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Dante è intieramente assorto nella contemplazione del mondo aereo; il cielo non lo abbaglia; ma, se ritrae da quello lo sguardo, per posarlo sulla valle del dolore eterno, l'oscurità lo offende, ne soffre, ne muore se considera il modo col quale l'ha descritto il paganesimo, e, ispirata da questo, l'iconologia medioevale ; trova che la materialità del simbolo ha distrutta l'infinita idealità del concetto. Ben aveva Aristotele detto il Cielo padrone delle cose inferiori (1), e di esso Apollodoro scrisse: Primus Orbis imperio prefui: epperò l'ispirazione pagana, a rappresentare questo concetto, aveva scelto la figura d'un giovine in paludamento imperiale, turchino stellato, con lo scettro nella destra. E, a raffigurarne la perpetuità, attribuita dagli Egizi ad Urano, gli posero nella manca una fiamma che avvolgeva un cuore (2). Sulla mammella destra era figurato il Sole su l'altra la Luna, e l'altissimo cinghio serviva a rappresentare i segni dello Zodiaco. Fulgente di pietre preziose era la corona, d'oro erano le vesti. Erodio destina il Cielo a dimora degli Dei; e lo dice figlio della Terra (3); ma la teologia cristiana rifugge da questa maternità, e Dante, che ricorda come Cristo gettasse nella bocca di Satana che possedeva la terra un pugno di polvere, perchè di quella soltanto l'Angelo ribelle si tenesse padrone; Dante, contemplando dalla Terra il Cielo, ad esso assurge, librandosi come l'aquila sui maestosi vanni, e affisando negli azzurri spazi infiniti le stelle, la Luna:

Il ministro maggior della natura,

Che del valor del cielo il mondo imprenta. (4)

(1) Le Meteore. Lib. I, Testo 2.

(2) Coelum, quia ob perpetuitatem numquam senescat, corde picto signi

ficat, cui focus ardens subiectus sit. (Plutarco). Iside e Osiride.

(3) Tellus verum primum si quidem genuit parem sibi

Coelum stellis ornatum, ut ipsam totam oblegat,

Utque esset beatis diis sedis tuta semper. (Erodio. Teogonia)

(4) Paradiso, Cant. X, v. 28-29.

Nella Divina Commedia s'intende perchè Teofrasto chiamasse l'astronomia una filosofia avita: è la sapienza del cielo, dimora eterna degli avi, esuli gloriosi dapprima in questo soggiorno tenebroso : Praecipue vero fruentur ea, qui eum etiam cum has terras incolentes circumfusi erant caligine, tamen acie mentis dispicere cupiebant. (CICERONE). La luce è, così intesa da Dante, la figura della universalità della virtù divina: la scienza umana si sposa alla teologica, e la poesia, che, nella Teodia dell'Alighieri, pare un accessorio, si eleva alla sublime dignità del suo fine. Si direbbe avere Dante creato una scienza nuova, l'astroteodia, da sostituire all'astrologia medioevale; alla quale, pur obbedendo in quanto connaturata al suo secolo, era dal Poeta più nobilmente intesa: ragione per cui tentando di richiamare richiamare, s'intende a mo' di sintesi, gli studi del Ciccolini, del Giacomini, del Merian, del Lombardi, del Libri, del Poletto e d'altri e ordinare a sistema espositivo l'indefinita dottrina delle leggi astronomiche dantesche, diremo che esse possono intendersi così divise:

Cielo astronomico tolemaico;

Cielo astronomico mistico;

Il sole, la luna, le stelle;

Gli astri e la luce, considerati come simboli;

I fenomeni della luce.

Tale classazione non è che espositiva, poichè il Sole, in quanto è simbolo, va considerato a parte, come anima del Poema.

Il cielo astronomico della Divina Commedia è ormai stato studiato ed esposto dai commentatori, tanto che sarebbe superfluo il volerne fare di più d'un brevissimo cenno.

