosi parla ad Arrigo) ne te pereunte morteque prævento Imperii latera disrumpantur ; et aliqui quasi duæ viperæ ad apicem potestatis ascendant; et quasi alter Evilmerodach unus eorum obtineat, qui in brevi tempore a morsu regali retrocadat. Potevasi egli adombrar meglio lo stato dell'Impero dopo la morte d' Arrigo, la lunga guerra tra Ottone e Filippo, la morte di Filippo che rendette Ottone posseditore del trono, e l'abbatterlo che presto fece Federigo II, il qual finalmente rimase possessor dell'Impero? Tutte le quali cose avvennero alcuni anni dopo la morte di Giovacchino. Egli va innanzi ancora »-e così pure va innanzi il Tiraboschi del quale ho ricopiato le parole; ma fa pur meraviglia che di ciò gli spositori primitivi della Commedia non parlino, e dacchè in quelle chiose a Geremia si maltratta tuttavia Federigo nemico acerrimo de' Papi che non regnò se non dopo la morte del profeta, non sarà egli necessario di raffrontare gli originali se pur sono tuttavia da trovarsi di Giovacchino? Comunque si fosse era tenuto profeta per mezzo secolo e più innanzi che Dante nascesse; però sugli oracoli suoi poco dopo la metà del secolo XIII fu fondato il famoso Evangelio Eterno dai frati mendicanti, che facevano sedere san Francesco sulle rovine del trono di Cristo. Autore del nuovo Vangelo fu allora da molti ed è tuttavia creduto da alcuni un frate nominato Giovanni da Parma Generale de' Francescani e infamato col nome di empio dal padre abate Angelo di Costanzo illustratore del Codice Cassinense di Dante, bench' altri e fra questi il Tiraboschi ne lo scolpino e assegnino a Frate Giovanni anche il titolo di Beato, e per Beato anche l'abate Giovachino s'adora a di nostri. Benchè la chiesa non n'abbia mai riconosciuto i miracoli, tuttavia non s'oppose; e poco importava che ne' conventi delle congregazioni Benedettine un santo di più o di meno fosse predicato alla venerazione e alla credulità della moltitudine. Chi stesse alle parole del vecchio postillatore del Codice Cassinense dovrebbe a Giovacchino anche il titolo di pocta. Joachinus fuit olim Abbas Cisterciensis de Calabria: propheticus vir qui multa de Antichristo prænuncians dicit:

Cum decies seni fuerint et mille ducenti

Anni, qui nato sumunt exordia Christo,

Tum Antichristus næquissimus est oriturus.

<< L'epoca circoscritta in questi versi è quella medesima segnata nel famoso ed empio libro intitolato : Erangelium Eternum « che fu composto circa cinquant'anni dopo la morte del santo « Abate Giovachino; e fu attribuito a Giovanni di Parma, Gene«rale dei Minori, nel quale fra le altre cose si prediceva che il « Vangelo di Cristo sarebbe cessato all'anno 1260; ciò che è lo « stesso che predire la nascita dell' Anticristo. » (Costanz. ann. al C. X. Cod. Cass. Parad. XII. 140.)

<< Dal fin qui detto appare che le Profezie intorno a' Papi futuri apposte a Giovachino sono fattura più tarda dell' età di Dante, e ch'ei però non poteva alludere ad esse; e d'altra parte a quelle contro gl' Imperatori Ghibellini in favore della Chiesa ei non avrebbe voluto alludere, quand' anche fossero state veramente di Giovachino : finalmente, che quantunque Giovachino s'avesse da' suoi coetanei e da' posteri nome per lo più di profeta e talor d'impostore e talora di pazzo, a Dante parve di dover seguitare la fama più prevalente, e lo collocò fra' beati, e poscia i monaci Benedettini e i frati Gesuiti ne scrissero in guisa che s'abbia da venerarlo per santo...

Di fronte alle prime linee della pag. 89. ei segna quasi correndo :

"La dottrina di san Paolo era interpretata da Dante come tendente a illuminare il genere umano che Cristo redense non solo in un popolo, ma negli individui tutti d'ogni popolo non solo futuro e presente, ma anche passato.

«Era dottrina del Poeta che la provvidenza divina per mezzo di Troia preparò la potenza di Roma e la sede del Cristianesimo in quella città; e che i Pagani non erano se non ministri di Dio, ciechi per sè, ma assistiti dal lume naturale per cui furono salvi. La favola pagana proveniva quindi anch'essa da Dio ed era verità intrinseca sotto simboli utili a preparare il Cristianesimo.

« Al. VI. 50. del Purgatorio traduce e cita per testo teologico il verso dell' Eneide » Desine fata Deùm flecti sperare precando. Vedi anche ciò che Stazio dice a Virgilio e come altrove tempera con le parole e se licito m'è il nome di Sommo Giore dato a Dio.Mitologie pagane effigiate nel Monte del Purgatorio. XII. seg.

frammiste con le Scritturali, quasi le une e le altre fossero emblemi di verità mostrata all' universalità dei popoli sino dalla remotissima antichità per consiglio di Provvidenza divina. Esempi sacri seguiti da profani. Purg. VI. 153-e così al v. 100-e al C. XX. 16-32, dove un'anima ricorda la santa e virtuosa povertà di Maria madre di Dio; di Fabrizio; e di San Nicolò; e verso la fine del Canto l'ombra stessa avvisa Dante che di giorno lodano la virtù della povertà, e di notte biasimano con esempi tolti dalla Scrittura Sacra e dalla poesia pagana il vizio dell'avarizia. Nota poco dopo l'allusione a Delo e al parto di Latona La voce ch' esce per entro le fronde della pianta canta esempi di sobrietà due profani e tre sacri, etc., etc. »

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FINE DEL TOMO TERZO

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