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(signore) nome che gli restò per tutta la vita e che passò glorioso alla posterità (1). La rimada e i romances differiscono poco dal racconto della cronica del Cid. Resta ora a vedere se quest' impresa è storica o se dobbiam relegarla fra le favole. E innanzi tutto noteremo che il fatto non è materialmente impossibile. Noi sappiamo infatti che, sciolto l'impero ommiada, ogni cittaduzza si reggeva da se, sotto un capo che pomposamente s' intitolava re. Dunque le parole cinque re mori non devono farci immaginare un potente c formidabile esercito ma piuttosto una truppa di predoni o scorridori non molto numerosa e armala più per rubare che per guerreggiare. La rimada

(1) (V. Ticknor I 18) Secondo il romance 34.° « En Zamora estaba el rey cosi avvenne il fatto: arrivati in Zamora gli ambasciatori dei cinque re vinti, inginocchiatisi innanzi a Rodrigo così gli dissero : « Cid Ruy Diaz, tus vassallos,

Como a sennor que te estiman
Te envian este presente,

Las parias son que debian ».

Di tali tributi Rodrigo volle dare il quinto al re Fernando, ma il re rifiutò il generoso dono ed aggradendo assai l'omaggio di Rodrigo ordinò che egli conservasse il nome di Cid che gli avean dato gli ambasciatori arabi:

« De este dia en adelante

Cid a Rodrigo le digan
Pues moros se lo llamaron,
Mucho a él le convenia ».

Il fatto è pure narrato colle stesse circostanze, dalla cronica del Cid (ediz. Burgos 1593 pag. 20). Quanto agli altri nomi del Cid, vedemmo che ebbe il nome di Campeador, secondo il Dozy per aver vinto un duello secondo altri per la sua scienza guerresca (V. Ticknor I.o e Cr. del Cid. cap. 19). Il nome di Ruydiez è, come già avvertimmo, una contrazione di Rodrigo Diaz (cioè figlio di Diego). Pare peraltro che per un certo tempo si credesse in Ispagna che anche il nome di Ruydiez fosse un titolo onorevole, e lo ricavo da alcune parole della cronaca del Cid (Burgos 1593 pag. 15) ove narra che appena Rodrigo fu armato cavaliere dal re, prese il nome di Ruydiez. Lo stesso dice la general.

dice che erano in cinquemila, ma questo numero deve essere esagerato perchè l'armare 5000 uomini, specialmente in quei tempi, non era cosa che si potesse far rapidamente e l'assalto non sarebbe stato così inaspettato come dicono le cronache, tanto che secondo esse il re Fernando che trovavasi in Carrion (a 56 chilometri da Burgos) non fece a tempo a giungere sul campo di battaglia. Bisogna dunque togliere assai al numero di cinquemila, e forse diminuirlo di una metà e anche di più. D’altra parte Rodrigo non era senza esercito. Avea, dice la rimada, 300 cavalieri suoi, inoltre dalle più vicine terre accorrevano numerosi uomini a combattere un' invasione dalla quale essi pure erano minacciati. Fra le forze delle due truppe non v'era dunque molta differenza, e come più sopra dissi, la vittoria di Rodrigo non è materialmente impossibile. Alla storia essa non contrasta, perchè stando alla comune opinione e al romance 18° (1), Rodrigo aveva venti anni, vale a dire che questa scorreria araba la dobbiam porre nel 1055. Ora appunto nel 1055 Rodrigo trovavasi certo in Burgos o a Vivar reduce (v. p. ) dalla guerra di Navarra e il re Ferdinando poteva benissimo essere a Carrion, come dice la rimada, giacchè sappiamo che dopo la battaglia di Atapuerca (settembre 1054) egli dopo aver prese le terre navarresi poste alla dritta del Duero, tornossene nella Vecchia Castiglia. In conclusione questa impresa del ventenne Rodrigo nè contravviene alla storia ně ha in sè del meraviglioso e dell' incredibile. Unica ragione per negarla sarebbe che alcune cronache e specialmente la Gesta e il cantare la

(1) Rom. XVIII (Rom. Michaelis p. 27):

Rodrigo cuando lo supo
En Vivar el su apellido,
(Mozo es de pocos dias,

Los veinte anos no ha cumplido),

Cabalga sobre Babieca, ecc.

tino non ne fanno alcun cenno. Ma quanto alle cronache latine più autorevoli, per esempio quelle dell' arcivescovo Rodrigo di Toledo e di Lucas de Tuy, già dicemmo che sdegnano le poesie e le esagerazioni popolari e un'impresa così volgare come il respingere una scorreria di predoni non potea trovar posto in quelle gravi storie che a pena accennano fuggevolmente le gesta le più gloriose del Cid. Quanto al cantare latino già vedemmo (v. p. 9-12 Parte I.a) che non è una storia di Rodrigo ma null'altro era forse in origine che una storia delle guerre fra il Cid e i catalani Conti di Barcellona; la Gesta essa pure (v. p. 120-121 e passim) non è una biografia dell'eroe ma un esteso racconto dell'ultimo periodo della sua vita; non è dunque strano che non sia in questi documenti accennata un impresa di poco conto e di niuna importanza politica, quando vediamo che di battaglie importantissime come quelle di Plantada (1068) e di Golpejar (1071) la Gesta ricorda appena il nome, e il cantare nemmen quello. Il silenzio dunque delle cronache latine e del cantar latino non è un argomento per negare la verità di questa pugna contro cinque re mori valorosamente combattuta e vinta dal ventenne Rodrigo. Ciò premesso non vedo per qual' altra ragione si possa negare la verità di questo fatto, spoglio, ben inteso, dalle esagerazioni della cronica rimada; e se fondandoci su questa e sulla cronaca del Cid non possiamo aver piena certezza di quest' impresa, abbiamo peraltro sufficiente probabilità di non errare nel crederla storica, perchè a ciò come vedemmo non fanno ostacolo nè la natura del fatto stesso, nè la cronologia e la storia, nè gli altri documenti sul Cid (1).

