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ancora inedita una gran parte delle Consuetudini di Castiglione che riguarda i danni dati, la creazione degli ufficiali, i notai, i giudizi contro i debitori, le servitù, ed inoltre un gran numero di capitoli che sono particolari per quel comune e contengono regole, provvedimenti, e designazioni di multe e pene in modo simile agli odierni regolamenti di polizia urbana e rurale.

E utile la pubblicazione intera di questo codice comunale del medio evo, si perchè contiene consuetudini importanti per la cognizione del diritto municipale siciliano e si per la lingua usata sul fine del secolo XIV e nei primordî del XV.

CENNI SUL DIALETTO SICILIANO

Il volgare siciliano delle consuetudini di Castiglione e di alcune sicole leggi dei primordi del secolo XV differisce alquanto dal dialetto dei giorni nostri che i letterati italiani conoscono nelle poesie siciliane di Giovanni Meli. Scrivendo capitoli di consuetudini o di leggi i giureconsulti siciliani adoperavano allora talune desinenze in oo in e che in Sicilia non esistono, e molte parole italiane usavano e vi univano non di rado parole latine. Oltreciò alquante parole in quei tempi usate sono cadute in disuso, ed altre non poche si pronunziano e si scrivono ora in modo differente. Così trovasi oi per o, plui per più, chiui per più, dechi per dieci; fichi, fachissi, fici, facissi; locationi locazioni (1). Ai lettori italiani che non

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(1) La lingua volgare delle Consuetudini di Castiglione è simile a quella dei Capitoli del Regno sanciti dal re Martino nel 1403. Ne inseriamo alquante parole del cap. 51, perchè ciascuno possa farne la comparazione: Li Ordinationi et Capitoli li quali divino observari li Justitieri ordinati in lo Regnio di Sicilia, ciasquiduno per la sua Valli....

ne hanno notizia offriamo alcuni schiarimenti che rendono agevole intendere il dialetto siciliano di quel codice.

La massima parte delle parole siciliane sono quasi eguali alle italiane; e di quelle che non han somiglianza ho indicato il significato. Molte parole sembrano differenti solo per la desinenza o per talune alterazioni speciali; talchè è facile riconoscerle per eguali alle italiane, ove si ponga mente a talune indicazioni quasi regole generali.

Infinite parole italiane hanno la desinenza in o, e in Sicilia tali desinenze non esistono perchè sono mutate in u od in e. Tale differenza deriva o dalla antichità maggiore del dialetto siciliano o dall' uso più costante del latino togliendone la consonante finale. Perciò le parole latine amicus, manus, lupus, surdus ecc. sono in Sicilia conservate togliendo la s, amicu, manu, lupu, surdu ecc. e in Italia si muta la u in o, amico, mano, lupo, sordo. Finiscono in u tutte le parole italiane che terminano in o ancorché non sieno d'origine latina.

Le parole che in latino finiscono in is, almeno nel caso genitivo, come canis, panis, patris, matris, ecc., in Sicilia rimasero identiche, solo togliendosi la s finale; ma gl' Italiani han preferito la desinenza in e.

Tutte le parole italiane che han desinenza in e, fini

« Item, li Iustitieri digiano audiri, e tirminari li causi, ac decidiri per ipsi, et per loro Judici, et non per submissa persona. Immo ipsi digiano continuamenti exerciri lu officio di scurriri li Citati, Terri, et lochi dela Valli ad ipsi commissa; taliter che non adimurino plui di quattro jorni in la Terra; excepto che la causa non requidissi necessario majuri dilationi. Item, li malafacturi, sive delinquenti, puniranno in lochi, undi delinquiItem, che li famusi larruni, et malafacturi manifesti, e quilli, li quali arrobbano per li boschi, et li vij, committendo potissime homicidio senza dilazioni li digiano puniri, non aspectando solemnitati alcuna ». Capitula Regni Siciliae. ed. Venezia 1573 pag. 100; ed. Palermo 1741

ranno.

pag. 164.

scono in i nel siciliano, ancorchè non derivino dal latino.

Le desinenze in ando, endo nei nomi e i gerundi italiani mutansi in Sicilia in annu, ennu; bando = bannu, chiamando chiamannu, facendo facennu.

