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45.

Com' uom che va nè sa dove riesca.
Nè la nostra partita fu men tosta.

44.

SA. Petr.: Che non sa ove si vada e pur si parte. V. Nuova: Come colui che non sa per qual via pigli il suo cammino, che vuole andare e non sa onde si vada. Ott.: Si può ricogliere per senso tropologico di questi due capitoli: che se l'uomo si vuole partire dal peccato, e di quello fare penitenza per meritare vita eterna, in prima conviene essere umile essere sollecito ... e lasciare la dilettazione corporale.

...

poi conviene

CANTO III.

ARGOMENTO.

S'avviano al monte. Dante che vede l'ombra sua, non di Virgilio, segnata di contro al sole, si turba temendosi abbandonato. Questo gioco della luce e dell'ombra ritornerà frequente in tutta la cantica. Rincontrano anime, che additan loro la strada; fra queste Manfredi re, morto nel 1265 alla battaglia di Benevento, vinta da Carlo d'Angiò.

Dolci e potenti son le parole del re ghibellino, amato da Dante, e lodato nella Volgare Eloquenza. Bello il cenno di Costanza sua figlia, e sempre soave l'accennar del Poeta alle donne: Francesca, Gualdrada, Clemenza, Nella, Piccarda. Nota le terzine i alla 8; la 10; la 12 alla 15; la 17 alla 20; la 22, 23, 24, 26, 27, 28, 30, 31, 34; la 36 alla 45, con la 47.

I.

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4.

I

Avvegnachè la subitana fuga

Dispergesse color per la campagna,
Rivolti al monte ove ragion ne fruga,
I'mi ristrinsi alla fida compagna.

E come sare' io senza lui corso?
Chi m'avria tratto su per la montagna?
Ei mi parea da sè stesso rimorso.
O dignitosa coscienzia e netta,

Come è picciol fallo amaro morso!
t'

Quando li piedi suoi lasciar la fretta,

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RAGION. Per dritto o giustizia è frequente nel Convivio. Qui vuol forse intendere insieme, che all' espiazione del fallo la stessa ragione umana ci guida. Quindi sceglie a guida Virgilio. FRUGA. Inf., XXX: La rigida giustizia che

mi fruga. Ricerca gl'intimi delle anime nostre e le martoria con dolore. COMPAGNA. Per compagnia (Inf., XXVI). Anco in prosa (Vill., XII, 8). DIGNITOSA. Dalla dignità vien purezza. MORSO! Tasso (X, 59): Ch' era al cor picciol fallo amaro morso. Petr.: Vergogna ebbi di me : che a cor gentile Basta ben tanto ed altro spron non volli. Ott.: Il fallo d'uno uomo saggio è troppo più da biasimare che d'un uomo folle.

Tomo II.

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II.

Che l'onestade ad ogni atto dismaga,
La mente mia che prima era ristretta,
Lo 'ntento rallargò sì come vaga;
E diedi 'l viso mio incontra 'l poggio
Che 'nverso 'l ciel, più alto, si dislaga.

Lo sol che dietro fiammeggiava roggio,
Rotto m' era dinanzi, alla figura

Ch' aveva in me de' suoi raggi l'appoggio.
I'mi volsi dallato, con paura
D'essere abbandonato, quando i' vidi
Solo dinanzi a me la terra oscura.

El mio conforto: perchè pur diffidi?
A dir mi cominciò tutto rivolto:
Non credi tu me teco e ch' io ti guidi?
Vespero è già colà dov'è sepolto
Lo corpo dentro al quale io facev' ombra.
Napoli l' ha; e da Brandizio è tolto.

Ora se innanzi a me nulla s' adombra,
Non ti maravigliar più che de' cieli,
Che l'uno all' altro raggio non ingombra.
A sofferir tormenti, e caldi, e geli,

ONESTADE. C. VI: E nel mover degli occhi onesta e tarda! RISTRETTA. Inf., VI: La mente che si chiuse Dinanzi alla pietà.

DIEDI. Eccles. (VIII, 9): Dedi cor meum (per osservare) in cunctis operibus, quae fiunt sub sole. — DISLAGA. Si leva dal gran lago marino. Par., XXVI : Nel monte che si leva più dall'onda.

ROGGIO. Nelle iscrizioni del Grutero trovasi robio. Il sole al nascere e al tramontare è più rosso che mai. ALLA. Secondo la ... L'ombra aveva la figura del corpo mio.

VESPERO. Qui, come nel XV, vespero è il resto del dì dopo nona. Nel c. XV, dice che in Italia è mezzanotte quando in Purgatorio restano tre ore di giorno: perchè ne' primi d'aprile in equinozio il sole all' Italia doveva nascere nov'ore prima che nel monte del Purgatorio. Onde se al punto nel quale ora siamo, in Purgatorio erano due ore di giorno (perchè già disse nel canto precedente che il sole aveva cacciato il Capricorno dall'alto del cielo); se quivi erano due ore circa di giorno, in Purgatorio dovevano essere undici circa, cioè un'ora prima di notte. BRANDIZIO. Per Brindisi (Brundusium) anco in prosa (G. V., Î, 12). L'epitafio di Virg.: Mantua me genuit: Calabri rapuere ; tenet nuno Parthe

поре.

