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Vidi che lì non si quetava 'l core,
Nè più salir potési in quella vita:
Perchè di questa in me s' accese amore.
Fino a quel punto misera e partita
Da Dio anima fui, del tutto avara:
Or, come vedi, qui ne son punita.

Quel ch'avarizia fa, qui si dichiara
In purgazion delle anime converse;
E nulla pena il monte ha più amara.

Sì come l'occhio nostro non s' aderse
In alto, fisso alle cose terrene,
Così giustizia qui a terra il merse.

Come avarizia spense a ciascun bene
Lo nostro amore, onde operar perdési,
Così giustizia qui stretti ne tiene

Ne' piedi e nelle man legati e presi:
E quanto fia piacer del giusto Sire
Tanto staremo immobili e distesi.

Io m' era inginocchiato e volea dire;
Ma com'i' cominciai, ed e' s' accorse,
Solo ascoltando, del mio riverire:

Qual cagion, disse, in giù così ti torse?
Ed io a lui: per vostra dignitate
Mia coscienza dritta mi rimorse.

Drizza le gambe e levati su, frate,
Rispose: non errar: conservo sono
Teco e con gli altri ad una potestate.
Se mai quel santo evangelico suono

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QUETAVA. Inf., I: Bestia senza pace.

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ADERSE. Adergere è in Albertano. MERSE. È in Armannino ed in altri. Ma dove non è acqua, o cosa ad acqua somigliante, mergere non cade. Se non che forse la lingua antica gli avrà dato senso più largo. Jer. (II, 27): Verterunt ad me tergum, et non faciem.

OPERAR. Non seppimo operare il bene. PERDESI. Si perde: come parlómi, c. XIV; fuci, c. XXIX, e simili.

RIMORSE. Dritta e rimorse son due traslati che non convengono insieme. CONSERVO. Nell' Apoc. (XIX, 10) inginocchiandosi Giov. all' Angelo, questi lo vieta: Vide, ne feceris: conservus tuus sum, et fratrum tuorum. Ott.: La prelazione ecclesiastica si è intorno alli sagramenti, e però non ha luogo in Purgatorio.

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Che dice neque nubent intendesti,
Ben puoi veder perch' io così ragiono.
Vattene omai: non vo' che più t' arresti;
Chè la tua stanza mio pianger disagia,
Col qual maturo ciò che tu dicesti.

Nipote ho io di là, ch' ha nome Alagia,
Buona da sè, pur che la nostra casa
Non faccia lei per esemplo malvagia:
E questa sola m' è di là rimasa.

NUDENT. A' Saducei domandanti se sarà matrimonio nell'altra vita, G. C. risponde: Neque nubent, neque nubentur (Marc., XII; Matt., XXII). Le umane inuguaglianze, intende il P., sono di là dileguate.

STANZA. BOCC.: Pur temendo non la troppa stanza gli fosse cagione di volgere l' avuto diletto in tristizia, si levò! QUAL. Terzina 31: Quel senza 'l quale a Dio tornar non puossi.

ALAGIA. Moglie di Moroello Malaspina, figliuol di Manfredi, il qual Manfredi era figliuol di Corrado Malaspina l'antico (vedi c. VIII). Non a questo Malaspina intendeva Dante dedicare il Purg., chè questi teneva da'Guelfi. Egli loda la moglie che visse lungamente dal marito lontana: non da ciò segue ch'egli amasse il marito. Il quale favorì il card. del Fiesco, contrario a Franceschino, l'amico di Dante. Ei Fieschi sono da Dante chiamati malvagi. ESEMPLO. Juven.:

Et citius nos Corrumpunt vitiorum exempla domestica.-MALVAGIA. Casa guelfa. Un del Fiesco nel 1287 venne a Firenze vicario generale dell' imp. Rodolfo, abitò in casa Mozzi, condannò la città ricusante il giuramento all'imperio, in sessantamila marchi d'argento: ma come di famiglia guelfa, era sospetto agli stessi Ghibellini. Tornò scornato in Germania a Rodolfo.

