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Io mossi i piè del loco dov' io stava,
Per avvisar da presso un' altra storia
Che diretro a Micól mi biancheggiava.
Quiv' era storïata l'alta gloria
Del roman prince lo cui gran valore
Mosse Gregorio alla sua gran vittoria;
I' dico di Traiano imperadore:
E una vedovella gli er' al freno
Di lagrime atteggiata e di dolore.

Dintorno a lui parea calcato e pieno
Di cavalieri, e l' aguglie nell' oro

Sovr' essi in vista, al vento si movieno.
La miserella infra tutti costoro

se

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25. PRINCE. Tradizione di cui parla uno storico, citato da Pietro (De gestis Romanorum). E il Novell., LXIX: Qui conta della gran giustizia di Traiano imperatore... Andando un giorno colla sua grande cavalleria contr' a' suoi nemici, una femmina vedova li si fece dinanzi, e preselo per la staffa, e disse: messer, fammi diritto di quelli che a torto m'hanno morto il mio figliuolo. E lo imperatore disse ....... Ed ella disse: se tu non torni? Ed elli rispoE dopo non molto tempo dopo la sua morte, venne il B. Grigoro papa: e, trovando la sua giustizia, andò alla statua sua. E con lagrime l'onorò di gran lode, e fecelo diseppellire. Trovaro che tutto era tornato alla terra, salvo le ossa e la lingua. E ciò dimostrava com'era stato giustissimo uomo, e giustamente avea parlato. E santo Grigoro orò per lui a Dio. E dicesi, per evidente miracolo, che per li preghi di questo santo papa l'anima di questo imperatore fu liberata dalle pene dell'Inf. Di ciò nel XX del Par. VALORE. Non pur guerriero. · - VITTORIA. Il Baronio (t. VIII, an. 601) ed il Bellarmino (II, De Purg., c. 8) dicono favolosa la storia narrata da Paolo Diacono (V. Greg., 1. II, c. 44), dall' Eucologio de' Greci (cap. 66), da s. Tom. (Suppl. quaest. 73, art. 5, ad s.). Dione, Cassio e Sifilino, attribuiscono ad Adriano l'azione detta: ma la tradizione la dona a Traiano. Ott.: Anno della nativitate di Cristo DLXXXI, Gregorio dottore sede papa anni tredici ... Aprendosi il monimento nel quale era suto seppellito ... Traiano, e trovandosi la sua testa, con la lingua così intera e così vermiglia, come era essuta in prima vita... conosciuto per divina rivelazione del detto papa Gregorio, che questo era in Traiano per la somma giustizia ch'era essuta in lui; e vedendo, come pagano era dannato, con vigilie, digiuni ed orazioni, impetrò dalla misericordia di Dio, che l'anima del detto Traiano, esente dallo Inferno, volendo fare penitenza e riconoscere Dio, fu restituita al corpo mortale, nel quacon li sussidii del beato Gregorio, meritò l'eterna vita. Ma il detto Gregorio eleggendo di volère anzi qui, che in Purgatorio, mondarsi di quello che avea chiesto sì fatto dono, tutto il rimanente della sua vita langui in letto d'ogni generazione d'infermitadi, le quali con somma pazienza comportò, sempre laudando Iddio. Poi l'Ott. cita Paolo Orosio, rammentando come Traiano facesse restare la persecuzione de' Cristiani: e le sue molte virtù.

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Parea dicer: signor, fammi vendetta Del mio figliuol ch' è morto, ond' io m' accoro. Ed egli a lei rispondere: ora aspetta Tanto ch' io torni. E quella: signor mio (Come persona in cui dolor s' affretta), 30. Se tu non torni? Ed ei: chi fia dov' io, La ti farà. Ed ella: l' altrui bene

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A te che fia, se 'l tuo metti in obblio?

Ond' egli: or ti conforta, che conviene
Ch'i' solva il mio dovere anzi ch'i' mova:
Giustizia vuole, e pietà mi ritiene.

