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Lo stesso ripete nell' Ameto, sotto altra forma:

« Un giorno, nella cui aurora avea signoreggiato lo Dio Saturno appo li Lazii, già per addietro stato per paura del figliuolo, e di quello già Febo salito alla terza parte, io entrai in un tempio da colui detto, che per salire alle case degl' Iddii immortali tale di sè tutto sostenne, quale Muzio di Porsenna in presenza della propria mano; nel quale ascoltando io le laudi in tal dì a Giove per la spogliata Dite rendute, cantando li Flammini laudanti le poche sustanze di Codro, e per dovere obbligati a' soli bisogni della natura, rifiutando ogni più, voi singulare bellezza dell'universo, di bruna vesta coperta appariste

risparmiato, fece tornare, desideroso d'essergli per cosi bella donna, subietto. E non potendomi saziare di rimirar quella, cosi cominciai a dire:

Valoroso Signore, alle cui forze non poterono resistere gl'-Iddii, io ti ringrazio, perocchè tu hai posta dinanzi agli occhi miei la mia beatitudine, e già il freddo cuore sentendo la dolcezza del suo raggio si comincia a riscaldare. Adunque io il quale ho la tua signoria lungamente temendo fuggita, ora ti prego che tu, mediante la virtù de' begli occhi ove si pietoso dimori, entri in me colla tua deitade. Io non ti posso più fuggire, ne di fuggirti desidero, ma umile e divoto mi sottometto a' tuoi piaceri. Io non avea dette queste parole, che i lucenti occhi della bella donna scintillando guardarono ne' miei con aguta luce, per la quale luce una focosa saetta d'oro, al mio parere, vidi venire, e quella per i miei occhi passando percosse si forte il core del piacere della bella donna, che ritornando egli nel primo tremore ancora trema; ed in esso entrata, v' accese una fiamma secondo il mio avviso inestinguibile, e di tanto valore, che ogni intendimento dell' anima ha rivolto a pensare delle maravigliose bellezze della vaga donna. Ma poichè di quindi col piagato cuore partito mi fui, e sospirato ebbi più giorni per la nuova percossa, pure pensando alla valorosa donna, avvenne che un giorno non so come la fortuna mi balestrò in un santo tempio del principe de' celestiali uccelli nominato, nel quale sacerdotesse di Diana sotto bianchi veli e di neri vestimenti vestite coltivavano tiepidi fuochi divotamente: là ove io giugnendo, con alquante di quelle vidi la graziosa donna del mio cuore stare con festevole e allegro ragionamento, nel quale ragionamento io e alcuno compagno dimesticamente accolti fummo . . » (Filocopo, pag. 4-6.)

agli occhi miei; e il cuore già delle cose dette dimentico, ně tremebundo per altra, moveste a tremare

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» (1)

(1) Riproduciamo qui, come sopra, l'intiera descrizione dell' innamoramento, con le circostanze che lo precessero ed accompagnarono :

« Veramente ogn'altra bellezza » (è Fiammetta, che parlando alle ninfe sue compagne, riferisce il sogno e le parole dell'amante) «vince questa che costei tiene; e niuna fatica per lei avuta sarebbe indegna a chi per quella di tale meritasse la grazia; e lungamente miratola, fra me contendeva se altra volta veduta l'avessi o no, nè alla memoria tornava, che mai per me fosse stata veduta; ma la reminiscenza più ricordevole nella smarrita memoria tornò costei da me vista un' altra fiata, e che questa era colei che nella mia puerizia vegnendo a questi luoghi, apparitami e baciatomi, lieta m'aveva la venuta profferta; e ancorachè Febo avesse tutti i dodici segnali mostrati del cielo sei volte poichè quello era stato, pure riformò la non falsa fantasia nella offuscata memoria la veduta effigie, e una con quella essere la conobbe. E per questo lieto, di pensiero in pensiero, in ammirazione multiplicando, in tanta crebbi, che 'l sonno, non potendola sostenere, fuggendo, cacciò quelle, con quella che più m' aggradava di riguardare. E già l'uccello escubitore col suo canto avea dati segnali del venuto giorno; perchè io senza più al sonno tornare, pregando gl' Iddi che vere le vedute cose facessero, mi levai; e con ferma speranza più volte cercando in ogni luogo ove belle donne si raunassero, per vedere questa andai; e minori fatiche delli perduti amori sosteneva per questa. Ma sedici volte ritonde, e altrettante bicorna ci si mostrò Febea, avantichè l'osservata immagine in me avesse a cui simigliarsi tra molte in quello mezzo da me vedute. Ma la superna providenza disponente con eterna ragione le cose a' debiti fini, tenente Titan di Gradivo la prima casa un grado oltre al mezzo o poco più, un giorno, nella cui aurora avea signoreggiato lo Dio Saturno appo li Lazii, già per addietro stato per paura del figliuolo, e di quello già Febo salito alla terza parte, io entrai in un tempio da colui detto, che per salire alle case degl' Iddii immortali tale di sè tutto sostenne, quale Muzio di Porsenna in presenza della propria mano; nel quale ascoltando io le laudi in tal di a Giove per la spogliata Dite rendute, cantando di Flammini laudanti le poche sostanze di Codro, e per dovere obbligati a' soli bisogni della natura, rifiutando ogni più, voi singulare bellezza dell' universo, di bruna vesta coperta appariste agli occhi miei; e il cuore già delle dette cose dimentico, nè tremebundo per altra, moveste a tremare; ma io non conoscendo perchè, alquanto mirandovi, d'avervi veduta altrove in me tentava di ricordarmi; ma il mutato vestire, il

