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Però dai commentatori è giudicata assai più efficace la descrizione dello stesso fenomeno, che l' Alighieri fa al principio del Canto Nono; non meno per l'originalità dell' immagine che per la soave bellezza del colorito, così che pare tradurre la freschezza dei primi zefiri e la purezza delle prime visioni e delle prime armonie.

La concubina di Titone antico

Già s' imbiancava al balzo d'orïente

Fuor delle braccia del suo dolce amico:
Di gemme la sua fronte era lucente,

Ora rubor, rursusque evenit, ut solet aer
Purpureus fieri, cum primo aurora movetur,

Breve post tempus candescere Solis ab ortu.

E altrove aveva cantato della stessa aurora, chiamandola rubens, al sorgere di Titone antico dal rosso letto; e quindi rosea, quando già erasi accompagnata a Cefalo suo dolce amico: dalle cui braccia uscirà più tardi imbianchita il crine per troppo etade.

En aurora rubens venit ab seniore marito....

Nec Cephalus roseae praeda pudenda deae....

Aggiunge il Ponta: «Tale a mio parere è la vera sentenza del passo citato, ove il Poeta, seguendo il suo costume, descrive l'ora per due emisperi diversi. E come avviene delle spiegazioni più naturali, appiana ogni difficoltà, e nobilita il concetto dell' autore, senza farlo contraddire a sè stesso, o contorcere i suoi concetti e senza porre i lettori nell' imbarazzo di supporre che qui si parli, senza darne avviso, dell'aurora lunare, di cui mai si fece uso nella Commedia; e quindi si descriva doppiamente, ed invano l'ora stessa per lo stesso luogo: d' indovinare perchè Dante chiamasse freddo quello Scorpione che il suo maestro Virgilio avea detto ardens ». (M. G. Ponta: Opere su Dante. Pag. 209, cap. VIII. Milano. Resnati, 1845). Il Boccaccio ricopiò dal Poeta questa descrizione : L'aurora già di vermiglia cominciava, appressandosi il Sole, a divenir rancia. (Giorn. III). La iconologia medioevale dipinge il Carro dell'Aurora, recante una giovanile figura, ricoperta di rose, d'oro, di porpora, di rugiada. La sua veste è appunto di tre colori bianco, vermiglio e ranciato: candida cioè fino alla cintura, vermiglia fino alle ginocchia e di color d'oro sino ai piedi. Quell' immagine

Poste in figura del freddo animale

Che con la coda percuote la gente :
E la notte de' passi con che sale

Fatti avea duo nel luogo ov'eravamo,

E'l terzo già chinava in giuso l'ale (1).

Lo spettacolo dell'aurora ritorna spesso alla mente del Poeta, come quando ne dice, che all'apparire della chiarissima ancella del Sole:

'L ciel si chiude

Di vista in vista infino alla più bella (2).

La soave dolcezza di questa pace lucente aveva già l' Alighieri sentita nell' uscire dall' aura morta (3), ed espressa con quei leggiadri versi :

reca nelle mani una flaccola, emblema dell'albore mattutino. Il Pegaseo cavallo trascina quel carro; ma, più tardi, la tradizione vi aggiogò due palafreni splendenti, l'uno di color bianco, simbolo dell'albore antelucano; l'altro rosso, comecchè raffigura i vapori mattutini. (Boccaccio. Genealogia degli Dei, Lib. IV.

(1) Purg. Cant. IX, v. 1-9. - I commentatori dapprincipio disputarono se veramente si tratti quì dell'aurora lunare o della solare. Furono del primo avviso Benvenuto da Imola, Jacopo della Lana, il Postillatore del Codice Cassinese, il Buti, il Landino, il Daniello, il Venturi, il Portirelli. Il Perazzini, prendendo in esame l'argomento, giudica trattarsi dell'aurora solare e dice: Nell'oriente d'Italica spuntava il Sole mentre che al monte del Purgatorio non facevano che due ore e mezzo circa di notte (Correct. et Adnot. in Dantis Comoed. Veronae, 177, facc. 68, 69 e 70). Questa è l'opinione più comunemente accettata. Il Poletto la ammette (Dizionario Dantesco. Vol. I; Aurora, pag. 111); ma lo studioso potrebbe approfondire l'indagine consultando la dissertazione del Costanzo: Di un antico testo a penna della Divina Commedia di Dante, con alcune annotazioni sulle varianti lezioni e sulle postille del medesimo. Questa si trova nel Vol. V, (ved. pag. 210-217), in appendice a La D. C. di D. A. col Commento di B. Lombardi. (Padova. Tip. della Minerva, MDCCCXXII).'

2) Parad. Cant. XXX, v. 8-9. (3) Purg. Cant. I, v. 17.

Dolce color d'oriental zaffiro,

Che s'accoglieva nel sereno aspetto
Dell'aer puro in fino al primo giro,
Agli occhi miei ricominciò diletto! (1)

In quell' istante appunto :

L'alba vinceva già l'ôra mattutina

Che fuggia innanzi, si che di lontano
Conobbi il tremolar della marina (2).

E i due Poeti arrivarono :

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Dove la rugiada

Pugna col Sole, e, per essere in parte

Ove adorezza, poco si dirada (3).

