Sayfadaki görseller
PDF
ePub

27.

28.

29.

27.

28.

29.

30.

31.

32.

Che qui v' impiglia, e come si scalappia,
Perchè ci trema, e di che congaudete.

Ora chi fosti piacciati ch' io sappia;
E perchè tanti secoli giaciuto
Qui se', nelle parole tue mi cappia.

Nel tempo che 'l buon Tito con l'aiuto
Del sommo rege vendicò le fora
Ond' uscì 'l sangue per Giuda venduto,
Col nome che più dura e più onora
Er' io di là, rispose quello spirto,
Famoso assai, ma non con fede ancora.
Tanto fu dolce mio vocale spirto
Che tolosano a sè mi trasse Roma,
Dove mertai le tempie ornar di mirto.
Stazio la gente ancor di là mi noma.
Cantai di Tebe, e poi del grande Achille;
Ma caddi 'n via con la seconda soma.
Al mio ardor fur seme le faville
Che mi scaldâr della divina fiamma

CAPPIA. BOCC. (I, 1): Così ti cappia nell' animo. Altri: Nel mio giudicio cape. Sia contenuto nelle tue parole perchè...

BUON. Ott. Nel cui tempo fu tanto riposo, che sangue di neuno uomo si sparse. Questi insino da piccolo fu di chiaro ingegno di cavalleria, e studioso in lettere; umile fu, liberale ed onorifico, dispregiatore di pecunia; nullo di fu che non donasse ..; fu pietoso e misericordioso perdonatore a quelli, ch' aveano giurato d'ucciderlo.

...

DURA. Luc.: 0 magnus vatum labor! omnia fato Eripis, et populis donas mortalibus aevum.

30. TOLOSANO. Era di Napoli (St., Sylv., III, 5). Ma Placido Lattanzio comentatore di Stazio lo fa tolosano: In Gallia celeberrime docuit rhetoricam; sed postea veniens Romam, ad poetriam se transtulit. Confuse Stazio Papinio, con un altro Stazio: errore fino a' tempi dello Scaligero quasi comune (Not. in Exc. chr.). Bocc. (Am. Vis., V): Stazio di Tolosa. Nè le Selve di Stazio al tempo di Dante eran note. MIRTO. Non come poeta amoroso; ma come men nobile. Virg. Et vos, o lauri, carpam,et te, proxima myrte. Nel Conv. lo chiama dol

31.

32.

:

ce poeta.

TEBE. Giovenale che nominerà poi, amico di Stazio, dice, VIII: Curritur ad vocem jucundam, et carmen amicae Thebaidos, laetam quum fecit satius Urbem, Promisitque diem: tanta dulcedine captos Afficit ille animos. Stat.: O mihi bissenos multum vigilata per annos Thebai? SOMA. Nella Vulg. Eloq: Humerum nimio gravatum cespitare necesse sit. Albertano. È da schifare lo carico sotto lo quale nella via vieni meno. Sentenza di Seneca donde avrà tolto la frase il P.

DIVINA. St.: Divinam Aeneida. - MILLE. Inf., I: Degli altri poeti ....... lume.
Tomo II.

22

33.

33.

34.

35.

36.

34.

35.

36.

37.

38.

39.

Onde sono allumati più di mille.
Dell' Eneida dico, la qual mamma
Fummi, e fummi nutrice poetando:
Senz' essa non fermai peso di dramma.
E per esser vivuto di là quando
Visse Virgilio, assentirei un sole

Più ch' io non deggio, al mio uscir di bando.
Volser Virgilio a me queste parole

Con viso che tacendo dicea: taci:
Ma non può tutto la virtù che vuole.
Chè riso e pianto son tanto seguaci
Alla passion da che ciascun si spicca,
Che men seguon voler ne' più veraci.

