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accrescere le difficoltà enimmatiche, il Poeta celebra la visita che egli faceva in sul principiar dell'inverno a quest'albero, che egli chiamava il mio disio, e gli significa i pensieri e i sentimenti che essa visita gli ispirava in certe date circostanze. Ecco intanto la parafrasi e il testo di ciascuna strofa:

Prima strofa: Io son giunto qui presso l'alloro, al cominciar dell'inverno, allora che i giorni son brevi e il sole percorre il gran cerchio invernale; le sommità degli Appennini son coperte di neve, e il verde dell' erba si fa giallo. Non ostante tali cangiamenti, l'alloro, l'amor mio, non ha cangiato le sue foglie, rimaste fedeli al voto d'Apollo, che a Dafni disse:

Tu quoque perpetuos semper gere frondis honores (1).

L'albero caro è attaccato alla dura rocca che domina come donna il suo amante; e, Dafni ancor viva, sembra avere il dono della parola e del sentimento:

Al poco giorno, ed al gran cerchio d'ombra
Son giunto, lasso, ed al bianchir de' colli,

Quando si perde lo color nell' erba :

El mio desio però non cangia il verde,
Si è barbato nella dura pietra,

Che parla e sente come fosse donna.

Seconda strofa:- Intanto, pari alla natura invernale che il governa, Dafni, l'alloro, questa donna di nuova specie, si tiene gelida come neve all'ombra, non ancor vivificata, della bella stagione, i cui dolci tepori ricoprono di fiorellini e di erbette e mutano di bianco in verde le colline.

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(1) Ovid., Metam.

Similemente questa nova donna
Si sta gelata, come neve all'ombra;
Che non la move, se non come pietra,
Il dolce tempo, che riscalda i colli,
E che gli fa tornar di bianco in verde
Perchè gli copre di fioretti e d'erba.

essa

Terza strofa: - Quando a primavera Dafni, la mia novella donna, mi si presenta coronata di verzura, m'incanta così che io metto in obblio ogni altra donna. Il giallo de' suoi crespi fiori mescolasi al verde delle foglie; e in sì bell'aspetto Amore viene meco a sedervisi all'ombra, Amore che per ispirarmi la poesia mi stringe tra le sue braccia e mi tiene più forte che la calce non tenga la pietra:

Quando ella ha in testa una ghirlanda d'erba
Trae della mente nostra ogni altra donna ;
Perchè si mischia il crespo giallo e 'l verde
Si bel, ch'Amor vi viene a stare all'ombra.
Che m'ha serrato tra piccioli colli
Più forte assai, che la calcina pietra.

Quarta strofa:- Le attrattive che l'albero d'Apollo esercita sul poeta son più potenti de' fascini delle pietre preziose e magiche; e non v' ha medicina che possa guarirlo della passione poetica che lo invade. Egli ha un bel correre pel mondo, attraversare pianure, salir montagne per sottrarsi agli allettamenti incantevoli di questa potentissima Dafni; nessun piacere al mondo, vuoi della città, vuoi della campagna, vuoi ancora della solitudine, potrà fargli dimenticare l'influsso e la forza de' raggi luminosi che escono dagli occhi di questa dea tiranna:

Le

sue bellezze han più virtù, che pietra,

El colpo suo non può sanar per erba;
Ch'io son fuggito per piani e per colli,

Per potere scampar da cotal donna;
Onde al suo lume non mi può fare ombra
Poggio, nè muro mai, nè fronda verde.

Quinta strofa: - Io l'ho veduta spesso a primavera, vestita di verde, e bella tanto che avrebbe tocco perfino una pietra dell' amore ch'io porto anche all'ombra di lei. Ond' io l'ho pregata d' ispirarmi, di stringermi fra le sue braccia, nel suo erboso prato d'amore, come s'ella fosse ancor Dafni e stretta dalle braccia del divino Apollo:

Io ho veduta già vestita a verde

Si fatta, ch'ella avrebbe messo in pietra
L'amor, ch'io porto pure alla sua ombra;
Ond' io l'ho chiesta in un bel prato d' erba
Innamorata, come anco fu donna,

E chiusa intorno d'altissimi colli.

