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Spirital bellezza grande

Che per lo cielo spande

Luce d'amor (1);

essa che lo guida al Sol degli Angeli (2), a Dio, del quale il Sole degli uomini non è che un simbolo. « Sol corporalis illustrat exterius, sed Sol intelligibilis, qui est Deus, illustrat interius.... Unde ipsum lumen naturale animae inditum est illustratio Dei (3). Ipsum lumen naturale rationis participatio quaedam est divini luminis; sicut etiam omnia sensibilia dicimus videre et judicare in Sole per lumen Solis (4) ». Queste le parole che, l'immacolato Sole della Scuola pronuncia, recando l'autorità di Agostino; che, nel libro primo dei Soliloqui, dice: Disciplinarum spectamina videri non possunt . nisi aliquo velut suo Sole illustrentur, videlicet Deo. Così, molto opportunamente, illustra questo passo lo Zoppi (5), il quale poteva fra molti citare anche il Nazianzeno, che scrisse: « Idem in sensibus Solem esse, quod Deus in intellectibus. Ut enim hic (Deus) mentem, ita ille oculos illustrat (6) ».

Ma forse che la sola dottrina patristica doveva essere ispiratrice al Poeta di immagini sublimi, desunte dal simbolismo del mondo sidèreo? O ch'egli non sia degli stessi popoli barbari il culto reso al Sole e alle Stelle? Che se l'immagine della luce e delle

(1) Vita Nuova § XXXIV. << In questa seconda stanza, dice il Witte, (Anm, p. 36) citato dal d'Ancona, vediamo presentarsi già determinata la trasfigurazione di Beatrice, la quale nelle seguenti poesie seguita ad inalzarsi, e tocca al sommo nella Divina Commedia. E questi bei versi fan ricordare vivamente quei del Purg. XXX, 128-129 :

Quando di carne a spirto era salita

E bellezza e virtù cresciuta m'era ».

(2) Parad. Cant. I, v. 53.

(CARDUCCI).

(3) Summa. I, II, q. 109, a. I, ad 2. Convito. Trat. III, 12.

(4) Summa. I, 12, 11, ad 3.

(5) G. B. Zoppi. Il fenomeno e il concetto della luce studiati in Dante.

Discorso di pag. 78. Rovereto. Tip. G. Grigoletti, 1886.

(6) D. Gregorius. Orat. XXXIX.

Magistretti

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tenebre, a significare i prosperi casi e gli avversi è di tutti i popoli, (1) essa fu, più che ad altri, propria agli Ebrei, intesa nel senso mistico di luce eterna, di gloria, d'amore, di eternità rivelata : Non diurna Solis uteris amplius,

Noque ad illustrandam noctem Luna tibi illucebit:

Sed erit tibi Jehova aeterna lux;

Et gloria tibi erit Deus tuus.
Nec Luna tua sese retrahet;
Nam Jehova erit tibi aeterna lux,

Et dies moeroris tui desinent (2).

Concetto assai affine al simbolismo dantesco, che non confonde la immagine con la figura teologica, pur desumendo quella da questa.

Et pudebit Lunam, et erubescet Sol meridianus ;

Cum regnat Jehova exercituum.

In monte Zione et in Hierosolymis,

Et coram senioribus suis gloriose (3).

Se non che il linguaggio della profezia pare ispirarsi a più minacciosa vendetta, quando ê esclusa l'idea della luce siderea, della quale il peccatore si è reso indegno:

Cum extiguam te, obtegam Coelos,

Et Stellas corum atraho;

Solem nube involvam,

Nec splendorem suum emittet Luna:

Omnia Coeli lumina sopra te obscurabo,

Terramque tuam tenebris operiam, edicit Dominus Jehova (4).

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Conviene ora indagare quale affinità esista fra il concetto teologico biblico e la interpretazione poetica dantesca del mondo sidereo e come il Poeta abbia tuttavia saputo serbare tutta la originalità.

L'Alighieri, all' Amico fiorentino che gli offre il ritorno in patria a prezzo di ignominia, risponde: « E che? non potrò io da qualunque angolo della terra mirare il Sole e le Stelle? non potrò io sott'ogni plaga del cielo meditare le dolcissime verità ? » (1). Il sentimento di quei taciti splendori suscita nel suo spirito una pace di fede, d'amore, che l'odio degli uomini invano spera di turbare: l'estasi dell' indefinito lo avvicina sempre più all' infinito invisibile.

Chi leggendo le nobili e generose parole di Dante non ricorda quelle del profeta: Populus qui ambulabat in tenebris vidit lucem magnam, habitantibus in regione umbrae mortis lux orta est eis? (2). L'Alighieri vede in ciascun raggio che piove da quei mondi un'eco della soave promessa di Cristo: Ego sum lux mundi.... qui sequitur me non ambulavit in tenebris, sed habet lumen vitae. Ed ecco che i Cieli sono agli uomini un richiamo per sollevarsi, dalle cose, transitorie a Dio:

Mostrandovi le sue bellezze eterne,

E l'occhio vostro pure a terra mira;
Onde vi batte Chi tutto discerne (3).

