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STUDI FILOLOGICI

DEL PROFESSORE

VINCENZO PAGANO

(Contin. e fine, vedi pag. 305, vol. XV, parte II.)

III. Obbietto degli studi filologici e filologia della lingua.

Si che dal fatto il dir non sia diverso. (Petrarca). — E poche parole io dirò, come inaugurali al saggio presente di pubblico esame; poichè peculiari circostanze ne hanno impedito di poterci preparare con più posatezza, con più maturità e con più energia. Nulladimeno, io spero, che i miei generosi giovanetti vogliano corrispondere ai desiderii del mio cuore, e dimostrare, con la Dio mercè, che non siano indegni del compatimento e dell' approvazione vostra, ed anco dei vostri elogi. Nuovo fu il metodo, che li richiamò agli studi classici, il cui bisogno si è già sentito maggiormente per tutta Italia, dopo gli ultimi casi memorabili; ed eglino hanno udita la mia voce con docilità, con pazienza, coll' ardore del desiderio.

Giovanetti, serbati a migliori destini, io ora vi esprimo con tutta la ingenuità e la effusione dell' animo mio la obbligazione che vi professo, e le grazie che vi riferisco. Oh! siate felici per sempre!.. Iddio vi conceda le più belle ed esimie benedizioni, e i di più prosperi e sereni. Egli vi dia l'umiltà e la mansuetudine del cuore e la dignità della mente. Egli vi conforti nelle avversità, e vi aiuti e vi sorregga in ogni giorno della vita.

Adunque, se facciamo qualche cosa, ricordiamo quella sentenza oraziana, che noi, con le forze umane, le quali sono invero assai tenui e piccole (sebbene l'orgoglio ipocrita o il grido delle passioni vogliano accrescerle, dando loro altro aspetto ed altro valore), tentiamo cose assai grandi e superiori alla nostra possa: Canamur tenues grandia.

Ma tu, o uomo, se la calca che ti circonda, t' infonde nell'animo un affanno che ti stringe il cuore, un' afa ed un puzzo sepolcrale che ti toglie il respiro, io ti prego, o anima nobile e generosa, a non guardare la belletta che ti stà sotto gli occhi; ma leva la tua fronte, ch'è divina, verso il Cielo, ove è la tua sublime origine, e rimembra, che Dio è il tuo fattore, e non pensare altrimenti; e se scrivi, affida alla carta pensieri ed immagini, che siano ancor degni del Cielo. Anche la poesia, la espressione candida e sincera della vita più bella e più preziosa dell'uomo e le stesse pagine profane amano i pensieri dell'alto: Ab Jove principium Musae, diceva un poeta gentile a tutti noto. E non s'incomincia ben, se non dal Cielo, aggiungeva un altro poeta. Ma se la mano del codardo ti stampò sul viso un pugno di fango, scuotilo, e rialza la fronte, e grida: questa è di Dio. Il fango ricadrà sopra chi il prese da terra (1).

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Ed ecco ora a dirvi le cose, che sono state oggetto della nostra istruzione. Volendo compiere gli studi di lingua latina, prendemmo la Eneide di Virgilio, le Odi di Orazio, le Orazioni di Cicerone e le Istorie di Tito Livio. Siffatti classici, i quali vanno fra i primi per la sublimità e gravità dei pensieri e per l'altezza dei concetti, per la venustà, eleganza e purità della lingua e pel pregio dello stile, furono da noi studiati secondo le esigenze della scuola filologica. Fu nostro divisamento riassumere la parte grammaticale, e propriamente la sintassi, la lessigrafia, ma spogliate dalla minuta analisi etimologica, ed invece arricchite dall' alta analisi etimologica, filologica ed estetica. Qualvolta si parla di analisi scolastica, non si può uscire dall' inconveniente della ripetizione e della noia, non si può esaurire la materia senza evitare il pedantesco e quella sazietà che pur genera fastidio. Ciò è cosa dura, ma indispensabile, e i moderni, a fine di ovviare a tale inconveniente, si sono regolati con una certa sobrietà.

