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Cinqu' anni non son vôlti infino a qui.
Se prima fu la possa in te finita
Di peccar più, che sorvenisse l'ora
Del buon dolor ch' a Dio ne rimarita,
Come se' tu quassù venuto ancora?
Io ti credea trovar laggiù di sotto,
Dove tempo per tempo si ristora.

Ed egli a me: sì tosto m'ha condotto
A ber lo dolce assenzio de' martíri
La Nella mia col suo pianger dirotto.

Con suo' prieghi devoti e con sospiri
Tratto m' ha della costa ove s' aspetta,
E liberato m' ha degli altri giri.

Tant'è a Dio più cara e più diletta
La vedovella mia, che tanto amai,
Quanto in bene operare è più soletta.

Chè la Barbagia di Sardigna assai
Nelle femmine sue è più pudica

Che la Barbagia dov' io la lasciai.

RIMARITA. Il peccato è adulterio (Inf., XIX), stupro (Inf., VII), divorzio. Nel Conv. dice che l'anima in vecchiaia a Dio si rimarita, Contemplando la fine ch'ella aspetta. Ott.: E queste cose sa bene l' A. per la conversazione continova, ch' elli aveva col detto Forese; ed esso A. fu quegli che, per amore che aveva in lui e familiaritade, lo indusse alla confessione: e' confessossi a Dio, anzi l'ultimo fine.

ANCORA? Qui par che vaglia a quest' ora, si presto. LAGGIO. Inf., XV: Lassù di sopra. TEMPO. C. III: Star li convien da questa ripa in fuore Per ogni tempo ch' egli è stato, trenta.

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TOSTO (c. VI). NELLA. Scorcio di Giovanna: onestissima, dice il Com. Caet., e sobria. E lui morto, conservò la vedovanza, e fece del bene per l'anima del marito.

SOSPIRI. Torna all'idea del pianger dirotto. Solo ne' luoghi dove l'affetto lo chiede e' si lascia andare a qualche ripetizione, e ben parca. GIRI. Altre colpe aveva forse a espiare.

CARA. Diletta è più. Anco qui l'abondanza dell'affetto. SOLETTA. Ott. : Commenda molto questa donna, in quanto in consorteria di così rei uomini, come sono li Donati, ha sua vita contenuta con tanta castitade...e mondezza.

BARBAGIA. La parte più incolta e montuosa di Sardegna così si chiamava: e quando i Genovesi tolsero l'isola agl' infedeli, non mai soggiogarono la Barbagia salvatica, dove le donne vanno vestite in modo da mostrare ogni parte inonesta. Iacopo della Lana soggiunge che in Francia e nel Piemonte le donne portavano le mammelle aperte. In Alemagna ed in altri luoghi entrano donne ignude ne' bagni ed in letto con uomini a loro non pertinenti.

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O dolce frate, che vuoi tu ch' io dica?
Tempo futuro m' è già nel cospetto,
Cui non sarà quest' ora molto antica,

Nel qual sarà in pergamo interdetto
Alle sfacciate donne fiorentine

L'andar mostrando con le poppe il petto.
Quai barbare fur mai, quai saracine
Cui bisognasse, per farle ir coverte,
O spiritali o altre discipline?

Ma se le svergognate fosser certe
Di quel che 'l ciel veloce loro ammanna,
Già per urlare avrian le bocche aperte:

Che se l'antiveder qui non m' inganna,
Prima fien triste che le guance impeli
Colui che mo si consola con nanna.

Deh frate, or fa che più non mi ti celi.
Vedi che non pur io ma questa gente
Tutta rimira là dove 'l sol veli.

Perch' io a lui: se ti riduci a mente
Qual fosti meco e quale io teco fui,

ANTICA. Par., XVII: Questo tempo chiameranno antico.

INTERDETTO. Ott.: Nel 1351, essendo vescovo uno M. Agnolo Acciaioli. Ma l'interdizione al pergamo dev'essere stata anco a' tempi di Dante.

