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II.

All' altro polo, e vidi quattro stelle
Non viste mai fuor ch' alla prima gente.
Goder pareva 'l ciel di lor fiammelle.
O settentrional vedovo sito

Poi che privato se' di mirar quelle !
Com' io dal loro sguardo fui partito,
Un poco me volgendo all' altro polo
Là onde 'l Carro già era sparito,

Vidi presso di me un veglio solo,

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QUATTRO. Le virtù cardinali, dice Pietro; e lo dichiara il P. stesso nel canto XXX. PRIMA. Da Adamo e da Eva che abitarono il paradiso terrestre. Verso il polo antartico son quattro stelle nella costellazione del Centauro, dette la Croce del sud. Dante da Marco Polo ch'era stato di là della linea equinoziale e del tropico di Capricorno, e tornatone nel 1295, poteva averne contezza. E le tre stelle di cui dirà nel c. VIII, potrebbero esser le tre Alfe delle costellazioni dell' Eridano, della Nave, del pesce d'Oro, che si trovano in opposizione alle quattro del Centauro, e dovevano essere appunto la sera nel sito occupato dalle quattro al mattino. Ma le quattro dette eran già note e scritte nel catalogo di Tolomeo: onde in tale interpretazione la prima gente sarebbero i primi osservatori del cielo che soli le videro, Arabi, Fenicii, Caldei, ed Egizii. Da una lettera del Fracastoro sappiamo che le quattro stelle si veggon da Meroe e da ogni luogo che non sia più di quattordici a quindici gradi in qua dalla linea equinoziale. Io per me credo potersi la spiegazione astronomica collegare con l'allegorica, ch'è noto uso di Dante. Un comentatore inedito osserva qui, che le quattro virtù cardinali erano il retaggio dell' umanità innanzi a Cristo, le tre teologali poi.

SITO. Pietro qui cita Aristotele (II, De coelo et mundo): Terra est fixa et stabilis, et est cum mari centrum coeli, et coelum circum eam volvitur. Ex cujus revolutione necessarii sunt duo poli firmi : unus imminens terrae nostrae detectae a mari, qui noster polus dicitur septentrionalis et arcticus, cui vicina est Ursa major, quam vulgo vocant Currum (V. terz. seg.). Alius dicitur meridionalis et antarcticus qui nunquam videtur. Convivio: Questi due poli, l'uno manifesto, quasi a tutta la terra discoverta, cioè questo settentrionale : l' altro è quasi a tutta la discoperta terra celato, cioè lo meridionale. Virg.: Hic vertex nobis semper sublimis: at illum Sub pedibus Styx atra videt, Manesque profundi.

VEGLIO. Catone, simbolo della virtù, dice Pietro, e dell' onestà. Lo pone in principio del Purgatorio accennando al virg.: Secretosque pios, his dantem jura Catonem. Luc.: Nam cui crediderim Superos arcana daturos magis, quam sancto, vera, Catoni? Sen. a Lucilio: Catonem certius exemplar viri sapientis nobis Deos dedisse. Di Catone, vedi s. Ag. (C. D., I, 23). Un antico comentatore inedito (Bibl. Laurenz., Plut. XC della Gaddianea sup. cod. 115) dice: Tutta questa cantica è costrutta in costumi; e però parla qui di Catone come d'uomo costumato e virtuoso, perocchè Cato fu padre di costumi, e massimamente delle virtù cardinali. Queste smodate lodi della virtù di Catone danno a conoscere l'opinione del tempo, e dichiarano l'idea del P. Nel

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Degno di tanta reverenza in vista
Che più non dee a padre alcun figliuolo.
Lunga la barba e di pel bianco mista
Portava a' suoi capegli simigliante,
De' quai cadeva al petto doppia lista.
Li raggi delle quattro luci sante
Fregiavan sì la sua faccia di lume
Ch'io 'l vedea, come 'l sol fosse davante.
Chi siete voi che contra 'l cieco fiume,
Fuggito avete la prigione eterna,
Diss' ei, movendo quell' oneste piume?

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Chi v' ha guidati? o chi vi fu lucerna
Uscendo fuor della profonda notte
Che sempre nera fa la valle inferna?

Son le leggi d' Abisso così rotte?
O è mutato in ciel nuovo consiglio,
Che dannati venite alle mie grotte?

Lo duca mio allor mi diè di piglio,
E con parole e con mani e con cenni,
Reverenti mi fe le gambe e 'l ciglio.

Poscia rispose lui: da me non venni;
Donna scese dal ciel, per li cui preghi
Della mia compagnia costui sovvenni.

