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Certo non si scotea sì forte Delo
Pria che Latona in lei facesse 'l nido
A parturir li due occhi del cielo.

Poi cominciò da tutte parti un grido,
Tal che 'l maestro invêr di me si feo,
Dicendo: non dubbiar mentr' io ti guido.
Gloria in excelsis, tutti, Deo
Dicean, per quel ch' io da vicin compresi
Onde 'ntender lo grido si potéo.

Noi ci restammo immobili e sospesi
Come i pastor che prima udîr quel canto,
Fin che'l tremar cessò, ed ei compiési.

Poi ripigliammo nostro cammin santo,
Guardando l'ombre che giacén per terra
Tornate già in su l' usato pianto.

Nulla ignoranza mai con tanta guerra
Mi fe desideroso di sapere,

Se la memoria mia in ciò non erra,
Quanta parémi allor pensando avere:
Nè la fretta dimandare er' oso,
per

per me li potea cosa vedere.

Così m' andava timido e pensoso.

DELO. Virg. (III, 23). Asteria mutata in isola. NIDO. Ov. (Met., VI): Exiguam sedem pariturae terra negavit. Latona chiese un asilo all'isola errante: in lei partori; e per merito dell'ospizio, l'isola più non si scosse. OCCHI. OV. (Met., IV, 228): Mundi oculus, il sole. Nido e occhio metafore discordanti. GLORIA. Il salire d'un'anima è nuova gloria negli altissimi a Dio. SOSPESI. V. S. Padri: Stando tutti sospesi, e attenti alla sua dottrina. PASTOR. S. Luc., II: Pastores erant in regione eadem vigilantes... et timuerunt... cum Angelo multitudo militiae coelestis ... dicentium: Gloria. GUERRA. Sap., XIV: In magno viventes in scientiae bello.

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CANTO XXI.

ARGOMENTO.

S'abboccano con Stazio poeta. Questi dichiara come il tremare del monte non abbia le solite cause terrene, ma sia soprannaturale indizio d'un'anima liberata. Stazio conosce Virg.: tenera accoglienza, indicante e l'amore che aveva Dante a Virg. e la riverenza ch'e' teneva dovuta agl' ingegni.

Il nome di poeta stima più durevole e più onorando di tutti. Questa è la più bella parte del canto, men pieno degli altri. Anco l'apparizione di Stazio è poetica molto. Le allusioni mitologiche abondano, perchè colloquio di pagani. La fine del canto rammenta il decimonono.

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Nota le terzine i alla 5; la 8, 13, 14; la 20 alla 23; la 32, 35, 36, 37, 45.

I.

La sete natural che mai non sazia

Se non con l'acqua onde la femminetta
Samaritana dimandò la grazia,

NATURAL. Arist., Metaph.: Omnes homines natura scire desiderant. Questo passo è il cominciamento di più d'un trattato del secolo XIV. Ma la scienza umana non ci sazia, dice il P., se la grazia divina non vi si aggiunga. SAMARITANA. L' Ott. traduce il passo di Giov.: Una femmina venne di Sammaria per prendere acqua alla fontana, e Gesù le disse: Donna, dammi bere... La femmina disse: come mi chiedi tu bere, che se' Giudeo, e io Samaritana?.. Gesù le rispose, e disse: Se tu conoscessi il dono di Dio,e chi è colui che ti chiede bere, tu li domanderesti ch'elli ti desse acqua di vita. Ed infra la femmina disse: Signore, dammi quest' acqua, ch' io non abbia sete, e che non mi sia mestiere venir più qua a cavare acqua, ec. S. Aug.: Qui biberit de fluvio Paradisi, restat ut in eo sitis hujus mundi extincta sit. E nel Conv.: Siccome dice il filosofo nel principio della prima filosofia, tutti gli uomini naturalmente desiderano di sapere. La ragione di che puote essere, che ciascuna cosa da providenzia di propria natura impinta, è inclinabile alla sua perfezione: onde, acciocchè la scienza è l'ultima perfezione della nostr'anima, nella quale sta la nostra ultima felicità, tutti al suo desiderio siamo soggetti... Coloro che sanno, porgono della loro buona ricchezza alli veri poveri; e sono quasi fonte vivo della cui acqua si refrigera la natural sete che di sopra è nominata. Altrove: È naturale desiderio dell'uomo di volere saper le cose occulte. Monarch.: Aquam nostri ingenii ad tantum poculum

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Mi travagliava; e pungémi la fretta
Per la 'mpacciata via dietro al mio duca;
E condolémi alla giusta vendetta.

