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O questa è a udir sì cosa nova,
Rispose, che gran segno è che Dio ťami:
Però col prego tuo talor mi giova.

E cheggioti per quel che tu più brami,
Se mai calchi la terra di Toscana,
Ch' a' miei propinqui tu ben mi rinfami.
Tu li vedrai tra quella gente vana
Che spera in Talamone; e perderágli
Più di speranza, ch' a trovar la Diana.

Ma più vi metteranno gli ammiragli.

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RINFAMI. Ch' io non son dannata.

VANA (Inf., XXIX, 41). — TalamONE. Per avere, il porto di Talamone comprato nel 1303 dai monaci di Montamiata per novecento fiorini, castello al fine della Maremma, si credono già uomini di mare. L'Ott.: Perocchè il porto è profondo, e sarebbe di grand' utile, se fosse abitato da genti, li Sanesi v' hanno consumata molta moneta in rifarlo più volte, e mettervi abitanti : poco giova, perocchè l'aere inferma non vi lascia multiplicare gente. PERDERÁGLI. Ci perderà. DIANA. Credevano anticamente vi fosse un fiume sotterra, e molti cavarono indarno. Anco ai tempi di Dante (Tommasi, p. I, p. 53). METTERANNO. Più vi rimetteranno coloro che saranno mandati ammiragli del nuovo porto.

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Ugo da s. Vittore, posto in cielo da Dante, e citato da Pietro figliuol di lui, dice: Superbia aufert mihi Deum, invidia proximum, ira me ipsum. Alla superbia dà il P. tre canti, all'invidia due e mezzo, uno e mezzo all'ira. Qui trova due Romagnuoli illustri, e parla loro dei vizii delle toscane rep., ed essi rammentano a lui il declinare delle nobili schiatte di Romagna.

Qui si vede più chiaro che altrove come la libertà voluta da Dante fosse una democrazia aristocratica, difesa e vendicata al bisogno dalla lontana monarchia. Non mai come qui la geografia è si poetica. La politica alla morale s' innestano con arte rara. Poesia vera la fine.

Nota le terzine 1, 2, 3, 5, 6, 7, 9, 11, 12, 13, 16; la 19 alla 23; la 25, 29, 35, 37, 38, 39; la 41 alla 46; le due ultime.

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I.

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Chi è costui che 'l nostro monte cerchia

Prima che morte gli abbia dato il volo,
E apre gli occhi a sua voglia e coperchia?
Non so chi sia; ma so ch' ei non è solo.
Dimandal tu che più gli t'avvicini,

E dolcemente, sì che parli, accôlo.

Così due spirti, l'uno all' altro chini
Ragionavan di me ivi a man dritta:
Poi fêr li visi, per dirmi, supini;

E disse l'uno: o anima che fitta
Nel corpo ancora, inver lo ciel ten vai,

AccÔLO. Côle, per

NOSTRO. Parla Rinieri ad un altro Romagnuolo, volens demonstrare (dice il Cod. Caet.) quod in Romandiola maxime regnabat invidia. SOLO (c. III, 47): Costui ch'è meco, e non fa motto. cogliele è nel Sacch.; cómi per coglimi nella Tancia. SUPINI (c. XIII, 103): Lo mento a guisa d'orbo in su levava. UNO. Guido. DITTA. Di'. Petr. (c. 28): Colui che del mio mal meco ragiona Mi lascia in dubbio, sì confuso ditta.

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II.

Per carità ne consola, e ne ditta

Onde vieni e chi se': chè tu ne fai
Tanto maravigliar della tua grazia
Quanto vuol cosa che non fu più mai.
Ed io: per mezza Toscana si spazia
Un fiumicel che nasce in Falterona,
E cento miglia di corso nol sazia.