Ma da ch'è tuo voler che più si spieghi
Di nostra condizion, com' ell' è vera,
Esser non puote 'l mio ch' a te si nieghi.

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Conv. egli dice: Che nullo uomo terreno più degno fu di seguitare Iddio, di lui. Veglio lo chiama: ma e' morì di cinquant'anni. SOLO. Simbolo di rara virtù o di raro misfatto (Inf., IV, XII).

LISTA. Men bello l'Ar.: I crini ha bianchi, e bianca la mascella Di folta barba che al petto discorre.

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QUATTRO. Cic. (Off.), ripone l'onestà in quattro uffizii. E Pietro di Dante li numera a suo modo: Cogitationis, comitatis, magnanimitatis, moderationis. FACCIA. Eccl., VIII: Sapientia hominis lucet in vultu ėjus.

FIUME. Il ruscello del c. XXXIII. - PIUME? Inf., III: Quinci fur quete le lanose gote Al nocchier. Petr.: Le penne usate Mutai per tempo e la mia prima labbia.

...

SEMPRE. Virg. Umbras Erebi noctemque profundam. Aeternam noctem.
GROTTE? Scogli (Inf., XXXIV).

PIGLIO (Inf., IX). E' gli chiude gli occhi con le mani alla vista della Gorgone.

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Questi non vide mai l'ultima sera,
Ma la sua follia le fu sì presso
per
Che molto poco tempo a volger era.
Sì com' i' dissi, fu' mandato ad esso
Per lui campare, e non c'era altra via
Che questa per la quale i' mi son messo.
Mostrať ho lui tutta la gente ria,
Ed ora 'ntendo mostrar quegli spirti,
Che purgan sè sotto la tua balia.

Com'i' l'ho tratto saria lungo a dirti.
Dell' alto scende virtù che m' aiuta
Conducerlo a vederti e a udirti.

Or ti piaccia gradir la sua venuta;
Libertà va cercando ch'è sì cara,
Come sa chi per lei vita rifiuta.

Tu 'l sai, che non ti fu per lei amara
In Utica la morte, ove lasciasti

La veste ch' al gran dì sarà sì chiara.

Non son gli editti eterni per noi guasti,
Che questi vive, e Minós me non lega;
Ma son del cerchio ove son gli occhi casti
Di Marzia tua, che 'n vista ancor ti prega,
O santo petto, che per tua la tegni;

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SERA. L' Ar., d'Enoc e d'Elia: Che non han visto ancor l'ultima sera. Andreini, dell' Inf.: L'eterna sera. PRESSO. Paul. (Cor., I, 10): Stimulus mortis peccatum.

QUESTA. Il timore.

...

CARA. Se la libertà politica a te fu si cara, or quanto più la morale? Così spiega il coment. del cod. Caet. Ma qui si vede più che altrove, come nella mente di Dante si confondessero le due libertà. Qui non loda il suicidio: ma non lo condanna, ed è male. Nè Catone, morto, poteva giovare alla libertà, quanto avrebbe potuto vivo.

CHIARA. Non di gloria celeste, ma di quella luce che, secondo Dante, è dovuta anco alle virtù naturali, della qual luce è simbolo il lume delle quattro stelle che gli illustrano il viso. O forse lo fa salvo con Rifeo e con Traiano. Ma lo direbbe più chiaro.

LEGA. Virg.: Tardaque palus inamabilis unda Alligat.

MARZIA. Per comando di Catone, e suo malgrado, andò moglie d'Ortensio, il quale, di concordia con Catone, ripudiò la sua come sterile. Di Marzia ebbe prole: mori: ed ella, resigli i funebri onori, tornò pregando Catone la ripigliasse. Luc. (II, 341-3): Da foedera prisci Illibata tori: da tantum nomen inane Connubii: liceat tumulo scripsisse, Catonis Martia (Inf., IV). SANTO. E

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Per lo suo amore adunque a noi ti piega.
Lasciane andar per li tuo' sette regni.
Grazie riporterò di te a lei,

Se d'esser mentovato laggiù degni.

Marzia piacque tanto agli occhi miei
Mentre ch'i' fui di là, diss' egli allora,
Che quante grazie volle da me fei.

Or che di là dal mal fiume dimora,
Più muover non mi può per quella legge
Che fatta fu, quando me n' usci' fuora.

Ma se donna del ciel ti muove e regge
Come tu di', non c'è mestier lusinga;
Bastiti ben che per lei mi richegge.

