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Più non dirò; e scuro so che parlo:
Ma poco tempo andrà che i tuoi vicini
Faranno sì che tu potrai chiosarlo.

Quest' opera gli tolse quei confini.

spagnuola a venire ad oste a Colle con mille quattrocento cavalli, e pedoni da otto mila dicendo: noi commoveremo M. Gian Beroaldi Maliscalco del re, e li Franceschi a subita battaglia, ed aremoli tutti presi; ed in contrario venne, ch' elli vi fu sconfitto; e la sua testa portata in su una asta di lancia, anni 1269. Dicesi, che anzi venisse a questa sconfitta, elli si tolse da ogni superbia.

VICINI. Fiorentini. Per concittadino l'usa il Petr. (s. 71): Pianga Pistoia e i cittadin perversi Che perdut' hanno si dolce vicino. CHIOSARLO. Proverai la povertà, e saprai quanto costa mendicare un soccorso, e quanto merito se n' abbia facendolo ad alto fine. Par., XVII: Tu proverai sì come sa di sale Lo pane altrui.

CONFINI. L'aspettare laggiù prima di venire a purgarsi. Un atto magnanimo gli valse per penitenza negli occhi di Dio.

CANTO XII.

ARGOMENTO.

Seguono a girare il monte, e il poeta contempla le sculture del suolo, rappresentanti esempi di superbia punita. Tre canti e' dona alla superbia, e contr' essa grida, e si confessa superbo. Non solamente politico, ma più morale che non si creda è lo scopo della Commedia. Giungono al varco dove si sale all'altro giro, e trovano un Angelo, che mostra la via, e col batter dell' ale, gli rade un P dalla fronte, il peccato della superbia, ch'egli ha nel giro presente espiato.

L'Angelo, la salita, le sculture, ogni cosa è poesia.

Nota le terzine 1 alla 7; la 9 alla 13; la 16; la 20 alla 24; la 28, 29, 30 ; la 32 alla 39; la 42 fino all'ultima.

1.

I.

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3.

Di

i pari, come buoi che vanno a giogo,
M' andava ïo con quell'anima carca
Fin che 'l sofferse il dolce pedagogo.

Ma quando disse: lascia lui e varca,
Chè qui è buon con la vela e co' remi,
Quantunque può ciascun, pinger sua barca.
Dritto, sì com' andar vuolsi, rifémi
Con la persona, avvegna che i pensieri
Mi rimanessero e chinati e scemi.

BUGI. C. XXVII: Io come capra.-Ïo. Puniva intanto sè della propria superbia. PEDAGOGO. Era quasi fanciullo sotto maestro; e più volte si paragona a fanciullo (Inf., XXIII; Purg., XXVII). — CARCA. L'idea di questo supplizio e di quello degl' invidi e de' famelici sarà stata forse al P. confermata, se non originata, dal seg. di Baruc (II, 17, 18): Non mortui, qui sunt in inferno ... dabunt honorem... Domino: sed anima, quae tristis est super magnitudine mali, et incedit curva et infirma, et oculi deficientes, et anima esuriens dat tibi gloriam.

2. REMI. I Lat.: Velis remisque contendere. Ov.: Remoque move veloque carinam. Petr.: Usi la vela e 'l remo Di cercar la sua morte.

3.

RIFÉMI. Anco in prosa, femi per fecimi. SCEMI. C. XI: Gran tumor m'appiani.

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II.

I'm' era mosso, e seguia volentieri
Del mio maestro i passi, e amendue
Già mostravam com' eravam leggieri;
Quando mi disse: volgi gli occhi in giue:
Buon ti sarà, per alleggiar la via,
Veder lo letto delle piante tue.

Come, perchè di lor memoria sia,
Sovr' a' sepolti le tombe terragne
Portan segnato quel ch' egli era pria;
Onde li molte volte se ne piagne
Per la puntura della rimembranza,
Che solo a' pii dà delle calcagne:

Sì vid' io lì, ma di miglior sembianza
Secondo l'artificio, figurato

Quanto, per via, di fuor dal monte avanza.
Vedea colui che fu nobil creato

Più ch' altra creatura giù dal cielo,
Folgoreggiando, scender da un lato.
Vedeva Briareo fitto dal telo
Celestial, giacer dall' altra parte,
Grave alla terra per lo mortai gelo.

Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte
Armati ancora intorno al padre loro
Mirar le membra de' giganti sparte.

VIA. Virg.: Viam sermone levabat. Questi esempi dimostran le pene pur nel mondo serbate a' superbi. - LETTO. Dove i piè posano. C. VII: Ha fatto alla guancia Della sua palma ... letto.

EGLI. Il sepolto. Bella mutazion di costrutto.

CALCAGNE. Sprona l' anime pie, non le dure. Pesante, ma non improprio

traslato.

SECONDO. Migliore quanto ad arte. ed il vano.

-

PER. Lo spazio dove si va, tra il masso

Più (c. XXXIV). — FOLGOREGGIANDO. S. Luc. (X, 18): Videbam satanam de coelo cadentem.

BRIAREO. Simbolo mitologico di Lucifero. Stat., II: Non aliter (Geticae si fas est credere Phlegrae) Armatum immensus Briareus stetit aethera contra. Hinc Phoebi pharetras, hinc torvae Palladis angues, Inde Pelethroniam praefixa cuspide pinum, Martis ... — - FITTO. Virg.: Figite me.—TELO. Virg.: Tuoque Invisum hoc detrude caput sub tartara telo. GRAVE. Horat.: Injecta monstris Terra dolet suis (Inf., XXXI). GELO. Virg. Aeneae solvuntur frigore membra.

