S'incontrano i Soddomiti coi lussuriosi in donna, e si baciano, e cantano gli uni Gomorra, gli altri Pasifae: un fatto di storia profana, uno di sacra. Parla il P. a Guido Guinicelli e ad Arnaldo Daniello poeti da lui venerati: Arnaldo risponde in provenzale. Una canz. abbiamo di Dante nella quale un verso è italiano, uno provenzale, un latino. Le imagini vive di questo canto; il sole, la fiamma, l'incontro dell'anime, le memorie poetiche, le quattro similitudini (non conto quella dei figli d'Issifile un po'stentata) fanno contrasto con la severità dell'antecedente, e rammentano in parte il bellissimo canto XXIV. Questo canto risponde al XV e al XVI dell' Inferno. Nota le terzine 1, 2, 4; la 10 alla 17; là 20, 21, 23, 24, 25; la 33 alla 36; la 39, 45, 48. I. 2. 3. 4. Mentre che sì per l'orlo uno innanzi altro Ce n'andavamo, spesso il buon maestro Feríami 'l sole in su l'omero destro, Ed io facea con l'ombra più rovente SCALTRO. Inf., XX: Tassenno. L'usa il Petr., c. 10. 1. 2. OMERO. Il sole era più basso. 3. avea DESTRO. Salito, prese a man destra: il sole lo ferisce a destra, dunque l'ombra del corpo cadeva sulle fiamme vicine. Quindi la maraviglia. CILESTRO. BOCC.: La luce il cui splendore la notte fugge, av già l'ottavo cielo d'azzurrino in color cilestro mutato tutto. MENTE. Nuovo modo d'indicare ch'egli era corpo mortale. 5. 7. 8. 5. 6. 7. 8. 9. 10. II. 12. 13. 14. A dir: colui non par corpo fittizio. O tu che vai, non per esser più tardo, Dinne com'è che fai di te parete Sì mi parlava un d'essi: ed io mi fora apparse allora. Lì veggio d'ogni parte farsi presta Così per entro loro schiera bruna Tosto che parton l'accoglienza amica, La nova gente: Soddoma e Gomorra. RIGUARDO. Soffrono, ma voglion la pena. INDO. Ar. (XIII, 65): Che maggior uopo Di refrigerio ha l'Indo o l'Etïopo JO. INCONTRO. Nell' Inf., XVIII, le due schiere de'ruffiani e dei seduttori s'incontrano. II. 12. 13. 14. BACIARSI. Segno, purificato, dell'antica libidine. SOPRAGGRIDAR. Gridano a chi più può. FORTUNA. La preda. NOVA. Questa è la schiera di chi peccò contro natura, l'altra della naturale lussuria.-SODDOMA (Gen., XVIII). - PASÍFE (V. Inf., c. XII). Anco in prosa. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 23. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. Perchè 'l torello a sua lussuria corra. Poi come gru ch' alle montagne Rife L'una gente sen va, l'altra sen viene, Io che duo volte avea visto lor grato, Quinci su vo per non esser più cieco. GRU. Cantano, come i gru van cantando lor lai (Inf., V). RIFE. Rifee. Luc.: Rhipaeas huc solve nives. Anco Virgilio le nomina. - VOLASSER. Pone co sa che non è. — ARENE. Inf., XXIV: Più non si vanti Libia con sua rena. CANTI. Cantano la prece, e gridan gli esempi (c. XXV, terz. 41, 43). SEMBIANTI. Inf., XXIII : Mostrar gran fretta Dell' animo, col viso, d'esser meco. GRATO. Per grado, come aggrata per aggrada (Inf., XI). MATURE. Non son morto nè vecchio nè giovane. Alquanto stentato. AMORE. L'empireo (Conv., tr. II, c. 4). Par., XXVII: Luce ed amor d'un cerchio lui comprende. — AMP1o. Inf., II: Dall'ampio loco ove tornar tu ardi. INURBA. Per entrare in città l'usa il Pulci (XXV, 299). Fiera: Strabiliársi ragazzon villani Non più stati a città. