E talora la bocca e tutto il viso. Che se trattieni ad un sol modo usare, Se giacerà nell' altro, Parragli avere un peso addosso grave Sù nel dormire, e faragli paura. Ch' avviene a grandi che dormon rivescio, E chiaman ciò fantasma, E pare a lor che dormono allora. Anche qui nell' intento di cessarle la noia di lunghi, e per la dottrina di V. S. inutili, ragionamenti, mi permetta che ripeta quanto feci di sopra, cioè che senz'altro le riproduca il testo rammendato secondo il povero mio senno: E, s'è di verno, a piè del fuoco il lava, E, s'egli én freddi, sì gli scalda 'n prima. E poi ponil rivescio: Fanno allor teste tonde e piane dietro; Tengonli, le fan lunghe. Ancor quelle che i tengono per lato, E più l'un ch' altro lato, Fanno li nasi torcere allo 'nsù, E talora la bocca e tutto il viso. Onde compensa i tempi, Chè, se ti attieni ad un sol modo usare, S'e' giacerà nell' altro, Parragli avere un peso addosso grave Sù nel dormire, e faragli paura. Che avviene a' grandi che dormon rivescio, E chiaman ciò: Fantasma; E pare allor che dormon allo 'nsù. Però le balie gli guardan dalle vecchie, Ne son volonterose di tenerli. Quando gli vuoi nettar la sua faccia, Colla saliva talor come occorre, Guarda che ciò la diman tu non faccia, Le imprescrittibili esigenze della misura consiglieranno leggere : Però le balie i guardan dalle vecchie, Che comunalemente. La virgola posta dopo faccia andrà soppressa, e trasportata dopo saliva. Una virgola terrà luogo del punto dopo sputando; e, ciò che è più, all' ultimo forse, erroneo senza dubbio, sostituiremo la voce tosse richiesta dall' argomento. E fa qui punto, e di che certe sono, Non si vuol dare a certo tempo bere, Leggo: ch'a l'infante. Le sue mammelle intra molle e dure, Leggo: intra molli e dure, e: Grandi, ma non in lunghezza soverchie. E guarti da lei che si guaste, Forse meglio leggendo: E così guârti da lei che si guaste, Che di ragion natural tutta gente Qui, trattandosi della Schiava, amo supporre che il n. a. lasciasse scritto: Chè, di ragion natural, tutta gente Se tu se' pollajuola o caciajuola, Non lavar l' ova nè cacio Perchè paja più fresco a chi lo compra. Il ritmo guida la mano del revisore a scrivere : Non lavar l'ova, nè lavare il cacio. Se se' d' altrui mandata Non imboscar li danar che ricevi. Forse: non imborsar. Non dare a lor cavalli Mangiar cosa da falli rattenere, Nè legar lor colla sete le giunte, E non l'incavrestar la notte in prova. Condanna le malizie dell' albergatrice dirette a far soprastare gli ospiti, e tra queste pone il legar strettamente le giunture de' loro cavalli con setole o crini tanto da farle gonfiare ed indolenzire. Leggo dunque colle sete non colla sete. Da te, Signor, non merito risposta, Il terzo verso chiama il medico; e la medicina è pronta, leggendolo : In ogni mia bisogna, Fornirò io l'impresa. Vien francamente, non ti sbigottire, Ecco che siamo a quella Città giunti Parla un Banditore che ha scorto sin qui il nostro Messer Francesco per molte difficoltà di cammino. Or non è chi non veda che nel tratto surreferito il primo membro lascia la sentenza in tronco, mancandovi il secondo termine che risponda al primo come tu. D'altra parte il terzo verso è catalettico, e cosi bisognoso di completamento. Tutto verrebbe ricondotto a sanità, qualora si leggesse: Chè, come tu, per queste aspre venture Madonna, dove io non mi sento punto Non veggo caggia quì altra risposta, Che gir con queste, e Voi ubbidire. Madonna, dopo aver conceduto al Poeta copia di ricchi doni, ha comandato a Prudenza, e non ad altri, di accompagnarsi con lui, e di ajutarlo a compir l'opera ingiuntagli. Premesso ciò, mi sembra affatto spontaneo che a presente dovrà sostituirsi possente, e questa a queste. Tal donna crede mal essere avere, Che se savesse dell' altre lo stato Mal essere qui fa l'officio di sostantivo, e però opinerei che dovesse scriversi tutto unito. L'ultimo verso poi rinverrebbe la perduta significazione, ogni qualvolta lo leggessimo. Lor piangeria dallato. Così ancora si crede alcuna poco Perch' ella non conosce quanto è degna, Ma di ciò spesso Iddio se ne disdegna. Mi sembra che qui il n. a. accenni a quelle donne, le quali si stimano dassai, mentre in realtà sono dappoco. Dietro una tale credenza muterei il talor in valor, ed il degna in 'ndegna. |