Colui che mai non vide cosa nuova,
Produsse esto visibile parlare,

Novello a noi perchè qui non si trova.
Mentr' io mi dilettava di guardare
L'immagini di tante umilitadi,
E per lo fabbro loro a veder care;
Ecco di qua, ma fanno i passi radi,
Mormorava 'l poeta, molte genti:
Questi ne 'nvieranno agli alti gradi.

Gli occhi miei ch' a mirar erano intenti
Per veder novitadi onde son vaghi,
Volgendosi vêr lui non furon lenti.

Non vo' però, lettor, che tu ti smaghi
Di buon proponimento, per udire
Come Dio vuol che 'l debito si paghi.

Non attender la forma del martîre:
Pensa la succession; pensa ch' a peggio,
Oltre la gran sentenzia, non puo' ire.

Io cominciai: maestro, quel ch' io veggio
Mover vêr noi, non mi sembian persone,

NUOVA. Aug. (C. D., XXII, 22): Ad opus novum, sempiternum adhibet Deus consilium.

33. UMILITADI. Anco in prosa (V. S. Padri). Nell'umiltà si compiace tanto, anco perchè questa era virtù principale della sua donna. Lo dice nelle Rime sovente. SMAGHI. Bocc.: La quale (onestà) non che i ragionamenti sollazzevoli, ma il terrore della morte non credo che potesse smagare. PAGHI. Teme che le pene si gravi dell`espiazione non facciano parere la virtù troppo dura. GRAN. Inf., VI: La gran sentenza. Venite benedicti; ite maledicti. Alla peggio alla peggio, il tormento dell' espiazione non durerà più del mondo.

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E non so che: sì nel veder vaneggio.
Ed egli a me la grave condizione
Di lor tormento a terra li rannicchia
Sì che i mie' occhi pria n' ebber tenzone.
Ma guarda fiso là, e disviticchia
Col viso quel che vien sotto a quei sassi:
Già scorger puoi come ciascun si picchia.
O superbi Cristian, miseri lassi,
Che de la vista della mente infermi
Fidanza avete ne' ritrosi passi,

Non v' accorgete voi che noi siam vermi
Nati a formar l'angelica farfalla
Che vola alla giustizia senza schermi?
Di che l'animo vostro in alto galla?
Poi siete quasi entomata in difetto,
Sì come verme in cui formazion falla.
Come, per sostentar solaio o tetto,
Per mensola tal volta una figura
Si vede giunger le ginocchia al petto,
La qual fa del non ver vera rancura

Nascere a chi la vede; così fatti
Vid' io color quando posi ben cura.

Ver è che più e meno eran contratti
Secondo ch' avean più e meno addosso.
E qual più pazïenzia avea negli atti,

Piangendo parea dicer: più non posso.

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TERRA. Pietro cita il salm.: Conquassabit capita in terra multorum.
40. SOTTO. Ev.: Qui se exaltat, humiliabitur.

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LASSI. Inf., XXXII: Fratei miseri lassi. Petr.: Ite superbi e miseri Cristiani. RITROSI. Credete avanzare, e retrocedete per la viltà dell'orgoglio.

VERMI. PS.: Ego autem sum vermis. Negli antichi monumenti per rappresentare l'anima non solo s' incontra una fanciulla alata, ma sovente la stessa farfalla (Buonarroti, Osservaz. sopra alcuni frammenti di vasi). SCHERMI?

Par., XXIX: Da cui nulla si nasconde.

ENTOMATA (Arist., De An., II). Entoma, nota il Salvini, doveva dire. Ma entomati usò il Redi; e nel Dufresne troviamo entoma, entomatis.

MENSOLA (Vitruv., 1. I).

45. RANCURA. Inf., XXVII: Rancurarsi per dolersi.

CANTO XI.

ARGOMENTO.

Tra le anime de' superbi trova un conte senese, e Oderigo da Gubbio, miniatore celebre, ma vinto già da Franco Bolognese. Da qui prende occasione a gridare la vanità della gloria mondana. Conosce da ultimo un altro Senese, a cui gl'indugi al pentirsi fino all'estremo del vivere furono perdonati in grazia d'un'opera virtuosa, dell' essersi umiliato a chiedere aiuto per far bene ad altrui. Tanto potere dava alla beneficenza il P., e tanto duro parevagli il chiedere: e da ultimo lo confessa, accennando a simili umiliazioni del proprio esiglio.