Vol. XVI, Parte II.

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E, nella Fiammetta, ricorda a un di presso le stesse cose, sol che le parti vengono invertite:

...

« Quel giorno era solennissimo quasi a tutto il mondo perchè io con sollecitudine di drappi di molto oro rilucenti vestitami, per andare alla somma festa m'apparecchiai . . ... La fortuna mia adunque me vana e non curante sospinse fuori, e accompagnata da molte con lento passo pervenni al sacro tempio, nel quale già il solenne uficio debito a quel giorno si celebrava... Nè prima nel tempio sentita fui, che si come l'altre volte solea avvenire così quella avvenne, che non solamente gli uomini gli occhi torsero a riguardarmi, ma eziandio le donne, non altrimenti che se Venere o Minerva, mai più da loro non vedute, fossero in quel loco laddov'io era nuovamente discese... Mentre che io in cotal guisa poco alcuni mirando e molto da molti mirata dimoro, credendo che la mia bellezza altrui pigliasse, avvenne che l'altrui me miseramente prese . . . Oltre a tutti, solo e appoggiato a una colonna marmorea a me dirittissimamente un

come e 'l quando mi toglieva del tutto; ma pure la graziosa vista lungo tempo già stata donna della mia mente m'accese per modo, ch' ancora mi cuoce, e farà sempre, e tutto quel giorno di riconoscervi col pensiero indarno faticai la memoria, atto a più lunga fatica, se il di seguente solenne non me l'avesse fatto; nel quale al già detto tempio tornai, dove io voi, come ricordar vi dovete, di molto oro lucente, e di gemme ornata, e di finissimo verde vestita, bella per arte e per natura vi viddi. Nė prima il verde vestire corse agli occhi miei, che lo industrioso intelletto riconobbe il vostro viso, e con affermazione dissi, questa donna è colei che nella mia puerizia, e non è gran tempo ancora, m' apparve ne' sonni miei; questa è quella che con lieto aspetto graziosa mi promise l'entrata di questa città, e questa è quella che dee signoreggiare la mia mente, che per donna mi fu promessa ne' sonni; e da quell' ora innanzi, siccome ricordare vi dovete, sempre come singular donna della mia mente vi riguardai; ed alle vostre bellezze il cuore, il quale avea proposto di sempre tenere serrato, apersi, e quelle in esso ricevetti, e tengo e terrò sempre; e per quelle voi di lui singular donna onorerò, amerò, e avrò sempre più cara che altra... » (Ameto, pag. 152-157.)

giovane opposto vidi, e quello che ancora fatto non avea d'alcuno altro, da incessabile fato mossa, meco lui e i suoi modi cominciai ad estimare... Certo io ebbi forza da ritrarre gli occhi da riguardarlo alquanto, ma il pensiero, dell' altre cose già dette estimante, niuno accidente ně io medesima sforzandomi mi potè torre... E certo se gl' Iddii li quali tirano a conosciuto fine le cose, non m' avessero il conoscimento levato, io poteva ancora esser mia: ma ogni considerazione all' ultimo posposta seguitai l'appetito, e subitamente atta divenni a potere esser presa. » (1)

(1) Riferiamo ancor qui per disteso l' intiero brano:

