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La luce, questo fenomeno immenso, che è legame e ornamento della natura, non varia che nelle sue impressioni; essa è sempre la stessa che era seimila anni sono. Che cosa verrà ad alterarla ? che a distruggerla? L'uomo, gli animali, i vegetali vivono di lei (1); nulla che è sulla terra contribuisce alla sua vita; essa attraversa i corpi più duri, e il diamante non è per lei che un cribro. Per la rifrazione alla quale va soggetta, incontrando i piani d'una superficie levigata, può, è vero, assumere direzione diversa da quella che le è propria: ma sussisterà finchè non sia distrutta la causa che la produce (2): epperò, in quanto facciamo astrazione da quest'ultimo concetto, essa è il simbolo di Dio: ond'è che l'Alighieri dice: «< Nullo

(1) Il Lavoisier, a proposito dell'influenza della luce che è tanta parte del benessere degli animali e dei vegetali, osserva : L'organisation, le mouvement spontané, la vie n'existent á la surface de la terre que dans les lleux exposés à la lumière. On dirait que la fable du flambeau du Prométhée etait l'expression d'une vérité philosophique qui n'avait pas échappé aux anciens. Sans la lumière la nature était sans vie, elle était morte et inanimée. Un dieu bienfaisant, en apportant la lumière, a repandu sur la surface de la terre l'organisation, le sentiment et la pensée.

(2) Nella prima metà dello scorso secolo si resero celebri nelle sperienze sulla natura della luce il Newton, il Marchese dell'Omaria, Il Nollet, le opere dei quali segnano i primi passi nell'indagine fisica di questo fenomeno sublime. (Mariotte, Traité de la lumière).

sensibile in tutto 'l mondo è più degno di farsi esempio di Dio che 'I Sole (1), lo quale di sensibile luce sè prima e poi tutte le corpora celestiali e elementali allumina; cosi Iddio sè prima con luce intellettuale allumina, e poi le celestiali e le altre intelligibili. Il Sole tutte le cose col suo calore vivifica, e se alcuna ne corrompe, non è dell'intenzione della cagione, ma è accidentale effetto: così Iddio tutte le cose vivifica in bontà, e se alcuna n'è rea, non è della divina intenzione, ma conviene per qualche accidente essere lo processo de lo 'nteso effetto » (2). L'idea stessa delle tenebre include virtualmente l'idea della luce: oscurità e splendore, cecità e forza visiva sono concetti opposti, ma pur sempre affini, tanto nel mondo della materia quanto in quello dello spirito; si avvicendano e pur si combattono, si vincono ad ora ad ora con varia sorte, ma non si distruggono mai. Il raggio solare irradia dalla superficie terrestre anche durante la notte, negazione della oscurità assoluta; e, come dalle profonde latebre del male, dalla regione stessa di Satana, sfavilla un raggio della potenza divina (3), così questo moto invisibile che regge la potenza visiva, s'agita ovunque non avvertito, ma avvertibile sempre. È forse possibile immaginare un mondo senza un raggio che

(1) Convito, Trat. III, 13. - S. Isidoro di Siviglia esplica nettamente la ragione per la quale la luce venne ad essere Simbolo di Dio Salvatore : • Splendor autem appellatur propter quod manifestat: lumen quia illuminat, lux quia ad veritatem contemplandam cordis oculos referat, sol quia illuminat omnes, oriens quia luminis fons et illustrator est rerum, et quod oriri nos facet ad vitam aeternam ». (Isid. Hispal, Origin. Lib. VII, cap. II). (2) Convilo, Trat. III, cap. XII.

(3) I Milton, accennando ad una credenza superstiziosa dell' antichità, nel descrivere :

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(Purg. Cant. V, v. 112) paragona lo splendore oscurato di Satana all'eclisse del Sole che riflette un sinistro crepuscolo sopra una metà della Terra e conturba i monarchi con lo spavento delle rivoluzioni. Questo passo sublimemente poetico, per poco impediva la pubblicazione del Paradiso Perduto, il quale era stato sottoposto alla revisione d'un tal dottor Tronkyns, incaricatone dal governo.

lo rischiari? Ma, d'altra parte, come avremo noi l'idea delle tenebre, per quanto relative, senza quella della luce?