L'ordine dei pianeti è quello stabilito da Tolomeo, per il quale la Terra sta immobile nel centro. I nove Cieli, (1) secondo

(1) Iregevolissimo è l'articolo relativo voce Cieli compilato dal Poletto Dizionare Dantesco, vol. I, pag. 286-304. Siena. Stabilimento all' insegna di S. Bernardino, 1885); è diviso in cinque capitoli, nei quali l'autore, con profonda dottrina, espone i principi astrologici, astronomici e teologici che animano la divina trilogia. A mo'di saggio, ecco che dice l'autore a proposito delle relazioni tra l'uno e l'altro cerchio: « L'Empireo comprende tutMagistretti

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insegna la Scuola, sono concentrici, corporei e mobili intorno alla Terra, e tanto più veloci quanto più da essa lontani. « I raggi di ciascun Cielo sono la via per la quale discende la loro virtù in queste cose di quaggiù (1) ». I pianeti si girano nell'epiciclo del proprio Cielo ma il sole si gira intorno alla terra. L'Empireo, che è Cielo di pura luce incorporea, ed immoto, che solo amore e luce ha per confine (2) comprende gli altri nove cieli, e in esso Empireo è la Divinità, la quale in tutte partı impera e quivi regge (3), e qui è la dimora dei beati. La terra, che dall'uno emisperio è abiata dagli uomini, ha Gerusalemme ne! diritto mezzo di quello. L'altro emisferio inabitato, dopo la caduta che di su vi fece Lucifero precipitato dall'Empireo, è ricoperto dall'acqua, perciò che in cotal

to; dall'Empireo il Primo Mobile riceve la sua virtù, nella quale ha fondamento l'essere o l'essenza di tutte le cose che dentro l'ampio suo giro sono contenute. Ii cielo ottavo, quella virtù che riceve dal nono distribuisce nelle dette stelle, ciascuna delle quali è di essenza diversa e distinta da quel cielo, sebbene in essa contenuta. Gli altri sette cieli inferiori, ciascuno con le debite differenze, dispongono ai fini da Dio voluti le diverse virtù che hanno in sè le loro influenze. Questi Cieli sono ordinati in guisa, che diversamente infiuiti dal Cielo superiore, la ricevuta induiscono nel sottoposto (cf. Somm., I, 115, 3); ma è meglio sentire la divina poesia del nostro Autore (Parad.: II, v. 112-123) :

Dentro dal ciel della divina pace

Si gira un corpo, nella cui virtute
L'esser di tutto suo contento giace.
Lo ciel seguente, c'ha tante vedute,
Quell'esser parte per diverse essenze
Da lui distinte e da lui contenute.

Gli altri giron per varie differenze

Le distinzion, che dentro da sè hanno,
Dispongono a' lor fini, e lor semenze.
Questi organi del mondo così vanno,

Come tu vedi omai, di grado in grado,
Che di su prendono, e di sotto fanno ».

(1) Convito: Trat. II, cap. VII. - Mon. II, 2.
(2) Paradiso, Cant. XXVIII, v. 54.

(3) Inferno, Cant. I. v. 127.

punto la terra per paura di lui fè del mar velo (1) e si sporse dall'altro lato: Lucifero rimase fitto nel centro, al qual si traggon d'ogni parte i pesi (2) chè, oltrepassandolo, sarebbe in verso Dio risalito. Cotesta caduta aprì il baratro infernale; perocchè la terra per fuggir lui lasciò qui il luogo vuoto (3), e si rivolse in su a formar l'isoletta e la montagna di Purgatorio, sì che la Gerusalemme e il monte hanno un solo orizzonte, e diversi emisferi (4). S'innalza il Purgatorio a balzi, ovvero Cornici, che risegano il monte e si ristringono insino alla cima dov'è la Foresta divina del Paradiso terrestre. Nel cielo quieto dell'Empireo è dove gli eletti hanno i loro seggi, in forma di foglie di candida rosa e godono la visione beatifica di Dio, il quale è circondato dai nove ordini delle tre Gerarchie Angeliche. Quindi è che, immaginando nove cerchi concentrici, che raffigurano l'invisibile sfera di ciascun pianeta, il centro di questi cerchi rappresenta la Terra, divisa dal cielo della Luna, (5) dagli altri elementi (acqua, aria e fuoco). Il polo, allo Zenit dell'estrema punta dell'emisfero emerso, dell'asse che segna l'ubicazione dei singoli pianeti e dei loro singoli epicicli (6), è il Punto Luminoso, il centro dei nove cer

11) Inferno, Cant. XXXIV, v. (2) Inferno, Cant. XXXIV, v. (3) Inferno, Cant. XXXIV, v. (4) Purgatorio, Cant. IV, v.

