Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Che spezzate averian ritorte e strambe.
Qual suole il fiammeggiar delle cose unte
Muoversi pur su per l'estrema buccia;
Tal era lì da' calcagni alle punte (1).

Le fiammelle aleggiano su tutta la superficie inferiore del piede con infinito strazio e con tanta maggior vivezza, quanto più sembrano succhiare di male da questi corpi imbevuti di avarizia e di malvagità. Un fuoco fumiginoso e immondo attossica lo spazio e con le impure e dense emanazioni fa velo al cielo. Più rossa fiamma succia (2), guizzando (3) più viva sù quei corpi nei quali la colpabilità è maggiore.

Più in basso la pece, in che Dante vide immersi i barattieri, bollia non per fuoco, ma per divina arte (4).

Io vedea lei, ma non vedeva in essa

Ma' che le bolle che 'l bollor levava,

E gonfiar tutta, e riseder compressa (5).

Ed è troppo nota la similitudine dell' arsenale dei Veneziani, che il Poeta dovè aver veduto, perchè io la riproduca qui; solo ricorderò col Venturi che il Rucellai - chiamando navali l'arsenale - imito totalmente:

[blocks in formation]

Ma ancor qui l'idea della luce è tutt'affatto nascosta fra gli orrori dei tormenti descritti; così che il lettore, quasi tolto a sè stesso, spinge lo sguardo nella spaventevole voragine di Malebolge, la quale vede mirabilmente oscura (1). I peccatori miseramente avvolti nelle bollenti pane (2) del bollente stagno (3) e cotti dentro dalla crosta (4), destano un senso d' infinita pietà, alla quale fa contrasto la ridda infernale di Malacoda, Scarmiglione, Farfarello, Robicante, Draghinazzo, Alichino, Calcabrina, Cagnazzo, Ciriatto, Graffiacane, che, fra i lazzi e la menzogna, si aggirano, come vermi in una carne imputridita, ministri della tenebra e della maledizione.

Se non che, a quanto fin qui abbiamo osservato, parrebbe contraddire la descrizione che il Poeta ne fa della ottava bolgia, nella quale si inabissano per la gola del fosso le fiamme divoratrici dei consiglieri fraudolenti.

Quante il villan, ch'al poggio si riposa,

Nel tempo che colui, che 'l mondo schiara,

La faccia sua a noi tien meno ascosa,

Come la mosca cede alla manzara,

Vede lucciole giù per la vallea,
Forse colà, dove vendemmia ed ara;
Di tante fiamme tutta risplendea (5)
L'ottava bolgia; sì com' io m' accorsi,
Testo che fui là 've 'l fondo parea.
E qual colui, che si vengiò con gli orsi,
Vide 'l carro d'Elia al dipartire,
Quando i cavalli al cielo arti levôrsi,

(1) Inf. XXI, v. 6.

(2) Inf. XXI, v. 124. Pane per panie; (così chiama la bollente pece

del sesto fosso); l'uso anche il Boccaccio in un sonetto: Troppo invescato

in l'amorose pane. (Decam. § X, n. 6).

(3) Inf. XXII, v. 141.

(4) Inf. XXII, v. 150.

(5) Undique vasti Certatim crebris collucent ignibus agri. Lucet via longo Ordine flammarum; et late discriminat agros. (Aen., XI).

Magistretti

24

Che nol potea si con gli occhi seguire,

Che vedesse altro che la fiamma sola,
Sì come nuvoletta, in su salire; (1)
Tal si movea ciascuna per la gola

Del fosso: chè nessuna mostra il furto,

Ed ogni fiamma un peccatore invola (2).

Ma può ad alcuno essere nascosta la natura di questo fuoco furo? (3). A queste fiamme (4) è tolto ogni raggio, ogni splendore; così che Dante può fissare in esse lo sguardo e determinarne i moti, senza accennare mai a stanchezza dell'occhio. Mentre in quella vece le fiamme (5) del Purgatorio e del Cielo mandano a lui una soavissima luce che a mala pena può sostenere. Queste fiamme risplendono,

(1) Ecce currus igneus et equi ignei diviserunt utrumque; et ascendit Elias per turbinem in coelum. Eliseus autem videbat, et clamabat.... Et non vidit eum amplius.

[merged small][ocr errors][merged small]

(4) Fiamma, nel significato proprio: Inf. II, 93: III, 99; IX, 118; XIV, 33; XVI, 11; XIX, 33; XXIII, 39; XXVI, 31, 38, 42, 58, 68, 76 e 85; XXVII, 1 e 131. Purg. XXXII. 7; XXX, 33. Parad. XXIV, 146; XXVIII, 4. Dice, Stazio:

Al mio ardor fur seme le faville,

Che mi scaldar, della divina fiamma,

Onde sono allumati più di mille;

Dell'Eneida dico; la qual mamma

Fummi, e fummi nutrice poetando:

Sanz' essa non fermai peso di dramma.