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Sesta strofa: Ma ahimè che il dolce e verdeggiante alloro non brucerà per me della fiamma amorosa di donna, per me che dell'amor suo dormirei tutta la vita sulla sua rocca, e mangerei l'erba dei suoi prati; pur di godere l'ombra delle sue foglie e d'ispirarmi a' suoi piedi:

Ma ben ritorneranno i fiumi a' colli

Prima, che questo legno molle e verde
S'infiammi, come suol far bella donna,
Di me, che mi torrei dormire in pietra
Tutto il mio tempo, e gir pascendo l'erba
Sol per veder de' suoi panni l'ombra.

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Ripresa: Frattanto io non posso che accontentarmi d' attendere con impazienza il ritorno di primavera, in cui più nere saranno le ombre che le colline getteranno a' raggi vivissimi del sole. Allora la donna mia nasconderà dietro il bel verde delle sue foglie i bruni colli, e farà scomparire la sua rupe sotto un'erba fresca e folta:

Quandunque i colli fanno più nera ombra,
Sotto un bel verde la giovene donna
Gli fa sparir, come pietra sotto erba.

Ed è questa la sestina, nella quale si è voluto vedere una nuova amata di Dante, nominata Pietra!

Poco dopo scritto questo componimento (1) l'Alighieri volle vincere sè stesso vincendo nuove e più gravi difficoltà di composizione e di versificazione. Per la prima volta adunque introdusse la sestina doppia, la quale comprende sei strofe, le prime cinque di dodici versi ciascuna, e la sesta di sei: ogni verso chiudentesi in cinque parole scelte o prestabilite, e ripetentesi in un ordine determinato. L'argomento di questa doppia sestina è presso che lo stesso del precedente per la sestina semplice, l'amor senza scampo, che il poeta porta al suo alloro, all'albero della poesia; il quale disgraziatamente non gli risponde, ed anzi gli nega la suprema ispirazione poetica da lui dimandatagli. E siccome non meno della precedente questa doppia sestina: che incomincia

Amor, tu vedi ben, che questa Donna,

non è stata ben compresa, perciò quasi a commento io ne offro qui una parafrasi.

Prima strofa. - Amore, tu vedi che il mio insensibile alloro, Dafni, la mia pretesa amata, non cura gran fatto la tua potenza, che pur suole soggiogare ogni altra donna; che anzi agli occhi riconoscendomi preso ardentemente di lei, e però tutto suo, mi si appalesa maestra di si raffinata crudeltà, che non di tenera donna ma di animale feroce addimostra il cuore. La mi sembra in ogni tempo e stagione una bella statua uscita di mano a un

(1) De vulgari Eloquentia, II, 13.

artista che l'abbia tratta da una pietra comune, acciò più bella non cagioni in me un fascino irresistibile.

Seconda strofa. Ed io che ubbidiente a' tuoi cenni o Amore, conservo inalterata la mia costanza, io tengo nascosta in seno la ferita fattami da questa fredda donna, per la quale m'hai tocco di un amore si sventurato per me quasi avessi voluto punirmi del fastidio che io, pietra insensibile, ho recato colla mia insensibilità. Il tuo colpo mi ha ferito al cuore, là dove come pietra io sono d'una costanza che non ha pari; nè mai fu pietra al mondo che o per virtù di sole o per propria luce avesse avuta tanta forza di aiutarmi a trovar grazia di amore in questa donna, sicchè col suo freddo non mi conduca alla tomba, ove resterei freddo della freddezza di morte.

Terza strofa. Amore, tu sai che a tramontana, nelle regioni del Nord, dal gran freddo l'acqua diventa pietra cristallina, e l'aria si muta per guisa che l'umido vi regna continuamente. Non altrimenti alla presenza di questa fredda statua, il mio sangue agghiaccia d'ogni stagione; e il mio dolce pensiero d'amore, che pur si suole rallegrare più d'ogni altra cosa, m'accorcia il tempo, cessa dallo ispirarmi, e assume una fredda espressione, la quale suggerita dall' amore che m'ha ispirato la sua bellezza al cuore, esce di là onde entrò lo splendore di questa spietata donna.

Quarta strofa.

Mentre da un lato s' accoglie in lei lo splendore della perfetta bellezza, dall' altro il freddo d'ogni maniera di crudeltà le corre al cuore ove non regna per me l'amore che tu m'ispiri. Così ella riluce siffattamente agli occhi miei, che se la miro dappresso la mi si appresenta qual pietra magica; e se le sto lontano, di là mi rivolgo ov' essa brilla. Dagli occhi suoi viene su me la dolce luce che m' infiamma d'amore e mi rende indifferente verso le altre donne. Così foss' ella più pietosa agli

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