SOLA. Di me degna, e che possa pregare degnamente per me.

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Sente cantare esempi di povertà e di generosità, poi d'avarizia punita. Parla ad Ugo Capeto, il qual maledice alla sua trista progenie, causa di molti mali d'Italia. Poi trema il monte, e tutti del monte cantano: Gloria; perchè un' anima ha finita la sua pena, e sale in cielo : l'anima, vedremo, di Stazio. D'ora innanzi gli esempi del bene premiato o del male punito saranno cantati dall' anime stesse. Ci avviciniamo al cielo. E qui pure il primo esempio è Maria, poi un profano, uno sacro: poi quattro sacri e quattro profani, simbolo della doppia indole del poema.

Nota le terzine 2, 3, 4, 6, 7, 8, 15, 23, 25; la 27 alla 30; la 32, 39, 40, 41, 43, 44, 45, 47, 48, 50.

I.

I.

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Contra

Montra miglior voler voler mal pugna:
Onde contra 'l piacer mio, per piacerli,
Trassi dell' acqua non sazia la spugna.
Mossimi; e 'l duca mio si mosse per li
Lochi spediti pur lungo la roccia,
Come si va per muro stretto a' merli.

Chè la gente che fonde a goccia a goccia
Per gli occhi'l mal che tutto 'l mondo occupa,
Dall' altra parte in fuor troppo s'approccia.
Maledetta sia tu antica lupa

Che più che tutte l' altre bestie hai preda

SPUGNA. Avrei più domandato, potendo. Spugna diciam tuttavia chi raccoglie ogni sorte di notizie buone e triste, avido di sapere.

2. STRETTO. Avverbio. Lungo i merli della città e delle rocche correva una stretta via.

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FONDE. Inf., XI: Fonde la sua facultade.

PIU'. Eccl., X: Avaro... nihil est scelestius... Nihil est iniquius, quam amare pecuniam... E nel V, trad. dall'Ott.: Infirmitade pessima, la quale io vi

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II.

Per la tua fame senza fine cupa!

O ciel nel cui girar par che si creda
Le condizion di quaggiù trasmutarsi,
Quando verrà per cui questa disceda?

Noi andavam co' passi lenti e scarsi;
Ed io attento all' ombre ch' io sentia
Pietosamente piangere e lagnarsi.

E per ventura udi': dolce Maria,
Dinanzi a noi chiamar così nel pianto
Come fa donna che 'n partorir sia.
E seguitar: povera fosti tanto
Quanto veder si può per quell' ospizio
Ove sponesti 'l tuo portato santo.

Seguentemente intesi: o buon Fabbrizio,
Con povertà volesti anzi virtute

Che gran ricchezza posseder con vizio.
Queste parole m' eran sì piaciute
Ch' io mi trassi oltre per aver contezza
Di quello spirto onde parén venute.

Esso parlava ancor della larghezza

di sotto il sole; cioè le ricchezze conservate in male del loro signore. — FıNE. Sen.: L'avarizia sempre cresce. Allora ama l'avaro più le sue ricchezze quando elli non puote più lavorare in acquistare ricchezze.

CIEL. C. XVI: Ogni cagion recate Pur suso al cielo. Forse accenna alla sfera che volge la Fortuna (Inf., VII).

PARTORIR. IS., XIII: Torsiones, et dolores tenebunt, quasi parturiens, dolebunt; XLII: Sicut parturiens loquar. Jer., IV : Vocem... quasi parturientis audivi, angustias ut puerperae.

8. SPONESTI. S. Luc., II: Peperit filium suum...et pannis eum involvit, et reclinavit eum in praesepio, quia non erat in eis locus in diversorio. Sporre per deporre. Inf. (XIX, 44): Spose il carco.