10. INGOMBRA. Il raggio passa libero di cielo in cielo, come quelli che son trasparenti (Par., XXXII).

II.

SOFFERIR. Teoria di Platone accennata da Virg., VI, adottata da alcuni de'

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Simili corpi la virtù dispone,

Che, come fa, non vuol ch' a noi si sveli.
Matto è chi spera che nostra ragione

Possa trascorrer la 'nfinita via,

Che tiene una sustanzia in tre persone.
State contenti, umana gente, al quia:
Che se potuto aveste veder tutto,
Mestier non era partorir Maria.

E disiar vedeste senza frutto
Tai che sarebbe lor disio quetato,
Ch' eternalmente è dato lor per lutto:
I' dico d' Aristotele e di Plato,

E di molti altri. E qui chinò la fronte,
E più non disse, e rimase turbato.

Noi divenimmo in tanto appiè del monte:
Quivi trovammo la roccia sì erta
Che 'ndarno vi sarien le gambe pronte.
Tra Lerici e Turbía, la più diserta,
La più romita via è una scala,
Verso di quella, agevole e aperta.

Or chi sa da qual man la costa cala,
Disse 'l maestro mio fermando 'l passo,
Sì che possa salir chi va senz' ala?

Padri. S. Tom. (cont. Gent.) dice che la pena corporea non verrà se non dopo risorti i corpi.

VIA. IS., LV: Non ... cogitationes meae cogitationes vestrae, neque viae vestrae viae meae. Arist. (Phys., III): Infinitum non est pertransibile. 13. STATE. Star contento a... frase del Convivio.- QUIA. S. Paul.: Non plus sapere quam oportet. Secondo Aristotele la dimostrazione propter quod è a priori; l'altra quia è a posteriori. MESTIER. Se l'uomo sapesse ogni cosa, nè i filosofi antichi sarebbero al Limbo, nè Adamo avrebbe peccato, e gli uomini sarebbero sicut Dii (Gen., III). Nelle cose teologiche insegna Dante a sommettere l'intelletto: ma quanto a'morali ragionamenti e' dice che sogliono dare desiderio di vedere l'origine loro.

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PLATO. Se tali ingegni non videro intera la verità, or come il volgo? MolTI. Intende anco sè: però si turba.

TURBÍA. Terre a due capi della riviera di Genova, piene di monti scoscesi; l'una a levante verso Sarzana, l'altra a ponente vicino a Monaco. Ottimo : La penitenza... è molto disforme alle delettazioni sensitive.

OR. Nella domanda si vede l' uomo tuttavia conturbato. Più volte nel Purgatorio Virgilio rimane incerto del cammino; perchè all'espiazione la ragion sola può avviare, non sempre guidar certamente (c. XII, XXII). — CALA. Virg.: Qua se subducere colles Incipiunt.

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E mentre che, tenendo 'l viso basso,
Esaminava del cammin la mente,
Ed io mirava suso intorno al sasso,

Da man sinistra m' apparì una gente
D'anime che movieno i piè ver noi,
E non parevan, sì venivan lente.

Leva, dissi al maestro, gli occhi tuoi;
Ecco di qua chi ne darà consiglio
Se tu da te medesmo aver nol puoi.

Guardommi allora, e con libero piglio
Rispose: andiammo in là, ch' ei vegnon piano.
E tu ferma la speme, dolce figlio.

Ancora era quel popol di lontano,
I' dico dopo i nostri mille passi,
Quant' un buon gittator trarria con mano,
Quando si strinser tutti a' duri massi
Dell' alta ripa, e stetter fermi e stretti
Com' a guardar, chi va, dubbiando stassi.
O ben finiti, o già spiriti eletti,
Virgilio incominciò, per quella pace
Ch'i' credo che per voi tutti s'aspetti,
Ditene dove la montagna giace,

Sì che possibil sia l'andare insuso:
Che'l perder tempo a chi più sa più spiace.
Come le pecorelle escon del chiuso

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MENTE. Ariosto (XVIII, 21): Col pensier discorre Dove...

GENTE. I Lat.: Gens hominum. - LENTE. Simbolo dell'antica lentezza. Forse tutti scomunicati come Manfredi.

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POPOL. Reg., II: Et ecce populus multus veniebat per iter devium.

TRAR

RIA. Ariosto: Fattisi appresso al nudo scoglio, quanto Potria gagliarda man gettar un sasso. Evangel.: Quantum jactus est lapidis. Virgil.: Intra jactum teli progressus uterque.

GIA. Fin d'ora.

PACE. Questo verso dichiara quel dell' Inf., V: Pregheremmo lui per la tua pace.

26. GIACE. Inf., XIX: Quella ripa che più giace. C. XXIII: La... costa giaccia. TEMPO. Seneca: Nil pretiosius tempore

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COME. Il Tasso cita questi versi con lode grande. Inelegante ma non senza vita è una simile comparazione nel Bertola: Siccome in notte iberna Pria che l'ovil sia schiuso, Se il dubbio giorno scerna, All' uscio appoggia il muso

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