« Quel giorno era solennissimo quasi a tutto il mondo, per che io con sollecitudine di drappi di molto oro rilucenti vestitami, e con maestra mano di me ornata ciascuna parte, simile alle Dee vedute da Paride nella valle d'Ida tenendomi, per andare alla somma festa m'apparecchiai. E mentre che io tutta mi mirava non altrimenti che il paone le sue penne, immaginando di cosi piacere ad altrui come io a me piacea, non so come, un fiore della mia corona preso dalla cortina del letto mio, o forse da celestiale mano da me non veduta, quella di capo trattami, cadde in terra: ma io non curante all'occulte cose dagl' Iddii dimostrate, quasi come non fosse ripresala, sopra il capo la mi riposi e oltre andai. Oimè, che segnale più manifesto di quello che avvenir doveva mi potevano dare gl' Iddii? certo niuno. Questo bastava a dimostrarmi che quel giorno la mia libera anima e di sè donna, disposta la sua signoria serva doveva divenire, come avvenne. Oh! se la mia mente fosse stata sana, quanto quel giorno a me nerissimo avrei conosciuto, senza uscir di casa l'avrei trapassato; ma gl' Iddii a coloro verso i quali essi sono adirati, benchè della loro salute porgano ad essi segno, eglino privano loro del conoscimento debito, e così ad un'ora mostrano di fare il loro dovere e saziano l'ira loro. La fortuna mia adunque me vana e non curante sospinse fuori, e accompagnata da molte con lento passo pervenni al sacro tempio, nel quale già il solenne uficio debito a quel giorno si celebrava. La vecchia usanza e la mia nobiltà m'aveva tra le altre donne assai eccellente luogo servato, nel quale poichè assisa fui, servato il mio costume, gli occhi subitamente in giro volti vidi il tempio d' uomini e di donne parimente ripieno, e in varie caterve diversamente operare. Në prima (celebrandosi il sacro uficio) nel tempio sentita fui, che si come l'altre volte solea avvenire, cosi quella avvenne, che non solamente gli uomini gli

e

Nella Teseide, cangiata interamente la scena; in Emilia adombrata Fiammetta, e nell'innamoramento de' due prigionieri quel del Boccaccio, vien indicata la stessa stagione:

occhi torsero a riguardarmi, ma eziandio le donne, non altrimenti che se Venere o Minerva, mai più da loro non vedute, fossero in quel loco laddov'io era nuovamente discese. O quante fiate fra me stessa ne risi essendone con meco contenta, e non meno che una Dea gloriandomi di tale cosa. Lasciate, adunque quasi tutte le schiere de' giovani di mirare l'altre a me si posero d'intorno, e diritti quasi in forma di corona mi circuirono, e variamente fra loro della mia bellezza parlando, quasi in una sentenza medesima concludendo la laudavano . . . Mentre che io in cotal guisa poco alcuni mirando e molto da molti mirata dimoro, credendo che la mia bellezza altrui pigliasse, avvenne che l'altrui me miseramente prese. E già essendo vicina al doloroso punto, il quale o di certissima morte o di vita più che altra angosciosa dovea essere cagione, non so da che spirito mossa gli occhi con debita gravità elevati intra le moltitudine de' circostanti giovani, con aguto ragguardamento distesi; e oltre a tutti, solo e appoggiato a una colonna marmorea a me dirittissimamente un giovane opposto vidi, e quello che ancora fatto non avea d'alcuno altro, da incessabile fato mossa, meco lui e i suoi modi cominciai ad estimare. Dico che, secondo il mio giudicio il quale ancora non era da amore occupato, egli era di forma bellissimo, negli atti piacevolissimo e onestissimo nell' abito suo, e della sua giovanezza dava manifesto segnale crespa lanugine che pur mo occupava le guance sue, e me non meno pietoso che cauto rimirava tra uomo e uomo. Certo io ebbi forza da ritrarre gli occhi da riguardarlo alquanto, ma il pensiero, dell' altre cose già dette estimante, niuno accidente ne io medesima sforzandomi mi potè torre. E già nella mia mente essendo l'effige della sua figura rimasa, non so con che tacito diletto meco la riguardava, e quasi con più argomenti affermate vere le cose che di lui mi parieno, contenta d'essere da lui riguardata, talvolta cautamente se esso mi riguardasse mirava. Ma intra l'altre volte che io non guardandomi dagli amorosi lacciuoli il mirai, tenendo alquanto più fermi che l'usato ne' suoi gli occhi miei, mi parve in essi parole conoscere dicenti: O donna, tu sola se' la beatitudine nostra . . . E certo se gl' Iddii li quali tirano a conosciuto fine tutte le cose, non m' avessero il conoscimento levato, io poteva ancora esser mia: ma ogni considerazione all' ultimo posposta seguitai l'appetito, e subitamente divenni atta a potere esser presa... In cosi fatti sembianti esso senza mutare luogo cautissimo riguardava, e forse, siccome esperto in più battaglie amorose, conoscendo con quali armi si do

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