SARACINE. Ott.: Le Barbare, le quali si sono partite da' nostri costumi, e le Saracine, che sono così date alla lussuria, che dovunque la volontà giugne, quivi per l'Alcorano di Maometto si dee soddisfare alla lussuria. — ALTRE. L' Ott. dice che bisognerà non solamente il comandamento del diocesano, ma ancora che il Comune faccia sua legge proibitiva.

AMMANNA. Val preparare, anzi allestire. Ott.: Per li peccati di quelle femmine dileggiate, e delli loro mariti che a ciò assentono, Iddio manderà loro guerra, e le divisioni nella cittade, e il cacciare de' cittadini, l'uccisioni de' loro mariti, fratelli, padri, figliuoli, e il disfacimento de' loro beni, e li esilii, e vituperosi avolterii, e li avvenimenti de' signori della Magna e di Francia, l' arsura, e le colte, e l'altre tempeste da cielo e da terra. Is., III: Pro eo, quod elevatae sunt filiae Sion, et ambulaverunt extento collo... Decalvabit Dominus verticem filiarum Sion ... In die illa auferet DomiTorques, et monilia ... Et moerebunt, atque lugebunt portae ejus. INGANNA. Inf., XXVIII: Che, se l'antiveder qui non è vano. - NANNA. L'Ott. cita questa canzone d'allora: Nanna, nanna fante, che la mamma è ita nell'alpe.

nus ...

FRATE. Ripete il titolo di fratello.

VELI. Coll' ombra.

...

Fui.

RIDUCI. Par., XXXI: Visione oblita Ridurlasi alla mente. Ott.: Dell' abito mio leggiadro, e delli altieri e laicali costumi ch' io aveva. 24

Tomo II.

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Ancor fia grave il memorar presente.

Di quella vita mi volse costui

Che mi va innanzi, l' altrier quando tonda
Vi si mostrò la suora di colui

(El sol mostrai). Costui per la profonda
Notte menato m'ha da' veri morti
Con questa vera carne che 'l seconda.
Indi m' han tratto su li suoi conforti
Salendo e rigirando la montagna

Che drizza voi che 'l mondo fece torti.
Tanto dice di farmi sua compagna

Ch' io sarò là dove fia Beatrice:
Quivi convien che senza lui rimagna.

Virgilio è questi che così mi dice
(E additálo): e quest' altro è quell' ombra
Per cui scosse dianzi ogni pendice

Lo vostro regno che da sè la sgombra.

Il P. anch'egli confessa la sua vita profana. MEMORAR. L'usa l'Ott. in prosa (tomo III, p. 640).

VITA. D'errore. Lo confessa nel c. I, IX, XXX. notte fu la luna tonda. Ott.: A dì 14 di marzo.

TONDA. Inf. XX: E già ier-
COLUI. Petr.: Or, dimmi,

se colui 'n pace ti guide (E mostrai il duca lor). Rammenta il modo (Reg., II, 12): In oculis Solis hujus.

VERI. C. XXX: L'uscio de' morti. udirai se mi secondi.

43. COMPAGNA. Compagnia (c. III).

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SECONDA. Segue. C. XVI: Maraviglia

BEATRICE. Ott.: Dove la fede vale, la spe

ranza accende, la caritade fa ascendere li superni gradi. OMBRA. Non la nomina: chè poco importava a Forese di Stazio.

CANTO XXIV.

ARGOMENTO.

Parla di Piccarda sorella di Forese con dolci parole; tocca della Pargoletta, amata da lui; tocca di quel che fa bella la poesia, cioè la verità dell' affetto. Poi dei mali di Firenze e della morte di Corso. Le memorie del cuore, dell' ingegno, della vita politica si accoppiano in questo canto, un de' più belli di tutto il poema. Trovano un albero, quivi trapiantato da quello che costò tanto ad Eva: e sotto l'albero la fame dell' anime si fa più viva. Gridano allora esempi d' intemperanza punita, un profano, uno sacro, i Centauri, e i soldati di Gedeone rifiutati alla maravigliosa battaglia.

Nota le terzine 1 alla 10; la 12, 13, 15; la 17 alla 30; la 32; la 34 alla 41; la 43 alla 46; la 48, 49, 50.

I.

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Na

è 'l dir l'andar, nè l'andar lui più lento
Facea; ma ragionando andavam forte
Sì come nave pinta da buon vento.