CON.

9. FABBRIZIO. Veget., IV (De re milit.). Sprezzò l'oro corruttore di Pirro. Proverb., XV: Melius est parum cum timore Domini, quam thesauri magni; XVI: Melius est parum cum justitia, quam multi fructus cum iniquitate. Monarch.: Nonne Fabricius altum nobis dedit exemplum avaritiae resistendi, quum pauper exsistens, pro fide qua reip. tenebatur, grande auri pondus derisit, et derisum, verba sibi convenientia fundens, despexit et refutavit? Conv.: E chi dirà che fosse senza divina spirazione Fabbrizio, infinita quasi moltitudine d'oro rifiutare, per non volere abbandonare sua patria?

II. LARGHEZZA. Fin qui la povertà in Maria, la temperanza in Fabrizio: ora la generosità in Nicolò vescovo di Mira, il qual dotò tre fanciulle, acciocchè non corressero pericol d'infamia.

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Che fece Nicolao alle pulcelle,
Per condurre ad onor lor giovinezza.
O anima che tanto ben favelle,
Dimmi chi fosti, dissi; e perchè sola
Tu queste degne lode rinnovelle.

Non fia senza mercè la tua parola,
S'io ritorno a compiér lo cammin corto
Di quella vita ch' al termine vola.

Ed egli: io ti dirò, non per conforto
Ch'i' attenda di là, ma perchè tanta
Grazia in te luce prima che sie morto.
I' fui radice della mala pianta
Che la terra cristiana tutta aduggia
Sì che buon frutto rado se ne schianta.
Ma se Doagio, Guanto, Lilla e Bruggia
Potesser, tosto ne saria vendetta:
Ed io la cheggio a Lui che tutto giuggia.
Chiamato fui di là Ugo Ciapetta.
Di me son nati i Filippi e i Luigi

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COMPIÉR. Da complere, come pentér.

vita ancora aspetta.

CORTO. Inf., XXXI: Ei vive, e lunga

NON. Da' suoi discendenti malvagi e' non attendeva conforto di preci. PIANTA. I Capeti regnano tuttavia in Francia, Spagna e Napoli. I Guelfi a Modena e a Brunsvvich, e un ramo loro in Inghilterra.

DOAGIO. Douay. Lat. Duacum.. -GUANTO. Vill. (VIII, 32): Compiuto il trattato, renderon Guanto che è delle più forti terre del mondo. Prima che venire in Italia, Carlo aveva mossa contro il conte di Fiandra guerra malvagia, e a nome di Filippo il Bello, occupate nel 1299 parecchie terre e città. Ott.: Il re Filippo andò ad oste in Fiandra, e prese. Bruggia e Lilla, ed altre terre ... anni D. 1296. Poi nel 1300 il conte di Fiandra con due suoi figliuoli vennero alle comandamenta del detto re, e quelli gli mise in prigione,e tølse loro tutto il contado di Fiandra; poi nel 1302... seguì la vendetta ... Essendo li Fiamminghi rubellati dal re Filippo, avendovi il re mandata grandissima cavalleria, li Fiamminghi li sconfissero, ed ucciserne più di seicento cavalieri, infra quali fu morto il conte d' Artese, cugino del re di Francia, de' discendenti del detto Ugo. E poco appresso Papa Bonifazio scomunicò il detto re per cagione del vescovo di Palme: per la qual cosa indegnato, il detto re contro il papa, fece certo trattato con li Colonnesi di Roma, allora nimici e ribelli della Chiesa; onde nel 1303 del mese di settembre Sciarra della Colonna con la forza del detto re, prese in Alagna il detto papa, il quale di dolore morì di undeci d' ottobre anno predetto.

NATI. Ugo Magno di Normandia venne a Parigi, e v'arricchì: fu duca di Francia, conte parigino, padre del re Ugo Capeto. Dalla morte di Enrico I, nel

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