Dai quali versi, avvertono il Daniello e il Venturi, ricavò il Petrarca felicemente :

Or ti solleva a più beata speme

Mirando il ciel che ti si volve intorno (4).

(1) Epist. X, 4.

(2) Isai. IX, 2. - Nella Scrittura Cristo è sovente chiamato la luce. E però, al Capo XLII, 6, è detto che il Signore, che ha chiamato il Salvatore nella giustizia, lo ha stabilito riconciliatore del popolo, e luce nelle nazioni: Surge, illuminare Jerusalem quia venit lumen tuum et gloria Domini super te orta est. (3) Purg. Cant. XIV, v. 149-151.

(4) P. I, canz. 39.

Ma per rendere più evidente questo concetto dell'influenza, che nelle anime atte ad intendere, esercita lo spettacolo del mondo sidereo, Dante ricorre alla bella similitudine del falconiero, che girando il logoro, richiama a sè il falcone. Appunto come fa

Lo Rege eterno con le ruote magne (1),

invitandoci a Sè per mezzo della maraviglia delle sfere celesti (2). Epperò, prima di salire al quarto cielo, che é del Sole, il Poeta divino discorre dell'ordine che pose Dio nel creare l'Universo; e lo disegna come il tacito invito dell'uomo, perché sempre abbia a desiderare di congiungersi alla Causa, che:

Onde :

Mosse da prima quelle cose belle (3).

Guardando nel suo Figlio con l' Amore,

Che l'uno e l'altro eternamente spira,
Lo primo ed ineffabile Valore,

Quanto per mente o per occhio si gira
Con tanto ordine fe', ch'esser non puote
Senza gustar di Lui chi ciò rimira (4).

(1) Purg. Cant. XIX, v. 63.

(2) Son dette i Santi giri, il paese sincero, il paese degli Angeli (Parød., II, 127; VII, 130; XX; XXII, 73); le Stelle (Parad,, II, 30; V, 97, 112; VII, 11; IX, 33; XIV, 86; XVII, 77; XVIII, 68) sono elerne margherite (Parad. X, 102), sono i Volumi – da volvere – (Parad., XXIII, 112; XXVI, 119; XXVIII, 14), i Cristalli (Parad. XXI, 25; XXV, 101), i Cerchi (Inf. 11, 78; Purg. I, 78; VII, 22; XI, 108; XXVII, 112, 144), i Gironi e Giri (Parad. II, 118; Purg. XXX, 33), Ruote superne, stellate, magne, eterne XI, 36: XXX, 109; Parad. 64), Volte divine (Purg, XXVIII, 104; Parad. XXVIII, 50); sono le scale dell'eterno Palazzo (Parad, XXI, 7, XXVI, 111), i gradi, formanti una sola scala (Parad. V, 128; IX, 117; XXXI, 47). Perfettissimo lavoro di analisi e di sintesi è stato fatto su i Cieli danteschi dal Poletto, (G. Poletto: Dizionario Dantesco. Vol. I, pag. 106-304) del quale mi sono molto giovato in questa indagine.

(3) Inf. Cant. I, v. 40.

(4) Parad. Cant. X, 1-6.

Purg. VIII, 18;

E appena il Poeta su la soglia della Celeste Sionne, che ammi

rato esclama :

La gloria di Colui che tutto muove

Per l'universo penetra e risplende (1).

Egli ravvisa nel movimento dei Cieli un ineffabile (2) desiderio di congiungersi a Dio:

Amor, che 'l ciel governi,

Tu 'l sai, che col tuo lume mi levasti (3).

Ascesa che abbaglia e che arde! Il Poeta vi si trasfigura: Tu lo vedi, o Signore, egli dice:

S'io era sol di me quel che creasti

Novellamente! (4).

Tutto si muta nella luce e per mezzo della luce dantesca: chi su la terra non è stato che onesto, diventa buono; chi non è stato che buono, diventa ottimo; chi non è stato che ottimo diventa santo, nel fuoco di quella Carità, che è Carità stessa di Dio :

Quando la ruota che tu sempiterni

Desiderato, a sè mi fece atteso

Con l'armonia che temperi e discerni,
Parvemi tanto allor del cielo acceso

Dalla fiamma del Sol, che pioggia o fiume

Lago non fece mai tanto disteso.

(1) Parad. Cant. I, v. 1-2. Gloria Domini plenum est opus eius. (Eccles. Cap. XLII). Molti commentatori illustrano il teologico aforismo, ricordando il seguente passo di Boezio:

O qui perpetua. mundum ratione gubernas

Terrarum caelique sator, qui tempus ab aevo

Ire jubes, stabilisque manens das cuncta moveri.

Trasumanar significar per verba

(Lib. III).

Non si potria.

(Parad. Cant. I, 70-71).

(3) Parad. Cant. I, v. 74-75. Preceptum Domini lucidum illuminans oculos (Ps. XII, v. IX)... Lucerna pedibus meis verbum tuum el lumen semitis meis.

(Ps. 118, v. 105).

(4) Parad. Cant. 1, v. 73-74.

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