Io pur sorrisi come l' uom ch' ammicca:
Perchè l'ombra si tacque, e riguardommi
Negli occhi ove 'I sembiante più si ficca.
E, se tanto lavoro in bene assommi,
Disse, perchè la faccia tua testeso
Un lampeggiar d' un riso dimostrommi?
Or son io d' una parte e d'altra preso:
L'una mi fa tacer, l'altra scongiura

ENEIDA. Anco nel Conv. (I, 3). ·DRAMMA. Stat.: Vive precor, nec tu divinam Aeneida tenta, Sed longe sequere, et vestigia semper adora. Questo che Stazio dice di sè, intendasi detto di Dante stesso. Altri dirà che a questo modo, la poesia di Dante apparisce quasi un centone dei modi virgiliani: ma chiunque attentamente lesse il Bocc., il Petr., l' Ariosto, sa bene come di rimembranze latine e dantesche sia tutto contesto il loro stile, senza che sempre ne perda l'originalità del concetto. Non dunque in soli due o tre passi, come il Monti voleva, ma in innumerabili Dante ha imitato Virg.

SOLE. Anno (Inf., VI, 23).

[ocr errors]

DICEA. OV.: Nutusque meos, vultumque loquacem... Verba superciliis sine voce loquentia dicam. - VUOLE. Petr.: E chi discerne è vinto da chi vuole. SEGUACI. Petr. (Tr. Am.): E so come in un punto si dilegua, E poi si sparge per le guance il sangue, Se paura o vergogna avvien che 'l segua. 37. AMMICCA. Varchi (Erc.): Solemo quando volemo essere intesi con cenni senza parlare, chiudere un occhio; il che si chiama far d'occhio, ovvero far l'occhiolino, ec. (che i Lat. dicevano nictare), cioè accennare cogli occhi ; il che leggiadramente diciamo noi con una voce sola ammiccare. E ammiccare non è sorridere; ma sorridendo per cenno si può ammiccare con gli occhi. — FicCA. Conv.: L'anima dimostrasi negli occhi tanto manifesta, che conoscer si può la presente sua passione, chi bene la mira. Plin. : In oculis animus inhabitat. Sembianti sono le somiglianze degli atti esterni con l'affetto dell'animo. 39. SCONGIURA (terz. 38).

40.

41.

Ch'i' dica; ond' io sospiro e sono inteso.
Di' 'l mio maestro, e non aver paura,
Mi disse, di parlar; ma parla e digli
Quel ch' e' dimanda con cotanta cura.
Ond' io: forse che tu ti maravigli,
Antico spirto, del rider ch' io fei:

Ma più d' ammirazion vo' che ti pigli.
42. Questi che guida in alto gli occhi miei
È quel Virgilio dal qual tu togliesti
Forte a cantar degli uomini e de' Dei.

43.

44.

45.

46.

44.

45.

Se cagione altra al mio rider credesti,
Lasciala per non vera, ed esser credi
Quelle parole che di lui dicesti.

Già si chinava ad abbracciar li piedi
Al mio dottor, ma ei gli disse: frate,
Non far: chè tu se' ombra, e ombra vedi.
Ed ei surgendo: or puoi la quantitate
Comprender dell' amor ch' a te mi scalda,
Quando dismento nostra vanitate

Trattando l'ombre come cosa salda.

CHINAVA. Stazio ama in Virg. il suo convertitore alla fede (c. XXII). Gli si perdoni l'affetto.

QUANTITATE. Conv. (I, 4): La fama dilata lo bene e lo male, oltre la vera quantità. - VANITATE. Inf., VI: Lor vanità, che par persona. Tra ombre non ha luogo la legge da Dante posta nel Conv. (I, 2): Villania fa chi loda o chi biasima dinanzi al viso alcuno, perchè nè consentire ne negare puote lo così estimato senza cadere in colpa di lodarsi o di biasimarsi. Salva qui la via della debita correzione e salva la via del debito onorare e magnificare, la quale passare non si può senza fare menzione delle opere virtuose o delle dignitadi virtuosamente acquistate.

...

[blocks in formation]

Entrano al giro ov'è punita la gola. Stazio dichiara che non per avarizia ma per prodigalità stette egli nel Purg. cinquecent'anni e più: perchè, siccome nell'Inferno (c. VII), qui pure, i due vizii contrarii stanno insieme e quasi alle prese ; filosofica idea. Narra poi come le parole della quarta egloga di Virgilio gli dessero il concetto di secol migliore, e quella profezia vedess' egli avverata ne' cristiani. Ma perchè non professò il cristianesimo pubblicamente, la sua tepidezza fu punita quattrocent' anni e più nel cerchio degl' invidiosi, ch'è il quarto.