Ed ecco, sì come ne scrive Luca
Che Cristo apparve a' duo ch' erano 'n via
Già surto fuor della sepulcral buca,

Ci apparve un'ombra. E dietro a noi venia,
Dappiè guardando la turba che giace:
Nè ci addemmo di lei, sì parlò pria,

Dicendo: frati miei, Dio vi dea pace.
Noi ci volgemmo subito; e Virgilio
Rendè lui 'l cenno ch' a ciò si conface.
Poi cominciò: nel beato concilio
Ti ponga in pace la verace corte
Che me rilega nell' eterno esilio.

Come? diss' egli (e parte andavam forte),
Se voi siete ombre che Dio su non degni,
Chi v' ha per la sua scala tanto scorte?
E'l dottor mio: se tu riguardi i segni
Che questi porta e che l' angel profila,
Ben vedrai che co' buon convien ch' ei regni.
Ma perchè lei che dì e notte fila
Non gli avea tratta ancora la conocchia
Che Cloto impone a ciascuno e compila,
L'anima sua ch'è tua e mia sirocchia,
Venendo su non potea venir sola;

haurientes. Per l'acqua della Samaritana i teologi intendono la grazia divina; Dante, la verità: prima ed ultima grazia.

3. Duo. Giacomo e Giovanni che andavano in Gerosolima (s. Luc., XXIV; s. Marc., XVI).

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OMBRA. Stazio, citato più volte da Dante nelle sue prose.

VOLGEMMO. Reg. (I, 24): Clamavit post tergum Saul, dicens: Domine, mi rex. Et respexit Saul post se.

CONCILIO. Così lo chiama (Par., XXVI, 40). Psalm. (I, 6): Concilium justo· CORTE. Giudicante. Come altrove.

rum.

PARTE. Intanto. Inf. (XXIX, 6): Parte sen gía (ed io retro gli andava) Lo duca. Degni. Virg.: Nec deus hunc mensa, dea nec dignata cubili est. LEI. Per quella comune in Toscana. Andreini: Che signori noi siam, che lor son servi. Molti esempi n'ha lo stil comico. TRATTA. Filato il pennecchio. Il qual s' impone alla rocca, e poi, perchè stia, lo si stringe intorno ed aggira; che dice compilare.

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Però ch' al nostro modo non adocchia.
Ond' io fui tratto fuor dell' ampia gola
D' inferno, per mostrargli; e mostrerolli
Oltre quanto 'l potrà menar mia scuola.
Ma dinne se tu sai, perchè tai crolli
Diè dianzi 'l monte, e perchè tutti ad una
Parver gridare infino a' suoi piè molli?
Sì mi diè dimandando per la cruna
Del mio disio, chè pur con la speranza
Si fece la mia sete men digiuna.

Quei cominciò: cosa non è che sanza
Ordine senta la religïone

Della montagna, o che sia fuor d'usanza.
Libero è qui da ogni alterazione:
Di quel che 'l cielo in sè da sè riceve
Esserci puote, e non d' altro, cagione;
Perchè non pioggia, non grando, non neve,
Non rugiada, non brina più su cade
Che la scaletta de' tre gradi breve.

Nuvole spesse non paion nè rade,
Nè corruscar, nè figlia di Taumante,
Chè di là cangia sovente contrade.

GOLA. La più alta parte del ventre della terra, il più ampio giro di tutti. SCUOLA. C. XVIII: Quanto ragion qui vede, Dir ti poss' io ...