Nello stesso anno 1055 il re Ferdinando si volse a

(1) II Ticknor pare ritenga storica quest' impresa contro i cinque re arabi (I. p. 18). - Invece il Du-Méril (Poesies ecc. p. 294) il Dozy e il Lafuente la rilegano fra le favole, senza peraltro portarne alcuna ragione.

guerreggiare gli infedeli, e continuò fortemente la guerra fino alla sua morte, che fu nel 1065. Così per 10 anni (1055-65) la Castiglia non ebbe a sostenere malaugurate lotte fratricide, giacchè non pare sia storica la contesa fra Fernando e il suo fratello Ramiro d' Aragona pel possesso della città di Calahorra. Questa favola raccontata dalla cronica del Cid, e abbellita al solito dalla rimada e dai romances non ha alcun fondamento poichè sulla città di Calahorra che apparteneva a Garcia re di Navarra non potevano vantar nessun diritto nè Fernando di Castiglia nè Ramiro d'Aragona. Il fatto è questo (come lo narra la rimada): Martin Gonzalez nemico (non si sa perchè) del Cid incitò il re d'Aragona a sfidar per mezzo di campioni il re Fernando che avea invase le città di Calahorra e Tudela. Martin Gonzalez scelto per campione d'Aragona andò a Zamora alla corte del re Fernando che sulle prime non trovò chi volesse accettare la sfida. Ma presentatosi il Cid, s' offerse a tenere il campo purchè il re gli accordasse una dilazione tale da poter andare in pellegrinaggio, a S. Giacomo e a S. Maria di Rocamador. Il re gli concesse trenta giorni, e il Cid partì; per viaggio gli accadde un' avventura della quale più sotto parleremo. Sciolto il voto, il Cid ritornò alla corte, accettò la sfida contro Martin Gonzalez, lo atterrò e gli tagliò la testa. « Cosi, dice la cronaca, Rodrigo il Castigliano conquistò Calahorra al buon re Fernando il giorno di S. Croce di maggio (3 maggio) ». Il fatto è nel fondo lo stesso anche nell' altre cronache; peraltro havvi qualche leggiera differenza. Il più delle storie del Cid chiamano l'avversario di Rodrigo non già Martin Gonzalez ma Martin Gomez. La cronichetta del Cid del S. A. (1) sbaglia anche il nome

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Paris

(1) La cronaca tradotta dal Saint-Albin (La légende du Cid 1866) non è la grande crónica del Cid edita dal Velorado, ma un riassunto di essa edito a Siviglia nel 1548, libercolo che non valea certamente la pena d'esser tradotto.

dell' imperatore e lo chiama Alfonso (V. S. Albin. — La légende ecc. I, 7) mentre in Aragona non v'ebbe alcun Alfonso (V. Lafuente. St. di Sp. II 589). (Su questo duello v. anche la St. della Sp., Milano 1822 Vol. V.o, di Luigi Bossi che segue, credo, gli annotatori del Mariana. St. di Sp. Valenza 1787 A. Monfort).

L'avventura alla quale più sopra accennai, è la seguente. Viaggiando verso S. Giacomo Rodrigo incontrò un povero lebbroso caduto in un fosso, dal quale tutti si scostavano timorosi della malattia. Ei lo raccolse lo portò sul proprio cavallo, e all'albergo (1) mangiò e coricossi insieme con lui. A mezza notte il lebbroso gli parlò all'orecchio: Dormi tu Rodrigo di Vivar? È tempo ch'io ti disinganni. Io sono messaggiero di Cristo e non un lebbroso; io sono S. Lazzaro. Dio m' invio a te, affinchè ti soffiassi nel dorso in modo che tu entri in febbre, e ricordati che ogniqualvolta ti verrà questa febbre compirai felicemente qualsiasi impresa. E Rodrigo senti un soffio che gli traversò sino al petto, e svegliossi spaventato. E la prima volta che gli venne quella febbre fu nel duello contro Martin Gomez che più sopra narrammo e che ebbe come vedemmo un esito per lui felice. Questa leggenda pare sia antichissima giacchè appena 60 anni dopo la morte di Rodrigo troviamo ricordata una chiesa da Rodrigo stesso innalzata nel luogo ove la prima volta gli apparve San Lazzaro (V. parte I. nota pag. 52). Questo pellegrinaggio a S. Giacomo e il duello col navarrese Gomez nella ri

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(1) La rimada sempre abbondante di particolari descrittivi, dice che l'incontro del Cid col lebbroso avvenne al guado di Cascajar là ove il Duero si divide; aggiunge che egli pernottò presso a Grejalva nel villaggio detto Cerrato. Non credo che il Cerrato della rimada sia da confondersi con Cerralbo villaggio a 48 K. Nord da Ciudad Rodrigo; non saprei per altro se e dove si trova ancora questo Cerrato.

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