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CANTO XXVIII.

ARGOMENTO.

Selva amenissima. Vede una donna che canta cogliendo fiori, Matelda; la quale gli spiega donde esca l'aura che move la verzura, e donde l'acqua limpida che la irriga, poichè lassù non han luogo vapori. L'aura dal mover del cielo; l'acqua da fontana perenne, come i fiumi del paradiso terrestre, là nella Genesi. L'aria move le piante, la pianta sparge nell'aria la sua potenza fecondatrice, che portata nel nostro emisfero, vi genera nuove piante senza seme palese. Il seme vien di lassù.

La dottrina fisica non è buona, ma è poesia: merito che a molte ipotesi manca. Nota le terzine 1 alla 12; la 14 alla 17; la 19; la 21 alla 25; la 33, 36, 37, 38, 40, 42, 43, 44, 49.

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I.

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4.

V

ago già di cercar dentro e d'intorno
La divina foresta spessa e viva

Ch' agli occhi temperava il novo giorno,
Senza più aspettar lasciai la riva,
Prendendo la campagna lento lento
Su per lo suol che d'ogni parte oliva.
Un' aura dolce senza mutamento
Avere in sè, mi feria per la fronte
Non di più colpo che soave vento;

Per cui le fronde tremolando pronte

FORESTA. Virg., VI: Devenere locos laetos, et amoena vireta Fortunatorum nemorum. S. Agost. (De Gen., VIII, 1) descrive il paradiso terrestre: fructuosis nemoribus opacatum. SPESSA. La spessezza talvolta nuoce alla vita. OLIVA. Bocc.: Di rose, di fiori d'aranci, e d'altri odori tutta oliva. SENZA. Ar.: Una dolce aura che ti par che vaghi A un modo sempre, e dal suo stil non falli, Facea si l'aria tremolar d'intorno Che non potea noiar calor del giorno. AVERE. A molti de'moderni P. nobilissimi, questa frase parrebbe prosaica. - FERIA. Petr.: L' aura serena che tra verdi fronde Mormorando a ferir nel volto viemme. · - FRONTE. Perchè veniva dall'oriente, ove il P. era volto (c. XXVII, 45). · SOAVE. Petr.: Ed a'gelati ed a' soavi venti. FRONDE. In questo canto tutta la semplicità e la freschezza d'un idillio.

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Tutte quante piegavano alla parte
U' la prim' ombra gitta il santo monte:
Non però dal lor esser dritto sparte
Tanto che gli augelletti per le cime
Lasciasser d' operare ogni lor arte.
Ma con piena letizia l'ôre prime
Cantando riceveano intra le foglie
Che tenevan bordone alle sue rime,
Tal qual di ramo in ramo si raccoglie
Per la pineta in sul lito di Chiassi
Quand' Eolo scirocco fuor discioglie.

Già m' avean trasportato i lenti passi
Dentro all' antica selva tanto ch' io
Non potea rivedere ond' io m' entrassi.
Ed ecco più andar mi tolse un rio
Che 'nvêr sinistra con sue picciole onde
Piegava l'erba che 'n sua ripa uscio.

Tutte l' acque che son di qua più monde

Parrieno avere in sè mistura alcuna

Verso di quella che nulla nasconde,

TREMOLANDO. Virg.: Incertas zephyris motantibus umbras. Ov.: Tremulaeve cacumine palmae.

ESSER. Frase alquanto contorta: pur semplice. -ARTE. Non così naturale come il resto.

ÖRE. Per aure (Petr., 143).— RICEVEANO. Virg.: Auras Accipiunt. Sap., VII: Natus accepi communem aerem. - BORDONE. Allegri: E fa bordone alla zampogna mia. Bordone è la più grossa canna della piva di suono più grave. Ar.: E poi ch' a salutar la nuova luce Pei verdi rami incominciár gli augelli. Buon.: E d'acque Sorgenti e mormoranti che di cetre Servon sonore ai canti degli augelli. SUE. Ponete loro, e vedrete quanto certi idiotismi sieno più nobili della grammatica. —RIME. Rima per parola disse nell'Inf., XIII. Qui per canto. Carmen degli uccelli disse Virgilio.

