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due bravi letterati e buoni e generosi cuori (1) dimenticato ogni rancore si riconciliassero e stringessero di nuovo una sincera amicizia, ciò nulla meno l'invidia continnò a cercare di amareggiare la gioia dell' Arici e di scemargli la fama, l'autorità che s'andava man mano acquistando. Le successive pubblicazioni dell'Arici stesso, l'ode in morte di Giuseppe Trenti, il Corallo, ecc. offrirono larga messe all'invidia; fu anzi per queste composizioni che l' Arici si vide, suo malgrado, trascinato nella lotta funesta tra Foscolo e Monti, ed intrecciò così il suo nome ad uno dei più funesti periodi della storia della nostra letteratura. Come avveniva ciò?

Negli ultimi mesi del 1808 l'Arici avea pubblicato un' ode in morte di Giovanni Trenti, nella quale non rendeva solo un tributo d' affetto all' amico estinto, ma cercava uno sfogo all'amarezza di cui era ripieno l'animo suo per i continui assalti di avversari poco generosi. All'amico, cui fingeva essergli apparso in sogno, l'Arici diceva

il santo orecchio

Tuo macchiar non vogl' io dei vili e tristi,
Onde vergogna e danno a un tempo m' ebbi
Di lor ria conoscenza. A le mortali

Mie piaghe una pietosa amica stilla
Non è chi versi, ma compenso altero
Fiami ognora il pensier, che me degnasti
Della tua vista, e che nel ciel benigno
Tale havvi ancor, che testimon del core
E dei miei retti sensi, al mondo invidi
Questa fra rei condotta anima mite.

(1) Il Monti, il quale erasi lamentato fortemente coll' Arici del disaccordo di lui con Bianchi, fu lietissimo quando li seppe riconciliati, e all'Arici ne scriveva: «Bianchi mi scrive in termini di molta benevolenza rispetto alla tua persona. Ciò mi fa gran piacere. Siete due bravi letterati, e i buoni debbono amarsi ed emularsi scambievolmente (Let. inedita 21 Gennaio. Dagli autografi del Monti conservati nella Bibli. Quer.a di Brescia).

Ora su quest' ode pubblicavasi nell' Aprile del 1810 negli Annali di Scienze e Lettere una critica severa ma 'giusta. Un solo difetto, dicevasi nell'articolo critico, pre» giudica questo giovane scrittore (l'Arici), e se la libertà » ed il bollore della gioventù non bastano a preservarlo, >> che sarà poi quando l'età lo avrà fatto più freddo e più >> sottomesso all' esempio ed all' opinione degli altri? ... » Egli, o per troppa memoria, o per troppa stima degli >> altri, o per falso timore di non poter far meglio o per > impazienza di studio, o forse anche per tutte queste » cagioni riunite pecca nell' imitazione fino a trasportare >> nei suoi poemi non alcuni pensieri, non alcuni modi, » ma interi versi. Confrontavansi quindi più specialmente alcuni passi dell' ode con altri dei Sepolcri, dimostrandone la quasi identità non solo nel concetto, ma anche nella parola (1).

La critica come dissi, era severa, ma giusta; l'ode rivelava troppo chiaramente l'imitazione dei Sepolcri del Foscolo, della Virtù sconosciuta dell' Alfieri e dell' ode del Manzoni In morte di Carlo Imbonati; pure la critica fu giudicata con ben altri criterî. Da lungo tempo gli avversari del Foscolo, vivamente irritati contro di lui, cercavano un pretesto per separare il temuto nemico dal Monti, e forti dell'appoggio di quest'ultimo, raggiungere finalmente l'agognata vendetta; il pretesto fu trovato nell' articolo sull' Arici. Questi era intimo amico del Monti, che lo proteggeva come come un figlio; si sapeva d'altra parte che nel giornale Rasoriano collaborava il Foscolo; si gridò quindi il Foscolo autore dell' articolo; ed il Monti, che già aveva il livore nel volto, troppo debole e vano per scorgere l'abile mossa degli avversari

(1) Vedi l'articolo critico pubblicato nel vol. I dei Saggi di Critica storico-letteraria del Foscolo, (Firenze, le Monnier, 1859) pag. 376 e segg.

del Foscolo, credette o finse di credere che il giudizio severo sui versi dell' Arici fosse stato dettato dal Foscolo medesimo; fece buon viso all'occasione offertagli, e, attribuendo diretto a se stesso l'oltraggio fatto all' Arici, seppelli quell' amicizia pel suo antico difensore, che già nel l' animo era spenta; finse di credere, dissi (1), perchè il Monti non ignorava che l'articolo l'avea scritto il Borsieri appena scappato dall' Università, e ignorando l'esistenza di altre cose migliori dell' Arici. »