Canto non forte d'invenzione, ma di concetto e di stile.

Nota le terzine alla 5; la 9, 10, 11, 13, 14, 16, 19, 20, 21, 25, 26, 29, 31; la 34 alla 37; la 39, 40; le ultime tre.

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I.'

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Padre nostro che ne' cieli stai,
Non circonscritto, ma per più amore
Ch' ai primi effetti di lassù tu hai,
Laudato sia 'l tuo nome e 'l tuo valore
Da ogni creatura, com' è degno

Di render grazie al tuo dolce vapore.
Vegna vêr noi la pace del tuo regno;
Chè noi ad essa non potem da noi,

S'ella non vien, con tutto nostro 'ngegno.

PADRE (Matth., V). Preghiera conveniente a purgar la superbia, poichè si conosce in essa l'altezza di Dio, a lui si reca ogni gloria; il suo regno, non l'umano s'invoca; e, ciò che più pesa all'orgoglio, si perdona ogni offesa. E la sovrana delle preghiere ben s'appropria al massimo de' peccati. CIRCONSCRITTO. Reg. (III, 8): Coeli coelorum te capere non possunt.— EFFETTI. I cieli e le intelligenze che li reggono. Effetti per creature nel Conv. Arist. (De coelo et mundo), citato dall' Ott., dice che il luogo dev'essere proporzionato al locato.

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VALORE. Arnaldo nel XXVI, parlando della divina virtù, la chiama valore. VAPORE. Sap. (VII, 25): Sapientia vapor est virtutis Dei, et emanatio. 3. POTEM. Inf., XXIV: Non potea più oltre.

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II.

I 2.

Come del suo voler gli angeli tuoi
Fan sacrificio a te, cantando osanna,
Così facciano gli uomini de' suoi.

Dà oggi a noi la cotidiana manna,
Senza la qual per questo aspro diserto
A retro va chi più di gir s' affanna.

E come noi lo mal ch' avem sofferto
Perdoniamo a ciascuno, e tu perdona
Benigno, e non guardare al nostro merto.
Nostra virtù che di leggier s'adona
Non spermentar con l'antico avversaro;
Ma libera da lui che sì la sprona.

Quest'ultima preghiera, signor caro,
Già non si fa per noi, che non bisogna;
Ma per color che dietro a noi restaro.
Così a sè e noi buona ramogna
Quell' ombre orando, andavan sotto 'l pondo,
Simile a quel che tal volta si sogna,
Disparmente angosciate, tutte a tondo,
E lasse su per la prima cornice,
Purgando le caligini del mondo.

Se di là sempre ben per noi si dice,
Di qua che dire e far per lor si puote
Da quei ch' hanno al voler buona radice?
Ben si dee loro atar lavar le note
Che portâr quinci, sì che mondi e lievi
Possano uscire alle stellate ruote.

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OSANNA. Ap.: Clamabunt, dicentes: Hosanna.

MANNA. Di carità. Ambr.: Panis vitae aeternae qui fulcit animam nostram. Necessaria alle anime preganti ed alle viventi ne' corpi. Sap., XVI: Paratum panem de coelo praestitisti illis. Matth., IV: Non in solo pane vivit homo, sed in omni verbo quod procedit de ore Dei. ADONA. Doma. È nella C. di Dio.

tuttora in Toscana.

SPERMENTAR (Cresc., II, 8). Lo dicono

- LUI. S. Jo. Chrys., in Matth. VI, dice che male è lo stesso

che diavolo. S. Petr. (Ep.): Adversarius diabolus.

8. ULTIMA. Del non indurre in tentazione.

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DISPARMENTE. Secondo la più o men superbia (c. X, 46). ·

CALIGINI. S. Ag.

nel salmo 101: Vidit fumum superbiae similem, ascendentem, tumescentem, vanescentem.

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