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cità, vagheggiata appunto con l'ansia di che vede da lungo nell'oscurità della notte il lume della salvezza, al premio, che in un ascendimento lento, ma continuo, fa restituire in sè e in altrui l'amore dell'ordine.

Epperò, fino dal primo canto, un oceano di luce diffusa piove sulla mistica montagna e avvolge gli spiriti di gentile mestizia, di compassione, di speranza.

I' mi volsi a man destra, e posi mente
All'altro polo; e vidi quattro stelle

Non viste mai fuor ch'alla prima gente.

Goder pareva 'I ciel di lor fiammelle.

O settentrional vedovo sito,

Poichè privato se' di mirar quelle ! (1)

A proposito di queste quattro stelle disputarono molto i com ́mentatori, alcuni per determinare la cognizione astronomica del Poeta, altri il valore simbolico e allegorico. Le contestazioni scientifiche del Lombardi, del Baretti, che per il primo prese a considerare l'esistenza reale di quegli astri (2), del De Cesaris, del Portirelli, del Fracastoro, dell' Antonelli condussero ai seguenti risultati. Verso il polo antartico sono quattro Stelle nella costellazione del Centauro, detta la croce del Sud. Dante, da Marco Polo, che era stato di là della linea

(1) Purg. Cant. 1, v. 22-27. « La terra è fissa e stabile, ed è col mare il centro del cielo; e il cielo intorno a lei si volge: alla cui rivoluzione sono necessari due poli fermi, l'uno sovrastante alla terra nostra discoperta dal mare che dicesi polo nostro settentrionale e artico, al quale è vicino l'Orsa Maggiore, che volgarmente chiamano il Carro; l'altro si dice meridionale • antartico che mai non si vede. Conv.: Questi due poli, l'uno manifesto quisi a tutta la terra discoverta, cioè questo settentrionale; l'altro è quasi a tutta la discoverta terra celato, cioè lo meridionale ». Così commenta Pietro, cilando da prima Aristotele. (De coelo et mundo II).

(2) Giuseppe Boretti. Dissertazione contro il Saggio di Voltaire sui poeti epici. (In inglese).

equinoziale e del Tropico di Capricorno, e tornatone nel 1295, poteva averne contezza. Le tre Stelle, di cui è parola nel canto ottavo, forse sono le tre alfe della costellazione dell'Eridano, della Nave e del Pesce d'oro, che si trovano in opposizione alle quattro del Centauro, e dovevano essere, appunto la sera, nel sito occupato alle quattro del mattino. Ma le quattro dette eran già note e scritte nel Catalogo di Tolomeo; onde in tale interpretazione la prima gente sarebbero i primi osservatori del cielo che soli le videro, Arabi, Fenici, Caldei ed Egizii. Da una lettera del Fracastoro sappiamo che le quattro Stelle si vedono da Meroe e da ogni luogo che non sia più di quattordici a quindici gradi di qua della linea equinoziale. Il Tommaseo cita all'uopo Cicerone: Ecce stellae quas numquam ex hoc loco videmus (1).

Il valore simbolico-allegorico venne tosto riconosciuto il Poggiali, il Biagioli, lo affermarono e spiegarono, il Ponta collegò la significazione allegorica con l'astronomica; il che è noto uso di Dante. Il Tommaseo cita, ma non indica, un commento inedito nel quale è detto che le quattro virtù cardinali erano il retaggio dell'umanità innanzi a Cristo, le quattro teologali vennero in seguito. Cicerone pone l'onestà in quattro uffizi (2), e Pietro li numera a suo modo cogitationis, comitatis, magnanimitatis, moderationis.

Osserva il Ponta: Le quattro Stelle di cui godeva il polo antartico all'alba, come videle Dante al suo arrivo alle falde del Purgatorio, nella lettera non sono che Stelle vere, colà immaginate dal Poeta a somiglianza di queste dell'Orsa Maggiore; ma nell'allegoria significano le quattro virtù morali o filosofiche. Sono desse le virtù civili che perfezionando l'uomo lo rendono felice su questa terra; sono desse i frutti di nobiltà, l'ornamento dell'uomo onesto, e la causa della beata società. Catone, nobilissimo e onestissimo degli uomini, che tutte (al dire di Dante) le praticò in sommo grado, comparve in mezzo alle tenebre tutto splendore dei raggi di quelle, come se il

(1) Cicero. Somn. Crip.

(2) Cicero. De Osp.

Magistretti

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Sole a lui fosse davanti: il che non è altro che dirlo tutto adorno

degli splendori delle quattro virtù » (1).

E il Poeta appunto :

Li raggi delle quattro luci sante

Fregiavan si la sua faccia di lume,

Ch'io'l vedea, come 'l Sol fosse davante (2).

Al quale concetto corrisponde esattamente la sentenza dell' Ecclesiaste La sapienza dell'uomo riluce nel volto di lui (3); ond' è che egli riguarda disdegnoso quegli che risale il cieco fiume (4).

Le mistiche Stelle splendono il mattino nell'alto del cielo, prima ancora del levar del Sole, che, come abbiamo già osservato, significa la filosofia (5). Con che il Poeta vuol indicare che le virtù, morali o civili, devono essere l'esercizio precipuo dell'operato individuo e sociale, chè dall'azione individuale trae appunto vita e potenza il consorzio civile.