Di sovr' esso rech' io questa persona.
Dirvi ch'ï' sia, saria parlare indarno;
Chè 'l nome mio ancor molto non suona.
Se ben lo 'ntendimento tuo accarno
Con lo 'ntelletto (allora mi rispose
Quei che prima dicea) tu parli d' Arno.
E l'altro disse a lui: perchè nascose
Questi 'l vocabol di quella riviera
Pur com' uom fa dell'orribili cose?

E l'ombra che di ciò dimandata era,
Si sdebitò così: non so; ma degno
Ben è che 'l nome di tal valle pera.

Chè dal principio suo (dov'è sì pregno
L'alpestro monte ond' è tronco Peloro,

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6. SPAZIA. Ott.: Perocchè non va a diritta linea. FALTERONA. Monte dell'Apennino presso Romagna, dove avevano signoria i conti Guidi. - CENTO. G. Vill. (I, 43), dice il corso dell' Arno essere di spazio di miglia centoventi.

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SOVR'. Inferno, XXIII: I fui nato e cresciuto Sovra 'l bel fiume d' Árno. Quando e' scriveva l'Inferno non anco gli odii e i dispregi erano così fieri. Qui non nomina Firenze; come Polinice in Istazio domandato chi fosse non nomina il padre. Così nella lett. ad Enrico VII, e' non la nomina se non dopo averla con mille titoli di vituperio indicata. PERSONA. Conv. (I, 3): Nel cospetto de' quali non solamente mia persona invilío, ma di minor pregio si fece ogni opera SUONA. Petr.: Volentier saprei Chi tu sei ... L' esser mio, gli risposi, non sostene Tanto conoscitor, chè così lunge Di poca fiamma gran luce non vene,

...

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ACCARNO. Il Petrarca disse incarnare col pensiero l'immagine d'un bel viso. SDEBITÒ. Ar. (XIX, 108): E si domanda l' un con l' altro il nome, E tal debito tosto si ragguaglia. PERA. Frase bibl.: Pereat nomen ejus.

PREGNO. Eminente. Dice il Ferrario dell' Apennino: Excelsus maxime inter agrum Parmensem et Lucensem (Lex geogr.). MONTE. L'Apennino taglia l'Italia: di là sgorgano molti fiumi : e' divide Lombardia da Toscana, va fino in Calabria. PELORO. Promontorio di Sicilia ora tronco dall'Apennino, e faciente un tempo con lui tutto un monte, quando la Sicilia era attaccata all'Italia (Virg., III, 414-7): Haec loca, vi quondam ... Dissiluisse ferunt, quum protenus

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Che 'n pochi luoghi passa oltra quel segno)
Infin là 've si rende per ristoro
Di quel che 'l ciel della marina asciuga,
Ond' hanno i fiumi ciò che va con loro,
Virtù così per nimica si fuga

Da tutti come biscia, o per sventura
Del luogo o per mal uso che li fruga.
Ond' hanno sì mutata lor natura

Gli abitator della misera valle

Che par che Circe gli avesse in pastura.
Tra brutti porci più degni di galle
Che d'altro cibo fatto in umano uso,
Dirizza prima il suo povero calle.

Botoli trova poi venendo giuso,
Ringhiosi più che non chiede lor possa,
E a lor disdegnosa torce 'l muso.

Vassi caggendo; e quanto ella più 'ngrossa,
Tanto più trova di can farsi lupi
La maladetta e sventurata fossa.
Discesa poi per più pelaghi cupi,

utraque tellus Una foret. OLTRA. Nella Campania l'Apennino è più alto. Luc.: Umbrosis mediam qua collibus Apenninus Erigit Italiam, nullo qua vertice tellus Altius intumuit, propiusque accessit Olympo. Mons inter geminas medius se porrigit undas Inferni Superique maris, collesque coercet... Colles Siculo cessere Peloro.