Il Monti schieratosi tra gli avversari del Foscolo, assunse naturalmente le difese la protezione dell' Arici, a cui scriveva: «Questa lettera vi tempri l'amaro delle ani

mose censure pubblicate nel giornale Rasoriano. La vostra > reputazione, crediatelo, non ha fatto nessuna perdita, » chè anzi ha riscaldato più sempre il cuore dei vostri » amici. Io pel primo ne ho avuto una seria questione e » la baruffa che v'è stata tra me e lui ha deciso forse » della nostra amicizia (2). » La baruffa, pare, ebbe luogo in casa del ministro Veneri, e ad essa si riferisce la lettera seguente dello stesso Monti all' Arici: « La sua con» dotta riguardo a voi mi ha scoperto il segreto del suo » cuore, e il mio disinganno è completo. Allorchè nell'impeto della nostra questione, rimproverato da me di » aver mancato ai sacri doveri dell' amicizia, gridò che > egli non aveva amici, nè li voleva, ed aggiunse queste tremende parole: ebbene scriverò e farò ballare più » d'uno sopra un quattrino, gli risi sul muso come alla » collera d'un fanciullo, e il fanciullo ritornando in sè

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(1) V. l'opuscolo di G. Antonio Martinetti intitolato: Guerre Letterarie contro U. Foscolo, pag. 19, 20, 21. Il Martinetti è convinto che l'articolo sull' Arici non fosse che un pretesto per rompere del tutto l'amicizia col Foscolo, ed io m'accosto interamente alla sua opinione.

(2) Let. 4 Aprile 1810.

> mi chiese tabacco e mi promise di riparare all' oltraggio » che vi si era fatto . . . Non dimenticherò mai che egli » mi è stato carissimo amico a meno che non sia egli il » primo a scendere nell' Arena per attaccarmi, poichè al»lora davvero farò ballare lui sopra la polvere dei suoi » Sepolcri (1). »

Così l'Arici, senza volerlo, avea provocato non solo la rottura dell' amicizia tra Foscolo e Monti, ma la divisione funesta che segui nella letteratura stessa tra' partigiani dell' uno e dell'altro; divisione, che segnò un ben brutto periodo nella storia della letteratura nostra. E l'Arici fu causa, ancora involontariamente, che l'inimicizia tra i due più splendidi ingegni del principio del secolo si inasprisse ancor di più.

Ancora nell' Aprile 1810 pubblicavasi il Corallo secondo poema didascalico dell' Arici; e come una risposta, almeno io credo, all' articolo sui versi in morte di Trenti, il Monti gli scriveva Il vostro poema ha corrisposto alla >> mia aspettazione ed altro non dico, nè invero il potrei » perchè la vivezza, la grazia, lo splendore, la mollezza e > la musica del vostro stile è superiore ad ogni espressio» ne. Lasciate che gli invidiosi rodano. I vermi hanno bi> sogno di escremento (2). Malgrado però la lode del Monti pare che l'accoglienza a questo poemetto non fosse la più cordiale. L'Arici stesso parecchi anni dopo, ripubblicandolo corretto, scriveva: «Non appena fu fatto di » pubblica ragione che da molti giornali d'Italia fu giudicato e lodato e straziato, e furono messi in luce tutti > gli sconci e i difetti dell' opera (3). » Le stesse ultime

(1) Let. 18 Aprile 1810.

(2) Let. Aprile 1810.

(3) Let. al Conte Oldofredi 15 Agosto 1818.

parole del Monti, e la lettera dell' Arici mi confermano che l'invidia contro del nostro poeta dovette farsi più forte. E dovettero essere ben appassionati i giudizi, se lo stesso Scalvini, animo generoso quanto si puo pensare, si lasciò andare a simili espressioni: « Il Sig. Arici ha già inte› ramente tradotto la Georgica; dobbiamo consolarci che in » questa fatica avrà avuto minor campo di esercitare quella » sua naturalissima propensione a far suo l'altrui, che egli > evangelizzando chiama amor di adozione. E chi ignora » quanto ultimamente egli abbia perfezionato questa sua > carità adottiva? O beato gregge degli addottrinati, a cui l'onesto e il disonesto e tutto quanto è concesso!.... (1). » Da Bologna poi scriveva il Giordani al Monti: «Dovevamo lodarlo dei suoi Coralli, che sien pure men belli dei suoi Olivi, sono ancora tanto belli, che invano tra la gioventù italiana cerco del somigliante, e non del meglio, e questpoveri Coralli sono pesti e tritolati da una rabbiosa pedanteria » (2).

Come ultimo corollario a questi diversi giudizi, veniva pubblicato sugli Annali di Scienze e Lettere un articolo critico sul nuovo poemetto dell' Arici. Lodavasi in esso il contegno dell' Arici serbato col giornale pel precedente articolo sui versi in morte di Trenti, e si venivano rilevando i difetti che si trovavano nei Coralli.

Chi era l'autore dell' articolo? Lo si attribui anche questa volta al Foscolo, e il Monti naturalmente lo credette; di qui nuove diatribe tra i due scrittori, una maggiore e più forte irritazione negli animi. Il Monti così scriveva all'Arici: «Mi muove a scriverti la nuova contumelia che ti viene fatta nel giornale Rasoriano. Non l'ho ancor letta, nè voglio leggerla, ma Lamberti mi dice che è so

(1) Raccolta degli scritti di G. Scalvini. N. Tommasco.
(2) Lettera 1o Marzo 1811.

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