7. RACCOGLIE. Virg. (Aen., X): Ceu flamina prima Quum deprensa fremunt silvis. CHIASSI. Classe vicino a Ravenna. DISCIOGLIE (Aen., I).

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8. TRASPORTATO. C. XXIII; Ben mille passi e più ci portár oltre.

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ENTRASSI.

Per fossi entrato. Altra sgrammaticatura, comoda molto. Inf., XV: Già eravam dalla selva rimossi Tanto ch'i'non avrei visto dov' era, Perch' io'ndietro rivolto mi fossi.

Rio. Ov. (Met., V): Silva coronat aquas, cingens latus omne, suisque Frondibus, ut velo, Phoebeos submovet ignes. Frigora dant rami, Tyrios humus humida flores. Perpetuum ver est. SINISTRA. Questo è Lete che toglie la memoria del peccato: però lo pone a sinistra.

MONDE. Cresc. (1. 5): Acque copiose e monde.

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12.

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Avvegna che si mova bruna bruna
Sotto l'ombra perpetua che mai
Raggiar non lascia sole ivi nè luna.
Co' piè ristetti e con gli occhi passai
Di là dal fiumicello per mirare
La gran varïazion de' freschi mai.

E là m' apparve sì com' egli appare
Subitamente cosa che disvia
Per maraviglia tutt' altro pensare,

Una donna soletta che si gia
Cantando ed iscegliendo fior da fiore,
Ond' era pinta tutta la sua via.

Deh bella donna ch' a' raggi d'amore
Ti scaldi, s'i' vo' credere a' sembianti
Che soglion esser testimon del core,
Vegnati voglia di trarreti avanti,
Diss' io a lei, verso questa riviera,
Tanto ch'i' possa intender che tu canti.
Tu mi fai rimembrar dove e qual era
Proserpina nel tempo che perdette
La madre lei ed ella primavera.

PERPETUA. Tasso: Ma tutta insieme poi tra verdi sponde In profondo canal l'acqua s'aduna. E sotto l'ombra di perpetue fronde, Mormorando sen va gelida e bruna. Stat.: Undas ... Secreta nutrit Langia sub umbra. Ar.: E la foglia co'rami in modo è mista Che'l sol non v'entra,non che minor vista.

MAI. Maio, bel ramo grande, che ai primi di maggio i contadini mettevano agli usci delle lor vaghe.

14. DONNA. Matilde, cont. vissuta nell' XI sec. Magnificentissima la dice Pietro, e probissima. Molte chiese costrusse, molte liberalità fece: e questo indica che la vita attiva dev'essere magnificente. La vita attiva, in quanto col suo piacevole moto cancella il peccato. Però fa ch'essa donna tragga Dante per l'acqua di Lete, e colga fiori, e con la sua bellezza lo prepari alla bellezza di Beatrice, dell'alta contemplazione. Altri intende per Matelda, molto devota alla Chiesa, l'amore di essa Chiesa, il quale dispone Dante a vederne in questa selva il trionfo. Il P. la dice infatti calda deʼraggi d'amore, e fa il suo canto simile al canto d'innamorata. Ma l'idea dell' amore, e della devozione alla Chiesa, e della vita attiva piacevole perchè vita d'amore, e della liberalità di Matilde, virtù contraria al vizio della femmina sciolta, possono in un simbolo solo congiungersi, se

17.

non erro.

PROSERPINA. OV. (Met., V): Quo dum Proserpina luco Ludit, et aut violas, aut candida lilia carpit. MADRE. Et matrem, et comites, sed matrem saepius, ore Clamat: et, ut summa vestem laniarat ab ora, Collecti flores tunicis

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Come si volge con le piante strette
A terra e intra sè donna che balli,
E piede innanzi piede a pena mette;
Volsesi 'n su' vermigli ed in su' gialli
Fioretti verso me non altrimenti
Che vergine che gli occhi onesti avvalli:
E fece i prieghi miei esser contenti
Si appressando sè che 'l dolce suono
Veniva a me co' suoi intendimenti.

Tosto che fu là dove l'erbe sono
Bagnate già dall' onde del bel fiume,
Di levar gli occhi suoi mi fece dono.
Non credo che splendesse tanto lume
Sotto le ciglia a Venere trafitta
Dal figlio fuor di tutto suo costume.
Ella ridea dall' altra riva dritta,
Traendo più color con le sue mani,
Che l'alta terra senza seme gitta.