L'idea di far salvo Stazio dimostra come Dante credesse alla salute di molti che paiono ignudi di fede.

Nota le terzine 3 alla 9.; la 15, 17, 23, 24, 28, 31, 33; la 36 alla 39; la 42 sino all'ultima.

I.

2.

I.

2.

Già era l' angel dietro a noi rimaso,

L'angel che n' avea vôlti al sesto giro,
Avendomi dal viso un colpo raso.

E: quei ch' hanno a giustizia lor disiro,
Detto n' avea, beati; e le sue voci

Con sitiunt senz'altro ciò forniro.

GIA. Per non ripetere la medesima descrizione, valica acconciamente il passo dell'Angelo con questo già. — COLPO. Un P descritto col punton della spada (c. IX).

BEATI (LUC., VI). Beati qui esuriunt, et sitiunt justitiam (Matth., V). L'Ott.: Questa beatitudine ... corresponde in contrario all'avarizia; perocchè l'avaro desidera a sè ciò ch' è d'altrui ; ed il giusto vuole che a ciascuno sia attribuito quello che a lui si dee. Inf., XIX: La... avarizia il mondo attrista Calcando i buoni e sollevando i pravi. È contraria alla sete (Purg., XX) e alla fame (Inf., I) dell'oro, è la sete e la fame del giusto. - Voci. D'un solo. Virg.: Juno ... his vocibus usa est. SITIUNT. Intende forse che qui nell'escire dell'avarizia si canti: Beati qui sitiunt justitiam, e nell'escir della gola: Beati qui esuriunt justitiam. C. XXV (t. 51): Beati cui alluma Tanto di grazia che l'amor del gusto Nel petto lor troppo disir non fuma. Come dire: beati chi non han sete

1

[ocr errors]

3.

4.

3.

4.

5.

6.

7.

8.

9.

10.

II.

Ed io più lieve che per l'altre foci
M' andava sì che senza alcun labore
Seguiva in su gli spiriti veloci.

Quando Virgilio cominciò: amore
Acceso da virtù sempre altro accese,
Pur che la fiamma sua paresse fuore.
Onde dall' ora che tra noi discese
Nel limbo dello 'nferno Giovenale,
Che la tua affezion mi fe palese,

Mia benvoglienza inverso te fu quale
Più strinse mai di non vista persona;
Sì ch' or mi parran corte queste scale.
Ma dimmi, e come amico mi perdona
Se troppa sicurtà m' allarga il freno,
E come amico omai meco ragiona.

Come poteo trovar dentro al tuo seno
Luogo avarizia tra cotanto senno
Di quanto per tua cura fosti pieno?
Queste parole Stazio mover fenno
Un poco a riso pria; poscia rispose:
Ogni tuo dir d'amor m' è caro cenno.
Veramente più volte appaion cose
Che danno a dubitar falsa matéra
Per le vere cagion che son nascose.

La tua dimanda tuo creder m' avvera
Esser ch' io fossi avaro in l' altra vita,

dell'oro. E poi: beati chi non han fame dei cibi corporei. Questa interpretazione parmi la meno assurda, però non m'appaga. Esurïendo sempre quant' è giusto (c. XXIV).

[ocr errors]

LIEVE (C. IX). FOCI (c. XII).
VELOCI. C. XXI: Andavam forte.

LABORE. È in Brunetto (Tesoretto, IV).

VIRTU. Cic. (De Am.): Nihil est ... amabilius virtute: nihil,quod magis alliciat ad diligendum: quippe quum propter virtutem et probitatem eos etiam, quos nunquam vidimus, quodam modo diligamus.

5. GIOVENALE. Lodatore di Stazio (sat. VII). Mori trentadue anni dopo Staz., nel 128 di Cristo.

6.

8.

9.

II.

STRINSE. Inf., XIV: Carità ... Mi strinse.
SENO. Inf., XVIII: Il nostro avaro seno.

tuoso.

CURA. Per istudio lungo e vir

AMOR. Si guardi alla dolcezza cortese di questo dialogo.

Avvera. C. XVIII: Alla gente ch'avvera Ciascuno amore in sè laudabil

cosa.

« ÖncekiDevam »