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terpretazione e pigliò essere vano stabiliti i arsi per commata la Forma go di provare editato lavoro, o de' sinceri e

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cenna soltanto, e del tutto si e più difficili a però dovetti ata scrittura il della Commen accordo col iarare alcune te nel Convito. eziandio come ragioni, valse he Dante può questa fidatisenti si moltià degli umani izi dell'arte. anto ragionessegnato, mi e de' tre prite del primo

a presunzione, da cui troppo rifugge il mio animo, ma a fermo sentimento della verità, se m' avviso che solo ad un tal metodo la mente di Dante potrebbe dimostrarsi, quale apparisce nelle sue scritture, in immagine specchiata. Ciò che spetta alla principale e continua allegoria del Poema, il fine che l' Autore si prefisse nel comporlo, la forma e il modo della trattazione, il genere di filosofia che vi domina, le quistioni del maggior momento, ogni cosa indi risulta accertata e ne' suoi giusti termini costretta. Sopra che viene poscia agevole di convincere, come la Visione, che l'Allighieri ottenne per singolar privilegio e la mercè di Beatrice, si debba distinguere dalla Commedia, che è la poetica descrizione della Visione stessa. Al che si vuol ben rivolgere e tener fisso il pensiero, perchè l' allegoria e il fine della Visione è tutto proprio e solo di Dante, laddove l' allegoria e il fine della Commedia si riferiscono all' uomo universalmente. Ed a siffatte conclusioni mi condussi, stando pur attento a quanto Allighieri mi fece conoscere per sè e pe'suoi accorti maestri e discepoli. Le quali cose, a chiunque con affezione pura e chiaro intelletto vi miri, mostrano definito e in ogni parte confermato il Metodo, secondo cui Dante cominciò e volle strettamente regolata l'esposizione del suo Poema. Cel ridice una volta per regola costante: Riguarda bene a me si com' io vado Per questo loco al ver che tu desiri,

Si che poi sappi sol tener lo guado.

Quant'è al fatto mio, pur mi contento nel pensiero, che poca favilla gran fiamma seconda. È questa la sola

miei studi su Dante, no voluto far pre la Prolusione alle mie pubbliche lezio media. Tre amori in me si confondo gono la mia vita: l'amore alla Ve Dante che, dopo Dio, è stato il massin Or questi amori m' invigorirono l' ani alla travagliosa impresa, ma sovente 1 ligenze non mi bastarono a sormontar mi si attraversavano di continuo e s munque, mi francheggerà almeno la aver mancato al severo debito d' inte ogni ambizione d'ingegno e di dottri per poco me stesso e i nostri tempi, p alla sapienza e alla storia del secolo c fiorire il sovrano Maestro del mondo lorosi e benevoli che del loro senno m rendo giustizia, quanto so e posso, m chie ripetizioni e una qualche intralci de' periodi offenderanno alcuna volta accusi la qualità del lavoro, intanto della sentita mia imperizia. Ma non pe timido amico alla verità che vuole spa curo suo regno, dove esamina e giudi opinioni degli uomini e inviolata tr oltraggio.

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sulla divina Como insieme e reg tà, all' Italia e a mio benefattore. Lo e lo costrinsero più incessanti dili ardui passi che mpre nuovi. Cocoscienza di non prete, deponendo a e dimenticando r dedicarmi tutto e vide nascere e civile. A que' vaavvantaggiarono, ggiore. Se parectura o l'artifizio hi legge, altri ne ch'io mi dolgo - questo sarò mai ziar libera nel sica le trasmutevoli onfa di qualsiasi

STUDI CRITICI

SULLA EPISTOLA DI DANTE

A CANGRANDE DELLA SCALA.

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A CAN GRANDE DELLA SCALA.

I. Ritrovandosi per entro al cielo di Marte, l'Allighieri, che nel misterioso viaggio avea più volte inteso gravi parole di sua vita futura, si fa chiarire dal trisavolo Cacciaguida qual fortuna gli s' apparecchiasse. Ed a consolazione de'crudi patimenti, cui soggiacerebbe nell' esilio, ode prenunciarsi:

Lo primo tuo rifugio e il primo ostello
Sarà la cortesia del gran Lombardo,

Che in sulla Scala porta il santo Uccello:

Ch' avrà in te sì benigno riguardo,

Che del fare e del chieder, tra voi due,

Fia primo quel che tra gli altri è più tardo.

In questo gran Lombardo, signor della cortesia, pregio ed onore della casa degli Scaligeri, nessuno oggidì potrebbe contenderci di ravvisare il primogenito d' Alberto, Bartolommeo della Scala, Appo il quale di fatto ricoverò l'esule poeta fra il 1302 e 'l 1304, e potè allora conoscere pur anche l' adolescente Cangrande, siccome gli era stato predetto:

Con lui vedrai colui che impresso fue,

Nascendo, sì da questa stella forte,
Che notabili fien l'opere sue.

Non se ne sono ancor le genti accorte,
Per la novella età, chè pur nove anni

Son queste ruote intorno di lui torte.

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1

4 Dall'esilio di Dante, cominciato il 27 gennaio 1302, fino alla morte di Bartolommeo della Scala, avvenuta addi 7 marzo 1304. Carlo Troya, Del Veltro de' Ghibellini. Napoli, 1856, pag.

115.

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