Campo larghissimo è la filologia della lingua. Esso è vasto, come quei deserti, i quali stancano i viaggiatori più ardenti, avvezzi ed indurati al cammino; come quei mari, che annoiano i navigatori più audaci, che compirono il giro del globo. Anche sterminato è lo studio del bello, ch'è riposto nelle opere dei classici, qualvolta queste si vogliano considerare dal lato dell'arte. Però, più generi di bellezze a noi si offrono, la grande e la piccola, la totale e la parziale, le generali e le minute. Ove si volessero cogliere del tutto, l'opera sarebbe lunga, ampia, penosa. Se volete un comento, come quello del dottissimo Melchiorre Cesarotti sopra l'Iliade d' Omero, o di quel raro ed impaziente spirito d' Ugo Foscolo sulla Chioma di Berenice di Callimaco, la fatica riesce infinita, insopportabile, ed alla fine delle fini la pedagogia, comechè affogata da elementi estranei ed eterogenei, perisce. O si guardi l'ar

gomento o soggetto delle letterarie produzioni, o la natura, gli usi e i pregi dei vocaboli e delle frasi, e la espres sione e la verità dei concetti e delle sentenze, o la corrispondenza che corre fra le idee e le immagini, ovvero si faccia il paragone degli scrittori e dei loro componimenti, si ha sempre presente un' ampia e sterminata materia, e si possono scrivere volumi sopra volumi. Ancorchè io avessi cento lingue e ferrea lena: Non mihi si linguae centum sint, oraque centum, Ferrea vox, non si potrebbe mai percorrere intero quel vastissimo ed interminabile campo. Appresso gli Ebrei non si raccoglieva tutto il prodotto del podere o della vigna; ma si lasciavano e spighe e raspolli a quanti il bisogno spingesse colà a raccoglierle sui campi mietuti, o a strapparle dalle viti vendemmiate. Cosi noi non ci proponemmo esaurire la parte filologica ed estetica dei classici; ma volemmo sfiorare con disinvoltura la materia e lasciare il resto. Anzi qui ponemmo la nostra arte, cioè nel togliere e nel lasciare con una certa sprezzatura; ma in modo che quello che fosse delibato desse la ragione di quanto si abbandonava e si trasandava, ed in modo che si potesse dire coll' Alighieri:

Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba;
Chè a se ritorce tutta la mia cura
Quella materia, ond io son fatto scriba.

In tal modo si potranno ignorare cento cose, ma basta conoscerne dieci, e specialmente fermarsi sui principii che le regolano, e sopra lo spirito, che le anima. Dettar brevi e succinte osservazioni, le quali lasciano desiderare qualche cosa, e che diano alla gioventù studiosa il destro di poter dire e pensare da sè, è senza dubbio il miglior partito.

Innumerevoli sono le piccole e minute bellezze, le

leggiadrie, le venustà che si veggono sparse a piene mani nei versi di Virgilio, candidissimo e soavissimo scrittore, il cui labbro le Muse lattarono più che d' ogni altro poeta. Ad ogni frase, ad ogni verso, ad ogni parola ti avvieni in cose le quali destano e sollecitano il tuo gusto. Quà trovi un epiteto, ch'è una perla; là una frase, ch'è una gemma, o un verso che meritò d'esser pagato a peso di puro argento, od uno squarcio che coll' incanto del ritmo e colla vivace espressione dei pensieri ti solleva e t'inebbria. Ma chi avrebbe potuto avere la pazienza di cogliere tutte quelle varie ed infinite bellezze? Adunque, gittammo sulla carta dei pensieri, come corsero sulla punta della penna, alla maniera degli scrittori di frammenti, di saggi e di schizzi, alla maniera di Focilide e di Pascal, colla modestia e colla disinvoltura di voler far poco o nulla; e noi (il che sarà paradosso) crediamo aver ottenuto con più sicurezza e facilità il nostro fine. Senza studio posato e senza meditazione e colla fretta che ti galoppa sulle spalle, i pensieri compariscono, quali possono comparire. Volemmo, è vero, che portassero in fronte il segno d'un sistema esatto e moderno, e che fossero degni dei voti e dell' aspettazione di tutti, e spezialmente dei benevoli e cortesi. Voi ne giudicherete, ed il vostro giudizio sarà da noi riverito. Si ne giudichi ognuno. Ma, per Dio, ci lascino intatta la incolumità e la purità del pensiero, il sacro fuoco dell' egregie" e generose intenzioni. Tutto ciò ch'è buono e bello, è di Dio, e ciò ch'è malo e brutto, è dell' uomo. Ma deh! rispettiamo nei vasi di argilla i doni che Dio vi pose, e solo odiamo nell' uomo, in quel pugno di polvere, in cui Dio spirò il discernimento e la volontà dell' angelo e la voluttà del demonio, ciò ch'è errore, ma come cosa nascente dalla umana natura e comune a tutti: Homo sum, humani a me nihil alienum esse puto. Tutt'altro è bassezza, è miseria, è errore, è enormità, è pensiero del

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