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TIMBREO (Inf., XIV). Virg. (Georg., IV): Thymbraeus Apollo.

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• 18.

Vedea Nembrotte appiè del gran lavoro
Quasi smarrito, e riguardar le genti
Che 'n Sennaár con lui superbi foro.
O Niobe, con che occhi dolenti
Vedev' io te segnata in su la strada
Tra sette e sette tuoi figliuoli spenti!

O Saul, come 'n su la propria spada
Quivi parevi morto in Gelboè,
Che poi non sentì pioggia nè rugiada!
O folle Aragne, sì vedeva io te
Già mezza ragna, trista in su gli stracci
Dell' opera che mal per te si fe.

O Roboám, già non par che minacci
Quivi il tuo segno; ma pien di spavento
Nel porta un carro prima ch' altri 'l cacci.
Mostrava ancor lo duro pavimento
Come Almeone a sua madre fe caro
Parer lo sventurato adornamento.
Mostrava come i figli si gittaro
Sovra Sennacherib dentro dal tempio

NEMBROTTE (Genes., X, 8; Inf., XXXI, 26). Alterna gli esempi profani ai sacri per dimostrare che in ogni credenza ebbero gli uomini stimoli a virtù e freni al vizio. Così ne' Giud., IX, è adoprata a insegnamento la favola. Così nel lib. a Teodoro, il Grisost. pone ad esempio una storia biblica ed una favola.

NIOBE. Figlia di Tantalo e d'una pleiade, moglie d'Anfione tebano, superba de' suoi quattordici figli saettati da Apollo e da Diana. Ov. (Met., VI): Constitit utque oculos circumtulit alta superbos... Quaerite nunc, habeat quam nostra superbia causam.

SU LA. Reg.: Arripuit... Saul gladium, et irruit super eum. GELBOÈ. Dove fuggì. Reg. (II, 1): Montes Gelboe, nec ros, nec pluvia veniant super vos. Petr.: Onde assai può dolersi il fiero monte.

ARAGNE (Met., VI). Superba contro Minerva.

...

ROBOAM (Reg., III, 12). Non volle alleggerire al popolo le gravezze imposte da Salomone suo padre: Digitus meus grossior dorso patris mei pater meus cecidit vos flagellis, ego autem caedam vos scorpionibus. Il popolo lapidò il ministro di lui: Roboamo fuggì. - SEGNO. Statua. In Virg. e in altri.

MADRE. Erifile invaghita d'un monile superbo, palesò ad Argia il nascondiglio del marito Anfiarao ricusante d'ire alla guerra di Tebe. Stat., II: Tu infaustos, donante marito, Ornatus Argia geris. Onde Almeone suo figliuolo la uccise. Petr. (Tr. Am.): L' avara moglie d'Anfiarao.

SENNACHERIB. Assirio (Paralip.; Reg., IV, 19). Sotto Gerusalemme l'esercito di lui fu sconfitto. Torna a Ninive, e i figli l' uccidono. Is. (XXXVII, 38): Quum adoravit in templo Nesroch deum suum, Adramelech et Sarasar filii ejus

Tomo II.

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E come morto lui quivi lasciaro.

Mostrava la ruina e 'l crudo scempio
Che fe Tamiri quando disse a Ciro:
Sangue sitisti, ed io di sangue t'empio.
Mostrava come in rotta si fuggiro
Gli Assiri poichè fu morto Oloferne;
E anche le reliquie del martiro.

Vedeva Troia in cenere e in caverne.
O Ilión, come te basso e vile

Mostrava il segno che lì si discerne!

Qual di pennel fu maestro e di stile
Che ritraesse l'ombre e i tratti ch' ivi
Mirar farieno uno 'ngegno sottile?

Morti li morti, e i vivi parén vivi.
Non vide me' di me chi vide 'l vero,
Quant' io calcai finchè chinato givi.

Or superbite, e via col viso altiero,
Figliuoli d' Eva; e non chinate 'l volto
Sì che veggiate il vostro mal sentiero.

Più era già per noi del monte vôlto,
E del cammin del sole assai più speso
Che non stimava l'animo non sciolto.

Quando colui che sempre innanzi atteso
Andava, cominciò: drizza la testa.

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percusserunt eum gladio: effugieruntque in terram Ararat, et regnavit Azarhaddon filius ejus pro eo.

TAMIRI. Regina degli Sciti sconfisse i suoi duecentomila soldati, prese Ciro al passo dell' Arasse, e immersogli il teschio in un vaso di sangue, disse: Satia te sanguine quem sitisti (Justin., I, 8). – CIRO. Re de' Medi e de' Persi.

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OLOFERNE. I Giudei uscirono allora di Betulia, a trucidare il superbo esercito sgominato (Judith, XI, XII).

ILIÓN. Aen., III: Ceciditque superbum Ilium, et omnis humo fumat Neptunia Troia. Inf., XXX: L'altezza de' Troian che tutto ardiva.

OMBRE. Non tutte le figure erano intagliate nel marmo: altre solo segnate nella superficie con righe, al modo che s' incide nel rame. Allora solo può l'ombreggiamento aver luogo. MIRAR. Ammirare.

CHINATO. Però stanno le sculture sul suolo, perchè si chinino a riguardarle.
GIVI. Come audivi (Inf., XXVI).

EVA. La nomina, come più vana (Gen., III).

SCIOLTO. D'attenzione (Purg., IV, 1). Petr. (Tr. Am.): Troppo stai In un pensiero alle cose diverse; E'l tempo ch' è brevissimo, ben sai.

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