E l'ombre che parean cose rimorte,
Per le fosse degli occhi ammirazione
Traén di me, di mio vivere accorte.

Ed io continuando l mio sermone
Dissi: ella sen va su forse più tarda
Che non farebbe, per altrui cagione.

Ma dimmi, se tu sai, dov'è Piccarda:

1.

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NÈ. Ar. (XXX, 34): Non,per andar,di ragionar lasciando, Non di seguir, per ragionar, la via. - FORTE. Bocc.: Andando forte.

RIMORTE. Di doppia morte.

TARDA. L'andar forte a noi, è tardo all'anima desiderante il cielo, e leggera. PICCARDA. Donati, sorella di Forese e di Corso, figliuola di Simone, bellissima. Fatta monaca di s. Chiara, perchè Corso l'aveva promessa a un della Tosa, fu tratta a forza di convento da lui, venuto a ciò da Bologna, dov' era podestà, e

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Dimmi s' io veggio da notar persona
Tra questa gente che sì mi riguarda.

La mia sorella, che tra bella e buona
Non so qual fosse più, trionfa lieta
Nell' alto olimpo già di sua corona.

Sì disse prima; e poi: qui non si vieta
Di nominar ciascun da ch'è sì munta
Nostra sembianza via per la dïeta.

Questi (e mostrò col dito) è Buonagiunta,
Buonagiunta da Lucca. E quella faccia
Di là da lui, più che l' altre trapunta,

Ebbe la santa Chiesa in le sue braccia:
Dal Torso fu; e purga per digiuno
L'anguille di Bolsena e la vernaccia.

Molti altri mi nomò ad uno ad uno;
E nel nomar parén tutti contenti,

Sì ch' io però non vidi un atto bruno.

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data moglie: ma ella infermò sull'atto, e mori (Cionacei, V. della B. Umiliana, p. IV, c. 1). NOTAR. Inf., XX: Se tu ne vedi alcun degno di nota. TRA. Novellino, LXVII: Quale era meglio, tra che gli uomini avessero due mogli, o le mogli due mariti. Petr.: Chi, tra bella e onesta, Non so qual fosse più. OLIMPO. Virg.: Insuetum miratur limen olympi.

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MUNTA. Inf., XXV: Ogni primaio aspetto ivi era casso.

BUONAGIUNTA. Degli Urbicciani, rimatore mediocre: ma a quando a quando elegante. Abbiamo un sonetto di lui al Cavalcanti, amico del nostro. Fu uomo di valore, dice l' Anon. Dante nella Volg. El., XIV, lo nomina come negletto di stile. — TRAPUNTA. Le inuguaglianze dell'arida pelle rendevano imagine di trapunto.

BRACCIA. Inf., XIX: Non temesti torre a 'nganno La bella donna ........ TORSO. Vescovo, o, com'altri dice, tesoriere, a Tours, nacque nella Brie; fu papa col nome di Martino IV dal 1280 all'84, buon uomo, amico alla casa di Francia di molto faceva morire le anguille del lago di Bolsena in Toscana nel vin bianco, e le condiva con spezie: mangiava sempre, e pieno di cibo esclamava: Bone Deus, quanta mala patimur pro ecclesia Dei! Morto che fu, gli scrissero quest'epitafio: Gaudent anguillae quia mortuus hic jacet ille Qui, quasi morte reas, excoriabat eas. Iacopo della Lana: E dopo lui sono seguiti pastori, cardinali, vescovi, abati, ed altri minori prelati e chierici, i quali in questa facoltà vincerebbero la mitra al detto papa Martino. Ott.: Fu uomo guerresco, e molta guerra fece fare contra gli avversarii della Chiesa. Nel costui tempo si rubellò Sicilia dal re Carlo; nel costui tempo passò Filippo re di Francia in Catalogna contro lo re Piero d'Aragona... Questi scomunicò il Paleologo di Costantinopoli e li Greci, perchè non ubbidivano alla Chiesa.

CONTENTI. Per amore di fama. Ciacco, il goloso, nell' Inf.: Pregoti ch' alla mente altrui mi rechi.

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