MOLLI? Bagnati dal mare.

DIE. Bocc.: Oh quanto cotal domanda diede per lo mio desio! — Digiuna. C. XV: Io son d'esser contento più digiuno.

RELIGIONE. Virg.: Relligio... loci.

LIBERO (c. XXVIII). Virg.: Nubes excussit olympus. SE. Cagione del tremare son l'anime che il cielo riceve in sè, venendo da sè, di lor libero moto. Ovvero, che il cielo riceve in sè, spontaneo; non come materia che sorga dal basso. Ott.: La cagione di ciò che paia lassù essere moto, non è ... da strano in strano, ma da se in se; perocchè il cielo la cosa sua, e non strana in sè riceve; l'anima dal cielo discende, mandata e creata da Dio; e il cielo in se la riceve, ritornante a colui che la creò.

PIOGGIA. Dal ciel della luna al centro della terra son quattro regioni, al dire di Pietro. Calda, fredda, fredda e calda, il sen della terra. La pioggia scende dalla regione calda e fredda, la grandine dalla fredda. NEVE. Omero, Od.: Non neve ne verno forte, nè mai pioggia, ma sempre d'un zefiro dolce spirante l'aure dall' Oceano mandate. SCALETTA (C. IX, 26).

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RADE. La nube rada è vapore acqueo, dice Pietro. FIGLIA. OV.: Thaumantias Iris. LA. Nel vostro mondo si vede or da questa parte or da quella, sempre opposta al sole. Ivi l'Ottimo cita Aristotele e Beda.

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Secco vapor non surge più avante
Ch' al sommo dei tre gradi ch' io parlai
Dov' ha 'l vicario di Pietro le piante.

Trema forse più giù poco od assai;
Ma per vento che 'n terra si nasconda,
Non so come, quassù non tremò mai.

Tremaci quando alcuna anima monda
Si sente sì che surga o che si mova
Per salir su: e tal grido seconda.

Della mondizia il sol voler fa prova,
Che tutta libera a mutar convento
L'alma sorprende, e di voler le giova.

Prima vuol ben; ma non lascia 'l talento,
Che divina giustizia contra voglia,
Come fu al peccar, pone al tormento.

Ed io che son giaciuto a questa doglia
Cinquecento anni e più; pur mo sentii
Libera volontà di miglior soglia.

Però sentisti 'l tremoto, e li pii
Spiriti per lo monte render lode
A quel Signor, che tosto su gl' invii.
Così gli disse: e perocchè si gode
Tanto del ber quant' è grande la sete,
Non saprei dir quant' e' mi fece prode.
E'l savio duca: omai veggio la rete

SECCO, Arist. (1. II, De Met. ) distingue l'umido vapore dal secco: dall' umido la pioggia, la neve, la grandine, la rugiada, la brina: dal secco, il vento: vento, se il vapore è sottile; se più forte, tremuoto. Così credevano. Inf., I: La porta di san Pietro.

SECONDA. Tien dietro (c. XVI).

PIETRO.

VUOL. Vorrebbe salire; ma contro sua voglia è da Dio condannata a volere la pena. Il desiderio dell' espiazione combatte col desiderio del gaudio: come in vita peccando il desiderio del male combatte con l'amore del bene. E siccome il male vinse di là, di qua vince il dolore. C. XXIII: Che quella voglia all'albero ci mena Che menò Cristo lieto a dire Eli.

23. PIU'. Dal 96 circa che Stazio mori (Fabr., B. lat.) al 1300 scorsero milleduecent'anni. Stette tra i prodighi cinquecento, tra gli accidiosi quattrocento e più: il resto ne' cerchi di sotto (c. XXII, 31). — SOGLIA. Virg.: Limen olympi. INVII. Nel Gloria è il motto: Qui tollis peccata mundi, miserere nobis. PRODE. Per pro, nelle V. S. Padri, ed altrove. Conv. (1, 6): Bestie alle quali la ragione fa poco prode.

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