(5) L'Autore dice, del Cielo della Luna, che è quel Ciel che ha minor li cerchi sui (Inf. II, 78). « Secondo il sistema Tolemaico, il primo Cielo, e il minore che si avvolge intorno alla Terra, fissa nel centro, è quel della Luna, dal quale, o dentro il quale può dirsi contenuta la Terra ». (Bianchi).

(6) Epiciclo, piccolo cerchio immaginato dagli antichi astronomi, il cui centro è in un punto della periferia d'un cerchio maggiore. « In sul dosso di questo cerchio (dell'equatore) nel cielo di Venere... è una speretta, che per sè medesima in esso cielo si volge; lo cerchio del quale gli Astrologi chiamano epiciclo; e siccome la grande spera due poli volge, così questa piccola... E in sull'arco ovver dosso di questo cerchio è fissa la lucentissima stella di Venere... L'epiciclo, nel quale è sita la stella, è uno cielo per se, ovvero spera; e non ha una essenza con quello che 'l porta, avvegnachè sia più connaturale ad esso che agli altri... » Convito. Tr. II, 4. Parad. Cant. VIII, v. 3.

chi, o ordini delle tre gerarchie che girano intorno a Dio. (Serafini, Cherubini, Troni, Dominazioni, Virtù, Potestà, Principati, Arcangeli, Angeli); i quali ordini celesti degli Angeli, dal primo interno all'ultimo ed esterno, esercitano un' azione su ciascuno dei Cieli, da quello del Primo Mobile fino all'ultimo, della Luna. Questa influenza del mondo celeste sull'ordine cosmico è immaginata da Dante insieme col sistema universale tolemaico, così che l'uno e l'altro si animano ad esprimere un concetto eminentemente poetico e mistico.

Epperò Dante, come osserva il Bonassuti, s'è giovato del sistema astronomico tolemaico per immaginare una scala mist ca (1) di virtù maggiori e minori, che l'infinita luce di Dio assorbe e confonde negli eterni splen lori della sua luce di carità, poichè :

Lo raggio della grazia, onde s'accende
Verace amore, e che poi cresce amando,

Multiplicato in te tanto risplende,

Che ti conduce su per quella scala,

U' senza risalir nessun discende (2).

Concetto degno del genio dell'umanità, nonchè d'un uomo : la gran scala degli splendori celesti, il cui primo gradino è il Fuoco, che consuma di su le piante ogni resto terreno, e ciascuno degli altri è un mondo di Vergini e di Angeli (Luna 1o cerchio), di Arcangeli (Mercurio 2o cerchio), di Amanti e di Principi (Venere 3° cerchio), di Teologi e di Podestà (Sole 4° cerchio), di Guerrieri e di Virtù (Marte 5 cerchio), di Re e di Dominazioni (Giove 6° cerchio), di Solitari e Troni (Saturno 7° cerchio), di Santi e Cherubini (Gemelli 8° cerchio), di Angeli e di Serafini (Primo Mobile (3) 9° cerchio). Ecco l'ab

(1) Luigi Bonassuti. Commento cattolico della Divina Commedia. Padova Tip. del Seminario. È detto nella Bibbia: Ibunt de virtute in virtutem ; videbitur deus Deorum in Sion. Sal. 83, 8.

(2) Paradiso, Cant. X, v. 82.

(3) Beatrice nel dimostrare a Dante quanto è debole la dottrina cui solo e guida l'umana ragione, definisce l'essenza del Primo Mobile:

E veggia vostra via dalla divina

Distar cotanto, quanto sì discorda

Da Terra 'l Ciel che più alto festina.

Purg. Cant. XXXIII, v. 89-91. e Parad. Cant. XXX, v 107-108.

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