Al tramontare del Sole, cadono queste quattro Stelle e sorgono al loro posto tre altre, che sfavillano nell'azzurro silenzio della notte: sono le tre Stelle immaginate a somiglianza di queste dell'Orsa Minore; ma nell'allegoria rappresentano le tre virtù teologali, le quali soltanto giovano all'acquisto della beatitudine celeste. E per ciò qualche commentatore asserisce che tali astri compaiono la notte, quando il turbinio della vita materiale tace nel sopore della stanchezza, ma la mente dell'asceta, nella contemplazione e nell'adorazione, veglia e intende più profondo lo sguardo attraverso lo spettacolo del silenzio naturale,

(1) M. G. Ponta.

Nuovo esperimento sulla principale allegoria della Divina Commedia. II, Ediz. Cap. XIV, pag. 80. - Milano. Resnati, 1845.

(2) Purg. Cant. I, v. 37-39.

(3) Eccl. VIII, 1.

(4) Purg. Cant. I, v. 40.

(3) Un inno della Chiesa:

Jam lux refulget aurea:

Pallens facessat cæcitas:

Quae nosmet in præceps diu

Errore traxit devio.

inteso alla speculazione teologica, mercè la indefessa attività dello spirito, mercè l'esercizio delle tre virtù teologali.

Ma Virgilio, il quale non conosce che la legge fisica siderea, rimane indifferente dinanzi a questi fatti, che occupano tutta la mente di Dante.

Gli occhi miei ghiotti andavan pure al Cielo,
Pur là dove le Stelle son più tarde (1),
Sì come ruota più presso allo stelo.
E'l Duca mio: Figliuol, che lassù guarde?
Ed io a lui: A quelle tre facelle,

Di che 'l polo di qua tutto quanto arde (2).
Ed egli a me: Le quattro chiare Stelle,

Che vedemmo staman, son di là basse ;

E queste son salite ov'eran quelle (3).

Con che soavissima scena, tutta di cielo, il Poeta ha voluto farci assistere sensibilmente alla divina estasi delle anime capaci di meditare l'eterna verità! Altrove aveva detto: « Volle il nostro Signore mostrare che la contemplativa vita fosse ottima, tuttochè buona fosse l'attiva... Onde perciocchè le vertù morali paiono essere e sieno più comuni e più sapute e più richieste che l'altre, e vedute nell'aspetto di fuori, utile e convenevole fu più per quello cammino procedere, che per l'altro; chè così bene si verrebbe alla conoscenza delle api per lo frutto della cera ragionando, come per lo frutto del mele, tutto che l'uno e l'altro da loro proceda (4). Ma più innanzi il pensiero dell' Alighieri si

(1) Tarde. Vicino a tramontare, perchè il cerchio da girare [è più piccolo. Il Poeta non aveva veduto mai il polo antartico, dove le Stelle, come nel nostro, fanno in ventiquattr'ore un giro più corto delle altre.

(2) Axem... stellis ardentibus aptum. (Aen. IV). – Ardententem... auro. - (VII). (3) Purg. Cant. VIII, v. 85–93. Chiosa l'Ottimo: « Dov'era in sola conoscenza di virtù morale, ora è venuto sotto il governo delle tre virtù teologiche... Quando egli uscì dallo Inferno... Venus era nella parte orientale, che precedea il Sole, e il Carro era a tramontana: ora dov'era il Carro, sono queste tre Stelle: sì che è passato uno di artificiale ».

(4) Convito. Trat. IV, Cap. XVII.

manifesta in un' immensa luce di ascetismo religioso, e tanto da riuscire Poeta nella prosa: «Che noi domandiamo questa beatitudine per somma, e non l'altra, cioè quella della vita attiva, n'ammaestra lo Evangelio di Marco, se bene quello volemo guardare. Dice Marco, che Maria Maddalena, e Maria Jacobi, e Maria Salomone andarono per trovare il Salvatore al monimento, e quello non trovarono; ma trovarono un giovane vestito di bianco, che disse loro: Voi domandate il Salvatore, e io vi dico che non è qui: e però non abbiate temenza; ma ite e dite alli discipoli suoi e a Pietro, che ello li precederà in Galilea; e quivi lo vedrete, siccome vi disse (1). Per queste tre donne si possono intendere le tre sette della vita attiva, cioè gli Epicurei, gli Stoici e li Peripatetici, che vanno al monimento, cioè al mondo presente, che è ricettacolo di corruttibili cose, e domandano il Salvatore, cioè la beatitudine, e non lo trovano; ma uno giovane trovano in bianchi vestimenti, il quale, secondo la testimonianza di Matteo, ed anco degli altri, era Angelo di Dio. E però Matteo disse: - L'Angelo di Dio discese dal Cielo, e vegnendo volse la pietra e sedea sopr'essa, e 'l suo aspetto era come folgore, e le sue vestimenta erano come neve - (2). Questo Angelo è questa nostra nobiltà che da Dio viene, come detto è, che nella nostra ragione parla, e dice a ciascuna di queste sette, cioè a qualunque va cercando beatitudine nella vita attiva, che non è qui; ma vada e dicalo alli discepoli e a Pietro, cioè a coloro che il vanno cercando, e a coloro che sono sviati, siccome Pietro che l'avea negato, che in Galilea li precederà; cioè che la beatitudine precederà noi in Galilea, cioè nella speculazione. Galilea è tanto dire, quanto bianchezza. Bianchezza è un colore pieno di luce corporale, più che nullo altro; e così la contemplazione è più piena di luce spirituale, che altra cosa che quaggiù sia. E dice: - e' precederà e non dice e' sarà con voi - a dare ad intendere che alla nostra contemplazione Dio sempre precede; nè mai lui giugnere potemo qui, il quale è nostra beatitudine somma. E dice: - quivi lo

-

(1) S. Marc. Cap. XVI, v. 1-7.
(2) Matth., Cap. XXVIII, v. 2-3.

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