Nessuna di queste considerazioni speculative poteva sfuggire all'Alighieri nella creazione del suo cosmo: anzi, nulla o ben poco si potrebbe intendere della trilogia dantesca, nel sidereo viaggio infino a Dio, quando non si avesse un'idea molto chiaramente determinata della natura della luce che illumina il meccanismo tecnico e poetico di essa. Luce che è, per così dire, interna e esteriore al Poema; interna, se si consideri rapporto all'invenzione e al significato teologico e letterale: esteriore, in quanto è una derivazione del Sole che si riverbera sui tre regni ultrasensibili, e serve ad indicare l'itinerario astronomico di Dante. Questa però è la classazione elementare di un'idea collettiva, generica, vagamente molteplice, che secondo la ragione aritmetica (1) e simbolica, si frange e suddivide in più specie simili, molto bene distinte e determinate. Per intendere ciò e per procedere ordinatamente, mi giovi ricordare il Corollario dantesco del Caetani: « L'anima umana, (Dante) smarrito l'amore e la cognizione di Dio (Selva oscura) (2), incontra i tre principali vizi o disordini di amore, (la lonza, il leone, la lupa). La madre di Misericordia (donna che si compiange dell'impedimento di Dante) chiama la Grazia illuminante (Lucia) acciocchè la scienza rivelata di Dio (Beatrice) muova la ragione filosofica (Virgilio) a soccorrere l'anima in quel suo smarrimento. La ragione filosofica dimostra all'anima la laidezza propria di tutte le colpe (Inferno) nelle quali incorre l'uomo uscendo fuori dalla via retta e camminando per la falsa (il procedere sulla sinistra); descrive i loro effetti morali (varia e materiale punizione delle colpe) e conchiude che la colpa è un disgiungersi eternamente dalla divinità (relegamento nel centro della terra). Però l'anima atterrita, uscendo fuori da questa

(1) A. Amati, Sulla Genesi della Divina Commedia. Bergamo, Gassuri e Gatti, 1875.

(2) Ho stimato opportuno riprodurre in corsivo le parole e le frasi che servono a dar maggior evidenza alla mia indagine.

profonda meditazione (dalla burella (1) a riveder le stelle) si lascia indirizzare dalla Ragione in su la via retta (il procedere a man diritta) e viene, pentita, ad intraprendere la penitenza (Purgatorio). Per la compiuta effettuazione della quale, la Ragione le dimostra onde nascano i sette vizi capitali, e come si purghino (punizioni degli spiriti purganti e loro atti di amore ordinato). Ma affine di entrare in via di penitenza (Lucia reca Dante a piè della porta del Purgatorio). Purgati i sette peccati mortali (passate le sette cornici) l'anima raggiunge lo stato di innocenza (Paradiso terrestre) per merito di vita attiva e contemplativa (Matelda). Ond'è fatta degna di conoscere nel senso dei libri Santi, la fondazione della Chiesa e la Storia di questa (Grifone, Carro, XXIV Seniori, ec.).

Venuta così in istato di grazia, l'anima più non s'affida alla Ragione filosofica «< che ha corte l'ali» (partenza di Virgilio) ma sibbene alla scienza rivelata da Dio (Beatrice) che ritrova tra le virtù teologali e cardinali (sette donne le quali hanno accompagnato lo stabilimento e procedimento della Chiesa di Gesù Cristo (tre dalla destra rota e quattro dall'altra del Carro). Fattasi l'anima seguitatrice della scienza rivelata, si leva con essa alla meditazione di tutte le cose create, e alla vera cognizione del Creatore (Paradiso). Considera i vari gradi di beatitudine (pianeti) e d'onde muovano le prime tendenze alle diverse virtù (influsso dei novi cieli): quali siano, da chi, e come derivino le cause seconde (motori angelici) e ciò che adoprino sulla terra. Prevede il trionfo finale di Cristo (visione del cielo stellato). Si perfeziona professando le tre virtù teologali (S. Pietro, S. Giacomo, S. Giovanni), conosce il seggio e l'eterno godimento dei beati (Candida Rosa) e impetrando per mezzo della Vergine, (grazia sovrabbondante), ficca gli occhi nel Mistero della Trinità. E nella visione beatifica di Dio finisce tanto il letterale quanto il senso

(1) La cavernosa burella è il lungo vóto estendentesi dal centro terrestre sino all'isola del Purgatorio, che sorge al colmo dell'emisfero australe acqueo e quindi agli antipodi del monte di Sionne.

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