LA. Fino al mare dove Arno si rende per ritornare l'acqua salita dal mare in vapore, OND'. I fiumi hanno dal cielo le acque loro. E vuol dire: dalla sorgente alla foce d'Arno non è virtù. Dirà poi nel c. XVI che tra 'l Po e l'Apennino e 'l Reno e 'l mare, non è bene alcuno. Le due pitture geografiche e politiche si rincontrano.

LUOGO. Cic. (Leg., Agr.): Non ingenerantur hominibus mores tam a stirpe generis ac seminis quam ex iis rebus quae ab ipsa natura loci et a vitae consuetudine suppeditantur, quibus alimur et vivimus. Carthaginienses fraudulenti et mendaces, non genere sed natura loci ... ad studium, fallendi, vocabantur.

CIRCE (Inf., XXVI).

PORCI. I conti Guidi di Romena, denominati di Porciano: dati alla venere, dice Pietro. E forse in genere tutto il Casentino. Boet.: Foedis immundisque libidinibus immergitur? sordidae suis voluptate detinetur.

BOTOLI. Aretini che latrano a'vicini, ma senza forza. Boet.: Ferox atque inquies linguam litigiis exercet? cani comparabis.

LUPI. Avari Fiorentini. In una canzone la chiama lupa rapace. Boet.: Avaritia fervet, alienarum opum violentus ereptor? lupi similem dixeris.

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Trova le volpi sì piene di froda
Che non temono ingegno che le occúpi.
Nè lascerò di dir perch' altri m' oda.
E buon sarà costui s' ancor s' ammenta
Di ciò che vero spirto mi disnoda.

I'veggio tuo nipote che diventa
Cacciator di quei lupi in su la riva
Del fiero fiume, e tutti gli sgomenta.

Vende la carne loro essendo viva:
Poscia gli ancide come antica belva.
Molti di vita e sè di pregio priva.

Sanguinoso esce della trista selva:
Lasciala tal che di qui a mill' anni
Nello stato primaio non si rinselva.

Com' all' annunzio de' futuri danni
Si turba 'l viso di colui ch' ascolta
Da qualche parte il periglio l' assanni;
Così vid' io l'altr' anima che volta
Stava a udir, turbarsi e farsi trista
Poi ch' ebbe la parola a sè raccolta.

Lo dir dell' una, e dell' altra la vista
Mi fe voglioso di saper lor nomi;

E dimanda ne fei con prieghi mista.

VOLPI. Pisani, pieni di maliziose cautele. Boet.: Insidiator occultis surripuisse fraudibus gaudet? Vulpeculis exaequetur. Il medesimo: Qui, probitate deserta, homo esse desierit, quum in divinam conditionem transire non possit, vertatur in belluam. Nella lettera ad Enrico VII volpe è chiamata Firenze. OCCUPI. Sorprenda. Virg.: Jacentem Occupat. E pure Pisa con Arezzo erano città ghibelline. Ma ai fatti non ai nomi badava il P. Nel 1309 Arezzo gui data da Uguccione si lasciò sconfiggere da Firenze (Vill., VIII, 119).

ALTRI. Guido parla a Rinieri da Calboli; e ora sta per dire d'un suo nipote indegno, Fulcieri da Calboli.

NIPOTE. Rettor di Firenze, nel 1303 al tempo della espulsione de' Bianchi; vicario di Roberto poi; nel 1315 esiliò di nuovo il P. Corrotto da' Neri fece carcerare ed uccidere parecchi Bianchi. - FIERO. Altrove chiama selvaggia la parte

di Vieri. E di qui si conferma come l'idea delle fiere sia simbolo politico. QUALCHE. Ascolta che il periglio da qualche parte l'assanni. Petr.: M'agghiaccio dentro in guisa d' uom che ascolti Novella che di subito l'accora. Com' uom che teme Futuro male, e trema anzi la tromba Sentendo già dov' altri ancor nol preme.

ALTR'. Rinieri.

hanno ricolte.

Tomo II.

...

RACCOLTA. Intesa e compresa. Paradiso: Le nuove note

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