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Al qual proposito é bene che io trascriva le belle parole dello Zoppi : Unico è il lume di verità, tanto nell'ordine soprannaturale, perchè uno solo è il suo principio, Iddio; come è sempre quel medesimo il Sole, che della sua luce illumina il nostro occhio comunque si trovi collocato e disposto rispetto ad esso. È sempre luce di Sole quella che ci fa vedere, sia nel crepuscolo quando non appare sull'orizzonte, sia nel meriggio quando ci pende sfolgorante sul capo. La luce del Verbo che ci fa naturalmente intelligenti è la luce del crepuscolo, è un chiaror pallido e incerto, è una appartenenza del Sole piuttosto che il Sole medesimo; e per esso noi vediamo bensì, ma debolmente,' e distinguiamo imperfettamente le cose. Ma il Verbo che per grazia percepiamo nella sua personalità ineffabile è accrescimento sopran-' naturale di luce, che ci piove nell'anima, siccome quella del Sole che di mezzodi nella pienezza del giorno si mostra nella pompa del suo splendore. Allora non solo si rischiara la nostra vista, che si distende a scernere cose dapprima oscure ed ignote, ma si sente anche il caldo, si sente la vita di quel suo raggio benefico. E tale è pure il Sole divino. A quella guisa infatti che è opera del calore solare lo svolgersi degli organismi e il germinare delle piante e il maturar delle frutta, anche il Verbo, infondendo negli spiriti la forza di operare il bene accende in essi

......... Quel caldo

Che fa naseere i fiori e i frutti santi » (1).

La divina emanazione del bene non poteva essere intesa e tradotta con più viva potenza di immagine e di parola !

Ma non è limite all'orizzonte del genio: chè, più questo si eleva,, più si estende l' indefinito e indefinibile confondersi del confine terrestre col celeste, del celeste col terrestre. Gli splendidi sorrisi dell'aurora, le patetiche luci dei tramonti, i meriggi fulgenti, i raggi

(1) Parad. Cant. XXII, v. 47-48. G. B. Zoppi. Il fenomeno e il concetto della luce studiati in Dante, p. 65. - Discorso di pag. 78. - Rovereto.Tip. G. Grigoletti.

infocati della canicola non hanno esaurita la pittura poetica dell'Alighieri, la poesia della pittura divina che lo ha ispirato. Nè poteva sfuggire all'estasi e alla contemplazione un altro fenomeno solare, dell' iri; chè l'aere:

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E però, quando nei sette candelabri, il Poeta vuole descrivere il lume delle prime chiese diffuso nel mondo, e i frutti dello Spirito Santo, che le fiammelle lunghissime tracciano settiforme nell'aere, dice:

Si ch'egli sopra rimanea distinto

Di sette liste, tutte in quei colori,

Onde fa l'arco il Sole, e Delia il cinto (2)..

Con le quali ultime parole distingue l'iride dall'Alone, che appare più comunemente, intorno alla Luna, mentre quello è assai più proprio del Sole (3).

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(1) Purg. Cant. XXV, v. 91-93. vaporibus, piovorno, nel cod. Poggiali.

(2) Purg. Cant. XXIX, v. 76-78. Liste

osserva il Venturi : - «< Modo non dissimile in Lucrezio: Nocturnasque faces coeli sublime volantes Nonne vides longos flammarum ducere tractus? « (L. Venturi: Le similitudini dantesche. Il cielo e le sue apparenze, pag. 25. Firenze. Sansoni, 1874).

(3) Secondo che l'aria è più o meno densa di vapori, si disegna l'Alo o Halo nella accesa nebbia :

Io vidi più fulgor vivi e vincenti

Far di noi centro, e di sè far corona,
Più dolci in voce, che in vista lucenti.

Così cinger la figlia di Latona

Vedem tal volta, quando l'aere è pregno
Sì, che ritegna il fil che fa la zona.

(Parad. Cant. X, 64-69).

E più innanzi :

Due ghirlande di spiriti beati, una entro l'altra, girano intorno

a Dante :

Come si volgon per tenera nube

Du' archi paralleli e concolori,

Quando Giunone a sua ancella iube

Nascendo di quel d'entro quel di fuori (1).

E l'idea del sublime fenomeno solare ha così colpita la mente del Poeta da addurlo fino nella regione della Triade Santissima, della quale vuol darci un' immagine sensibile, servendosi appunto di quel

Forse cotanto, quanto pare appresso

Alon cinger la luce che 'l dipigne

Quando 'l vapor che'l porta più è spesso,
Distante intorno al punto un cerchio d'igne
Si girava sì ratto, ch'avria vinto
Quel moto che più tosto il mondo cigne.