Le apparizioni di Lucia, di Lia e di Beatrice avvengono in quell'ora tutta di pace, nell'alba che precede al giorno (4); in quell'ora nella quale :

in quell'ora :

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Prima raggiò nel monte Citerea,

Che di foco d'amor par sempre ardente (5):

Gli splendori antelucani,

Che tanto ai peregrin surgon più grati,

Quanto, tornando, albergan men lontani,

Le tenebre fuggian da tutti i lati,

E'l sonno mio con esse (6):

(1) Purg. Cant. I, v. 13-16.

(2) Purg. Cant. I, v. 115-117.

(3) Purg. Cant. I, v. 121-123. I Lami crede derivare adorezza da orezzo, e questo forse da aurezzo, cioè, luogo dove spira l'aurora, come è appunto dove è ombra (Adorezzare, voce registrata dal Vocabolario della Crusca), quivi la rugiada è più abbondante e duratura.

(4) Purg. Cant. IX, v. 52.

(5) Purg. Cant. XXVII, v. 94-96.

(6) Purg. Cant. XXVII, v. 109-113.

in quell'ora vide il Poeta :

La parte orïental tutta rosata,

E l'altro ciel de' bel sereno adorno,

E la faccia del Sol nascere ombrata,

Si che, per temperanza de'vapori

L'occhio lo sostenea Inga fïata (1).

Quanta e quale poesia di colori e di splendori saluta, nel Divino Poema, l'apparire dell'astro fulgidissimo:

Che mena dritto altrui per ogni calle (2).

Epperò il Monti, commentando la perifrasi Lo ministro maggior della natura, dice che : « Dante si alzò eminente fra tutti i poeti, racchiudendo in un sol verso la più magnifica lode di che mai possa esaltare il Sole l'immaginazione.... Metti ben dentro alla mente la grande idea della Natura, ed alla vista di questo suo grande ministro, che altamente seduto sul suo trono di luce distribuisce e vibra in tutta la creazione il moto e la vita, ti sentirai compreso di grandissima meraviglia » (3).

Bella la invocazione:

Tu scaldi 'l mondo, tu sovr'esso luci (4)!

E ad indicare, che col suo lume il moto ne misura (5), parla del movimento periodico, da occidente a levante, contrario alla rivoJuzione quotidiana del cielo stellato :

Per quelle strade

Che 'l Sole infiamma allor che quel da Roma
Tra' Sardi e' Corsi il vede quando cade (6).

(1) Purg. Cant. XXX, v. 22-27.

(2) Inf. Cant. I, v. 18. - Virgilio aveva detto:

Sol, qui terrarum flammis opera omnia lustras.

(Aenead. Lib. IV, v. 607).

(3) Ferrazzi. Manuale Dantesco. I, pag. 677.

(4) Purg. Cant. XIII, v. 19 e precedenti.

(3) Parad. Cant. X, v. 30.

(6) Purg. Cant. XVIII, v. 79-81.

I torrenti della luce Solare che, secondo la stagione, si versano

dall' infinito cielo su la terra, segnano altrettante foci (1):

Surge a' mortali per diverse foci

La lucerna del mondo (2).........

E poco più innanzi :

Fatto avea di là mane, e di qua sera

Tal foce; e quasi tutto era là bianco

Quello emisperio, e l'altra parte nera (3).

I quali passi commenta l' Antonelli, citato dal Poletto: «Dante suppone, poeticamente parlando, che l'Orizzonte serbi in tutta la sua estensione la proprietà d' intercettare i raggi solari, come l'ha nel suo centro, cioè per quel luogo della superficie terrestre da cui è determinato. Per questo dà il nome di foce ai vari luoghi dell'orizzonte medesimo, per i quali nel corso dell'anno fa tragitto il Sole, quasi fiume di luce, da uno ad altro emisfero. In questa maniera s' intende, come essendo tutto bianco l'emisperio celeste del Purgatorio (il terrestre non avrebbe potuto esserlo neppur a mezzogiorno), l'altra parte, cioè l'emisperio opposto, il cui colmo è sopra Gerusalemme, fosse tutta nera, dovendosi riferire a tal foce l'avverbio quasi, come attesta il fatto che il Sole aveva già una declinazione boreale di parecchi gradi, il perchè non sorgeva in quel dì per tal foce, che

(1) Così il Poletto: « Dal lat. faux, l'apertura, l'ingresso, l'uscita, Inf. XXIII, 129; Purg. XII, 112; XXII, 7; Parad. I, 37 ». E in calce aggiunge: « Nelle pagine ms., che sono al principio del volume, annotato dal Giuliani (legato all'autore), trovo scritto quanto appresso. Foce. - La State il Sole si vede in prima da quelle foci (e me le additava: così uno di S. Marcello, rivolgendosi ai monti delle Lari. Parad. I, 37. E il ch. P. Denza: « La regione celeste, cioè il punto specialissimo costituito in triplice nodo per l'intersezione dei quattro cerchi della sfera, Orizzonte, Equatore, Eclittica e Coluro degli equinozi, e ne ricava inauditi indicazione dal punto cardinale di Levante ». (Dizionario Dantesco. Vol. II, FOCE, pag. 382. Siena. Tip. S. Bernardino, 1886).

(2) Parad, Cant. I, v. 37-38.

(3) Parad. Cant. I, v. 43-45.

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