Tre passi ci facea 'l fiume lontani:
Ma Ellesponto là 've passò Serse
(Ancora freno a tutti orgogli umani)

Più odio da Leandro non sofferse
Per mareggiare intra Sesto e Abido,

cecidere remissis. Tantaque simplicitas puerilibus adfuit annis: Haec quoque virgineum movit jactura dolorem. PRIMAVERA. Virg.: Hic ver purpureum: varios hic humida circum Fundit humus flores ... Bocc. (Fiamm.): Così ornata levatami, qual Proserpina allora che Plutone la rapi alla madre,cotale me ne andava per la nuova primavera cantando.

PIEDE. BOCC.: Piede innanzi piede venendosene.

AVVALLI. C. XIII: E l'uno 'l capo sopra l'altro avvalla.

INTENDIMENTI. Concetti. In Montaigne entendement per pensiero. Bocc.: Queste parole pensando, e non potendo di esse comprendere nè intendimento nè frutto alcuno.

VENERE. Amante d'Adone. Ov. (Met., X, 125): Namque pharetratus dum dat puer oscula matri, Inscius extanti destrinxit arundine pectus. Laesa manu natum Dea reppulit.

23. COLOR. OV. (Fast., IV): Fuerant illic, quot habet natura, colores: Pictaque dissimili flore nitebat humus. Prop.: Quos summittit humus formosa colores. 24. SERSE. Luc.: Tales fama canit tumidum super aequora Xersen Construxisse vias. La rotta di Serse è pur narrata da P. Orosio, III, dove l'avrà letta il P.

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SESTO. Lucan., II: Europamque Asiae Sextonque admovit Abydo (V. Ov., Her. XVII).

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Che quel da me perchè allor non s' aperse.
Voi siete nuovi; e forse perch' io rido,
Cominciò ella, in questo luogo eletto
All' umana natura per suo nido,

Maravigliando tienvi alcun sospetto:
Ma luce rende il salmo Delectasti
Che puote disnebbiar vostro intelletto.
E tu che se' dinanzi e mi pregasti,
Di' s'altro vuoi udir; ch' io venni presta
Ad ogni tua question tanto che basti.

L'acqua, diss' io, e 'l suon della foresta
Impugnan dentro a me novella fede
Di cosa ch' io udi' contraria a questa.
Ond' ella: i' dicerò come procede
Per sua cagion ciò ch' ammirar ti face
E purgherò la nebbia che ti fiede.

Lo sommo Ben che solo esso a sè piace,
Fece l'uom buono a bene; e questo loco
Diede per arra a lui d'eterna pace.

Per sua diffalta qui dimorò poco:
Per sua diffalta in pianto ed in affanno
Cambiò onesto riso e dolce giuoco.

Perchè 'l turbar che sotto da sè fanno
L'esalazion dell' acqua e della terra,
Che quanto posson dietro al calor vanno,

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DELECTASTI. PS. XCI: Delectasti me, Domine, in factura tua, et in operibus manuum tuarum exultabo. Matelda sorride di gioia celeste.

BASTI. Conv.: L'umano desiderio è misurato in questa vita a quella scienzia che qui aver si può: e quel punto non passa se non per errore, il quale è fuori di naturale intenzione. E nel Convivio stesso, con l'Ecclesiastico: Più alte cose di te non domanderai, e più forti cose di te non cercherai; ma quelle cose che Dio ti comandò, pensa.

UDI'. Stazio (XXI, 16) gli disse che sul monte non cade nè pioggia ned altro, e vapore non sorge.

FIEDE. C. XXV: Sanator delle tue piage.

31. Esso. Lat.: Ipse sibi. PIACE. Omnia propter semetipsum operatus est Dominus. Perchè il sommo bene non può non far cosa che bene non sia.

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Poco. Dall'alba al mezzodi (Par., XXVI; Gen., III).- Giuoco. Per gioia. Nel Par. sovente. Petr.: Assai dolor con breve gioco.

VANNO. Gli antichi ignorando la gravità dell'aria, causa che i vapori più leggieri salgano in alto, credettero che naturalmente e' tendessero verso il sole.

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