ed esule si dichiara nesta confessione di o che al generoso e nche s' appropria in to; dappoichè delle coteasi il petto, e già cario di Pietro, che i ciò dovette offene perchè il divino aardito a tanto, da ali commentatori, e Dante un religioso certo, ma conobssa tutta e solo della nel tempio del Dio epido i potenti del i degli umili come e a dire, non mai a tutti la giustizia, aci dell'inesorabile diedero pur cenno sizione; e chi ben è timore di recare di nimo o paura ndere i fatti, nė iare la mente di I, pag. 103, ed. del volte c' incontra di vieppiù dilungarcene. Il che intervenne a molti de' commentatori, cui gradirono soltanto le politiche e civili allegorie della Commedia, come se in questa non fos sero svelate le verità giovevoli alle diverse condizioni dell'umana farniglia, e non siasi voluto altamente cantare la felicità e la religione che n'è ministra. Tanto si rischiara e conferma per l' Epistola, a che niuno potrebbe rifiutare credenza, ove già, idoleggiate le sue preconcette opinioni, non si chiudesse alla luce di quella viva parola che basta a disperderle. VII. Ed eziandio gli bisognerà allor obliare la forma che Dante di continuo e strettamente segue ne' suoi ragionamenti. Imperocchè questa forma, mediante la quale il discorso muove sempre dai sommi e fondati principj onde le verità si conchiudono, scorgesi intera nella Dissertazione allo Scaligero, nė si differenzia punto da quella improntata nella Monarchia, nel Volgare Eloquio e nelle tre Cantiche. Sopra ciò, quivi occorrono le istessissime frasi, le voci barbare e scolastiche, il duro stile, gli esempi, sinanco i sillogismi che s'incontrano qua e colà nelle opere di Dante latinamente scritte. Alla perfine, gli autori che si allegano, il vero manifestato ognora per ragione ed autorità, la diffusa dottrina (vogliasi profana o sacra), i fatti accertati dalla storia contemporanea, tutte insomma le prove intrinseche, e più valevoli ad autenticare uno scritto, ci astringono a riconoscere e mantenere come propria di Dante quella preziosa Epistola. Nè perciò dubitarono mai di ascrivergliela quanti pur la conobbero, e sovrattutto quelli che meglio s' addentrarono nella mente dell' altissimo Poeta e fecero severa ed accorta ragione de' tempi e degli uomini. Per nulla dire degli altri, Carlo Troya, Witte, Tommaseo, Ozanam, Balbo, Torri, Betti, Ponta, Fraticelli sono giudici di si grande autorità, che dinanzi a loro gli VIII. Senza che, l'arte ond' ivi si mentare il sacro Poema, s'adatta si p che solo Dante potè inventarla e farsen epistola infatti si pone a stabile principi è puranco un trattato di dottrina, e ch e all' anagogia da notarsi solo in alcuna continuo il senso letterale con l'allegor soggetto, intorno cui s' aggira tutto il vuol esser considerato sì letteralmente c e al modo appunto che lo scritto a Cang termina. Nel quale ci viene ancora inseg lighieri compose la sua Commedia, ond denominare il divino Canto, perchè l'al e siasene costituito l'attor principale o gonista, esemplificando in sè l' uomo in verità, giustamente definite e poste in p getto allegorico e col genere di filosofia Cantica, diffondono su questa la miglior derne l'unità del disegno, la forma dell'i natura, l'attinenze e l' ordine delle singo Da ultimo, l'interpretazione de' pri so, qual è recata nella dedicatoria allo giusta le costanti norme del Convito, non da quella che raccogliesi dalle altre opere tore, e insegna come da quinci innanzi commentatori. Onde suol verificarsi, che gore d'intelletto e colla opportuna dottrin dell' arduo Poema e vi si dispone e diritt segnata via, tanto s' accorge di ben prog fosse con lui a prestargli soccorrevole ma tutte riducendo a lungo e rigido esame, i a ritenere l'Epistola a Cangrande come u opriamente al copo, ni versi del Paradi си ་vམས་པ་་ ཅ༥སཟབ▪༦ ༦ ▪༦ umizivs ustazio den ingegno e della scienza, si lascino condurre dal savio Autore e maestro, e ne osservino la parola e l' esempio. Forse allora ci sarà dato fra essi ammirare chi possa raggiugnere la meta felice ed ottener dallo stesso Dante la corona immortale. |