E questo era da un altro circuncinto,

E quel dal terzo, e 'l terzo poi dal quarto,
Dal quinto 'l quarto, e poi dal sesto il quinto.

Sovra seguiva il settimo, sì sparto

Già di larghezza, che 'l messo di Giuno
Intero a contenerlo sarebbe arto.

Così l'ottavo e'l nono; e ciascheduno
Più tardo si movea, secondo ch'era
In numero distante più dall'uno.
E quello avea la fiamma più sincera,
Cui men distava la favilla pura ;
Credo però che più di lei s'invera.
(Parad. XXVIII, v. 22–39).

(1) Parad. Cant. XII, v. 10-13. - Più aggiustata similitudine non poteva trovarsi in natura dei due arcobaleni descritti sì limpidamente dal Poeta.... Nella Bibbia, del sacerdote Simone: Quasi arcus refulgens inter nebulas (Eecl. L. 8); e in Virgilio, di Iride che vola al cielo: Ingentemque fuga secuit sub nubibus arcum... (IX, 15). Ovidio: Nuntia Junonis varios induta colores (1, 270) », (L. Venturi. Le similitudini danlesche, pag. 21-23.Firenze. Sansoni, 1874).

fenomeno. Per accennare a Dio, niuna parola d'uomo seppe mai poeticamente alzarsi più di quella di Dante» (1). Più innanzi ci sarà dato osservare come l' Alighieri vincesse se stesso descrivendo il Punto Luminoso.

Nella profonda e chiara sussistenza

Dell'Alto Lume parvermi tre giri
Di tre colori e d'una contenenza;

E l'un dall' altro, come Iri da Iri,

Parea riflesso, e 'l terzo parea fuoco

Che quinci e quindi igualmente si spiri (2).

Degli eclissi l'Alighieri non fece un cenno (3), dicendo che su tale argomento fecero vani sproloqui i predicatori del suo tempo:

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(3) Dell'eclisse o oscuramento del Sole alla morte di Cristo parla, ac

cennando al mutarsi del sembiante di Beatrice:

Di quel color, che, per lo Sole avverso,

Nube dipinge da sera e da mane,
Vid' io allora tutto 'l ciel cosperso.

E come donna onesta, che permane
Di sè sicura, e per l'altrui fallanza,
Pure ascoltando, timida sì fane,
Così Beatrice trasmutò sembianza;
E tale eclissi credo che in ciel fue,
Quando pati la suprema Possanza.

(Parad. Cant. XXVII, v. 28-36).

Un dice che la Luna si ritorse

Nella passion di Cristo, e s'interpose,

Per che 'l lume del Sol giù non si porse:

Ed altri che la luce si nascose

Da sè; però agl' Ispani e agl' Indi,

Com' a' Giudei, tale eclissi rispose (1).

Epperò il Parenti così scrive al Lombardi: « La tumida scienza e la filosofica tracotanza sono subentrate alla schietta dottrina e alla sublime semplicità dell' Evangelo. Ne vuoi un esempio ? Havvi perfino chi, raccontando l'oscuramento avvenuto nella morte del Salvatore, per far pompa di cognizioni astronomiche, ne assegna per causa l' interposizione della Luna fra la Terra ed il corpo Solare; e non s'accorge che parla da ignorante e da bugiardo; imperciocchè sì fatto eclissi non avrebbe potuto essere che parziale: e il vero si è, che la luce si nascose per modo, che ogni paese, il quale avrebbe dovuto essere illuminato da Sole, rimase ottenebrato in quel tempo; e fu notte nel mondo universale, siccome gli storici sacri apertamente ci dicono: Obscuratus est Sol... Et tenebrae factae sunt super universam terram » (2).

Ricorderò finalmente come nel Poema, per metonimia, e cioè per traslato di causa ad effetto, il vocabolo Sole sia usato ad indicare l'anno (3) ed anco il giorno (4).

E del Sole non dirò più oltre.

(1) Parad. Cant. XXIX, v. 97-102.

(2) P. B. Lombardi. La Divina Commedia di Dante Alighieri. Vol. III, luogo citato nella nota precedente. Padova. Tip. della Minerva, 1822. (3) Dice Virgilio:

..... Assentirei un Sole,

Più ch' io non deggio, al mio uscir di bando.

(Purg, Cant. XXI, 101-102).

E cioè: Mi contenterei che il mio esilio dalla patria celeste si prolangasse un anno di più di quello che deve durare. Così pure aveva detto, parlando della parte Bianca:

Convien che questa caggia

Infra tre Soli.

(Inf. Cant. VI, v. 67-68).

(4) Conte Ugolino non lagrimò nè rispose:

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