Va dunque, e fa che tu costui ricinga
D'un giunco schietto, e che gli lavil viso
Si ch' ogni sucidume quindi stinga;

Che non si converria l'occhio sorpriso
D'alcuna nebbia andar davanti al primo
Ministro, ch'è di quei di Paradiso.

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piteto di Lucano. Conv.: O sacratissimo petto di Catone, chi presumerà di te parlare? Certo maggiormente parlare di te non si può, che tacere: e seguitare leronimo, quando nel proemio della Bibbia, là dove di Paolo tocca, dice che meglio è tacere che poco dire.

Tuo'. L'Inferno a Dante è l'orrore naturale del vizio; il Purgatorio l'amor naturale della virtù ; il Paradiso l' amor soprannaturale del bene sopra natura. Però nell' Inferno ha duca Virgilio; e chiama di Catone i regni del Purgatorio, e sola Beatrice gli è guida nel cielo. I tre personaggi sono in parte simbolica ognun sel vede; non è Virgilio l'amante d' Alessi, nè Catone il suicida, nè Beatrice la moglie di Simone. SETTE. Ove si puniscono i sette peccati.

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OCCHI. Judic., XIV: Hanc mihi accipe quia placuit oculis meis. Jerem., XXVII: Ei, qui placuit in oculis meis.

FIUME. Acheronte (Inf., III). — Usci'. Custode all'entrata del Purgatorio. Si noti che Catone non è guida alle anime, nè tocca pure le falde del monte : è dopo la morte di Cristo (che prima Purgatorio non v'era, ma i non dannati scendevano al limbo) destinato ad invitar le anime a correre verso l'espiazione. La virtù naturale di lui non è mezzo, ma incitamento al ben fare.

LUSINGA. Secrete lusinghe chiamava un antico le preci miste di lode. GIUNCO. L'umiltà semplice e paziente, dice Pietro. Rammenta il ramo che in Virgilio la Sibilla fa cogliere ad Enea per passare gli Elisi. SCHIETTO. Inf., STINGA. Contrario di tinga.

XIII: Non rami schietti ma nodosi e 'nvolti.

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Ha un esempio nelle Repubbliche antiche, ma non chiaro assai. SORPRISO. Lo dicono i Napoletani: e gli antichi Toscani priso, miso, commiso. PRIMO. V. C. IX.

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Questa isoletta, intorno ad imo ad imo,
Laggiù, colà dove la batte l' onda,
Porta de' giunchi sovra 'l molle limo.
Null' altra pianta che facesse fronda
O indurasse, vi puote aver vita,
Però che alle percosse non seconda.

Poscia non sia di qua vostra reddita,
Lo sol vi mostrerà che surge omai.
Prendete 'l monte a più lieve salita.
Così sparì, ed io su mi levai
Senza parlare, e tutto mi ritrassi
Al duca mio, e gli occhi a lui drizzai.

Ei cominciò: figliuol, segui i miei passi,
Volgiamci indietro, che di qua dichina
Questa pianura a' suo' termini bassi.

L'alba vinceva l' ora mattutina,
Che fuggia 'nnanzi, sì che di lontano
Conobbi il tremolar della marina.

Noi andavam per lo solingo piano
Com' uom che torna alla smarrita strada,
Che 'nfino ad essa li pare ire in vano.
Quando noi fummo dove la rugiada
Pugna col sole, e, per essere in parte
Ove adorezza, poco si dirada;

Ambo le mani in su l'erbetta sparte
Soavemente 'l mio maestro pose;
Ond' io che fui accorto di su' arte,
Porsi ver lui le guance lagrimose;
Quivi mi feci tutto discoverto

LIMO. Virg. Limosoque palus obducat pascua junco.

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FRONDA. Non è foglia. INDURASSE. G. Cavalcanti: Quando con vento e con fiume contende, Assai più si difende La mobil canna... Che dura querce, che non si dirende.

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ORA. Quello che gli antichi chiamavano mattutino, avanzava di quasi tre ore il nascer del sole. TREMOLAR. Virg.: Splendet tremulo sub lumine pontus. PARTE. Conv. (1. VIII): Biasimevole è non solamente a porre la cosa in parte ove sia meno utile, ma eziandio in parte ove sia ugualmente utile. ADOREZZA. Buti: È ombra. Da rezzo.

LAGRIMOSE. Di penitenza. DISCOVERTO. In Virg., prima di scendere all'Eliso, Enea: Corpus recenti Spargit aqua. Stat.: Exilit ad Superos, infernaque

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