(Purg. XXI, v. 94–99)

(5) Fiammeggiare è raggiare, splendere a guisa di fiamma. Ed ecco:

Lo Sol, che dietro fiammeggiava roggio.

(Purg. III, v. 16).

Dei candelabri che precedono il mistico carro, dice Dante:

ma come luciole giù per la vallea (1), e se pur sono un lume, egli non è tale che valga a dissipare le tenebre al viandante, e se pur sono un fuoco, esso non riscalda chi gli si avvicina. In mezzo a quelle parvenze d'un incendio che non abbrucia, di una luce che non irradia la via, Dante cammina illeso, senza accennare mai, come del resto aveva fatto nella bolgia dove cadeva la fiammella (2), a pericolo di sorta d'esserne offeso. Quelle anime vanno ravvolte in

Di sopra fiammeggiava il bello arnese
Più chiaro assai, che Luna per sereno,

(Purg. XXIX, v. 52-54).

E l'anima di Cacciaguida, interrogato da Dante, guizza d'uno splendore s vivo che par di fiamma :

Come s'avviva allo spirar de' venti

Carbone in fiamma, così vidi quella
Luce risplendere a' miei blaudimenti.

(Parad. XVI, v. 28-30).

E allorchè, nella visione del Paradiso Terrestre Beatrice, tien gli occhi rilucenti fissi in quelli del mistico Grifone, Dante esclama:

Mille disiri più che flamma caldi

Strinsermi gli occhi agli occhi rilucenti.

(Purg. XXXI, 118-120).

Così quando Beatrice prega i beati a volere un poco illuminare al Poeta l'intelletto:

Quelle anime liete

Si fêro spere sopra fissi poli,

Fiammando ferte a guisa di comete.

(1) Iuf. XXVI, v. 29.

(Parad. XXIV, v. 10–12).

(2) Inf. XVII, v. 33. Nel significato proprio Inf. XIV, 90.

-

E simigliante poi alla fiammella,

Che segue' fuoco là 'vunque si muta,
Segue allo spirto suo forma novella.

(Purg. XXV, 97).

<< La FORMA, chiosa il Venturi, è il nuovo corpo aereo, onde immagina il Poeta rivestite le anime dopo la morte: la qual forma (egli dice) segue lo

una fiamma che si muove con loro; a significare, dice Pietro, che i tristi consigli son faville di incendio. Epperò qui non vediamo che un simbolo di ciò che produce la scintilla della malizia umana, mentre la rigidezza proterva di chi tradisce l'amico, che si affida in lui, è dall' Alighieri tradotta in modo sublime per mezzo della freddezza di quelle strane fiamme senza calore e senza colore. Per intendere meglio tutto questo rivolgiamo il pensiero a Beatrice quale ci è descritta dal Poeta: « Dico che quando ella apparia da parte alcuna, per la speranza dell' ammirabile salute, nullo nemico mi rimanea, anzi mi giungea una fiamma di caritade, la quale mi facea perdonare a chiunque m'avesse offeso» (1). Quale contrasto di quella fiamma di carità, con queste fiamme del turpe egoismo! Una falsa apparenza d'amore e di avvedutezza ardente nella parola, nelle azioni non già, condanna tali miseri peccatori dentro le fiamme, in modo da esserne nascosti. A che dimostrare ricorre Dante alla similitudine del carro di fuoco che portò Elia in cielo; al quale Eliseo guardando, non vedeva nè il profeta, nè il carro, nè i cavalli, ma soltanto la fiamma, che qual nuvoletta saliva. Se non che in questi fuochi infernali non v' ha potenza d'ardore che manifesti le sensazioni; ma è il movimento della forma esteriore che rivela l' interna impressione :

[blocks in formation]
[ocr errors]

spirito, come la fiammella il fuoco. Similitudine tanto scolpita quanto semplice > Lo splendore: il chiarore d'una stella, Purg. 1, 25. - Le anime dei Beati, Parad. XXI, 136. - Fiammetta: Inf. VIII, v. 4; XIV, v. 90; Parad. XX, v. 148.

(1) Vila Nuova. II.

(2) Inf. XXIX, v. 88-89. « Due azioni devi distinguere nella flamma: la prima si è quella del crollarsi mormorando, prima che siansi le parole fatto il passaggio per uscire; la seconda quella che or dice, il menar qua e là la cima, a seconda del muoversi della lingua che parla (BIAGIOLI).

« ÖncekiDevam »