Spesso sono mutate in dd le due delle parole italiane come cappello = cappeddu, bello = beddu, gallo = gaddu, anello = aneddu.

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L'italiano glio, glia, gli mutasi in Sicilia in ghiu, ghia, ghi. Così famiglia, figlio famigghia, figghiu. Lm italiano si muta in rm; come in alma arma, elmo ermo, Guglielmo Gugghiermu. L'italiano pia, più spesso mutasi in chia, chiu; come piano =chianu.

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Devono pure notarsi come di uso frequente talune parole, articoli, pronomi e verbi ausiliari: egli = iddu; quello chillu; questo = chistu; il, lo = lu; ne = ni; suo so; che chi; gli, a lui, a loro ci, che non significa mai a noi; sono su, sunnu; abbia haja; sono stato aiu statu, secondo l'uso francese, j'ai été.

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La lettera b vedesi sovente mutata in v nello scritto dialetto; ma veramente non mutasi altro che la pronunzia, che in molte parole è estremamente dolce e leggiera in Sicilia, come avviene nella Spagna e fra i Greci moderni. In Sicilia tale mutazione si fa nel principio di molte parole, viviri bevere, vasari = baciare, vrazzu = braccio.

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JESUS MARIA JOSEPH

CAPITULA, CONSUETUDINES ET OBSERVANTIAE

CIVITATIS (1) CASTRILEONIS

factae et confirmatae per Sacram et Serenissimam Regiam Majestatem Martini et Mariae, Regis et Reginae, ac Infantis Martini in obsidione per dictos posita prope civitatem Panormi sub die 23 aprilis 1392, et per Illustrissimum Dominum D. Perruccium de Iuenio Marchionem predictae civitatis sub die 20 augusti xj indictionis 1448.

JESUS MARIA JOSEPH

Capitula consuetudines et observantiae Civitatis Castrileonis ab antiquo a prima linea usque ad ultimam semper servatae et de futuro servandae, regnante Domino nostro rege Ferdinando Aragonum et Siciliae, Anno Domini 1415. Registratae in praesenti libro ex originali.

1. De jure pali et probatione damni dati (*).

In primis quoties solino scadiri (1) alcuni danni esseri fatti ad alcuni personi in li loro oliviti, jardini, seminati, et aeri (2) et in li frutti loru oi altri cosi simili a questi, per li animali d'alcuni altri personi; di lo quali danno (costassi) per lo sacramento di lo patruni (3) oi per lo

(1) Diceansi terrae i minori comuni dell'isola, e civitates le città grandi o anche le minori, se vescovili. Crediamo che nell' antico originale fosse scritto, Terrae, come vedesi nei vari capitoli di queste stesse consuetudini.

(*) Gli Statuti italiani offrono estese norme sui danni dati ed alcuni capitoli sono simili a questi di Castiglione.

(1) accadere

(2) aje

(3) padrone

sacramento di lo guardiano di lo loco (4), et si saranno li ditti animali assignati a lo Baglijo (5) di la terra, per ciaschedunu animali grosso di qualunque sexo sia, comu boi, (6) jumenti e sumeri (7) si digianu (8) pagari a lo ditto Baglijo per la raxuni (9) di lo palu (10) grana dechi (11).

2. Et si in alcuni lochi clusi di fossati, oi di muri, li animali preditti fussero trovati, e costassi per lo sacramento di lo patruni, oi guardiano di lo locu (1), comu est dittu di supra, la ditta raxuni di lo palu, idest grana dechi per ciaschedunu animali si digia pagari a lu Baglijo, ut supra; lu patruni tamen sulamenti digia conseguitari, et haviri la extimationi, oi la emenda di lo dannu faltu in li preditti lochi nihilominus si lo patruni di lo locu porrà provari per uno testimonio maxuri (2) di anni quattordici, che non sia guardiano di lo ditto loco, eo casu sudittu patruni haya (3) elettioni di pigliarisi la extimationi di lo danno oi grana x per ciaschiduno animali per raxuni di intrata di li ditti animali.

3. Item si peraventura li preditti animali saranno animali d'armento digiano pagare a lo Baglijo di ditta terra a raxuni di tari quindeci proquolibet centenario, et a lo patruni di lo locu in lo quali li ditti animali hajano

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