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Quando in ispregio ogni piacer, nè grato M' era degli astri il riso, o dell' aurora Queta il silenzio, o il verdeggiar del prato.

Anche di gloria amor taceami allora
Nel petto, cui scaldar tanto solea,
Chè di beltade amor vi fea dimora.

Nè gli occhi ai noti studi io rivolgea,
E quelli m' apparian vani per cui
Vano ogni altro desir creduto avea.

Deh come mai da me sì vario fui,
E tanto amor mi tolse un altro amore?
Deh quanto, in verità, vani siam nui!
Solo il mio cor piaceami, e col mio core
In un perenne ragionar sepolto,

Alla guardia seder del mio dolore.

E l'occhio a terra chino o in se raccolto, Di riscontrarsi fuggitivo e vago

Nè in leggiadro soffria nè in turpe volto:
Chè la illibata, la candida imago
Turbare egli temea pinta nel seno,
Come all' aure si turba onda di lago.

E quel di non aver goduto appieno
Pentimento, che l' anima ci grava,
E il piacer che passò cangia in veleno,
Per li fuggiti dì mi stimolava
Tuttora il sen chè la vergogna il duro
Suo morso in questo cor già non oprava.

Al cielo, a voi, gentili anime, io giuro Che voglia non m' entrò bassa nel petto, Ch' arsi di foco intaminato e puro.

(2)

(1)

Vive quel foco ancor, vive l'affetto, Spira nel pensier mio la bella imago, Da cui, se non celeste, altro diletto Giammai non ebbi, e sol di lei m' appago.

XI.

Sonetto CXC del Petrarca IL PASSERO SOLITARIO.

mai

Passer solitario in

D'in su la vetta della torre antica, alcun tetto of Passero solitario, alla campagna quant is! Cantando vai finchè non more il giorno, Ed erra l'armonia per questa valle. Primavera dintorno

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Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
Sì ch'a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore :
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,

Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi

Dell'anno e di tua vita il più bel fiore.

Oimè, quanto somiglia

Al tuo costume il mio ! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,

E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de' provetti giorni,

Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;

Quasi romito, e strano

Al mio loco natio,

Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch' omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,(2)
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa

La gioventù del loco

Lascia le case, e per le vie si spande ; E mira ed è mirata, e in cor s'allegra. lo solitario in questa

Rimota parte alla campagna uscendo,

Ogni diletto e gioco (3)

Indugio in altro tempo e intanto il guardo
Mi fere il Sol che tra lontani monti,

Dopo il giorno sereno,

Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.

(1)

Tu, solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume

Non ti dorrai; chè di natura è frutto
Ogni vostra vaghezza.

A me,

se di vecchiezza

La detestata soglia

Evitar non impetro,

(2) Minnermo, Bergle 5 + 5-8

Quando muti questi occhi all' altrui core,

E lor fia voto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia ?

Che di quest'anni miei? che di me stesso?

Ahi pentirommi, e spesso,

Ma sconsolato, volgerommi indietro,

XII.

L'INFINITO.

Sempre caro mi fu quest' ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell' ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quïete

Alfieri lita (zi)

15

Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce

Vo comparando e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente

E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s' annega il pensier mio;
E il naufragar m'è dolce in questo mare.

XIII.

LA SERA DEL DI' DI FESTA.

Dolce è chiara è la notte e senza vento
E queta sovra i tetti in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna. O donna mia,
Già tace ogni sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa :
Tu dormi, chè t' accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze; e non ti morde
Cura nessuna; e già non sai nè pensi
Quanta piaga m' apristi in mezzo al petto.
Tu dormi io questo ciel, che sì benigno
Appare in vista, a salutar m' affaccio,(2)
E l'antica natura onnipossente,

Che mi fece all' affanno. A te la speme

(1)

Nego, mi disse, anche la speme; e d'altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo di fu solenne: or da' trastulli
Prendi riposo; e forse ti rimembra ⚫
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
Piacquero a te non io, non già ch' io speri,
Al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo
Quanto a viver mi resti, e qui per terra

(2)

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catul's, parlando del phoscéus have prius fuere & nume recoction

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Mi getto, e grido, e fremo. O giorni orrendi
In così verde etade! Ahi, per la via
Odo non lunge il solitario canto
Dell' artigian, che riede a tarda notte,
Dopo i sollazzi, al suo povero ostello ;
E fieramente mi si stringe il core,
Al pensar come tutto al mondo passa, did
E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito out quiete,
Il di festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente. Or dov'è il suono
Di que' popoli antichi ? or dov'è il grido
De' nostri avi famosi, e il grande impero
Di quella Roma, e l'armi, e il fragorio
Che n' andò per la terra e l'oceàno? (3)
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
Il mondo, e più di lor non si ragiona.
Nella mia prima età, quando s'aspetta
Bramosamente il dì festivo, or poscia
Ch' egli era spento, io doloroso, in veglia,
Premea le piume; ed alla tarda notte
Un canto che s'udia per li sentieri
Lontanando morire a poco a poco,
Già similmente mi stringeva il core.

XIV.

ALLA LUNA.

O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l'anno

" sovra questo colle
Io venia pien d'angoscia a rimirarti :
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie lucì

"

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