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. Che ciascun' ombra fece in sua paruta. La gente che non vien con noi, offese Però si parton, Soddoma gridando, Nostro peccato fu ermafrodito: In obbrobrio di noi per noi si legge, Or sai nostri atti, e di che fummo rei. 24. 25. 26. 28. 29. SCARCHE. Buonarroti: Fe PARUTA. L'usano Bart. di s. Conc. ed il Caro. delle ciglia, Carico di stupor, non picciol arco. Nil admirari prope res est una Numici, Solaque quae possit facere et servare beatum. MARCHE. Regioni. — IMBARCHE! L'esperienza è viatico e merce. OFFESE. Peccò. V. S. Padri: Chiedeva perdono, vedendo ch' avea molto offeso. CESAR. Cantavano: Gallias Caesar subegit, Nicomedes Caesarem: Ecce Caesar nunc triumphat... Sueton. (Jul., 49): Octavius ... quidam,valetudine mentis liberius dicax, conventu maximo quum Pompejum regem appellasset ipsam reginam salutavit. Questo motteggio Dante trasporta al trionfo, dove, nota l'Anon., licito era di dire al trionfatore ogni villania, a dinotare la libertade del popolo, e l'umanitade del trionfatore. ERMAFRODITO. Di maschio con femmina: ma con intemperanza degna più di bestia che d'uomo; onde sono simboleggiati in Pasifae (Ecl. VI). - SERVAMMO. Albert. La legge naturale servare. Conv., IX: Vuole essere evidente ragione che partire faccia l'uomo da quello che per gli altri è stato servato lungamente. ·BESTIE. PS.: Homo, quum in honore esset, non intellexit: comparatus est jumentis insipientibus. LEGGE. Dice. Come nell' Inf., X. 30. TEMPO. De'Soddomiti, nel XV dell' Inf.: Che 'l tempo saria corto a tanto suono. 32. 33. 34. 35. 36. 37. Son Guido Guinicelli: e già mi purgo, E senza udire e dir pensoso andai Ed egli a me: tu lasci tal vestigio, Ma se le tue parole or ver giuraro, 31. 32. 33. 35. 36. GUIDO. Bolognese, ghibellino esule nel 1268: uomo retto, e valente in iscienza: de' primi a pulire lo stile italiano. Lasciò quasi una scola poetica, che durò poco in Bologna. Lo nomina il P. nel Conv.: Quel nobile Guido Guinicelli. E nella Vulg. El.: Maximus ille Guido. Ott.: Disse leggiadramente in rima nel tempo della più fiorita vita dell' A. Petr. (Tr. Am.): Ecco i due Guidi che già furo in prezzo. TRISTIZIA. Toante ed Eumenio figli di Giasone e d'Issifile, nella tristizia di Licurgo trace per la morte del figlio divorato da un serpente (perchè Issifile l'aveva mal custodito, c. XXII). Voleva ucciderla, quando i figli la riconobbero e liberarono. Stat., IX: Per tela manusque Irruerunt matremque avidis complexibus ambo Diripiunt flentes, alternaque pectora mutant. Ma Dante soggiunge, non tanto essere stato l'impeto in lui della gioia, che non saltò tra le fiamme agli amplessi. PADRE. Cosi padre è detto Virgilio. MIEI. Italiani. Padre per lo stile, non già per la lingua: e vel provi la lode che segue d' Arnaldo provenzale: dalla qual si deduce che Dante i provenzali anteponeva agl' italiani poeti, non però il provenzale all'italiano idioma. Conv. (I, 10): Massime dal difendere lui da' molti suoi accusatori li quali dispregiano esso, e commendano gli altri, massimamente quello di lingua d'oco dicendo ch'è più bello e migliore quello che questo, partendosi in ciò dalla verità. Che per questo commento gran bontà del volgare di sì si vedrà. la AFFERMAR. Giurando (terz. 37). LETE. Quando lo passerò per salire al cielo (c. XXXIII). |