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irremovibile, condannato e proscritto per Ghibellinismo, ramingo e indigente per Ghibellinismo, e sempre perseguitato, e sempre agitato per Ghibellinismo, non avesse versata tutta l'anima sua, tutta la sua atrabile, e la sua frenetica passion di parte, in quell' opera che andò scrivendo nell'esilio, nella povertà, e nella non mai rallentata persecuzione? Credere ch' egli scegliesse l'ombra d'un credente in Giove, per farne sua guida, nel visitare l' Inferno e'l Purgatorio de' credenti in Cristo! Perchè non vedere almeno qual era il genio dominante del suo secolo, qual era la pratica degli altri poeti, nello stabilire i lor condottieri, in simili componimenti allegorici ch'erano allora alla moda? E potè credersi che Dante avesse assai meno criterio di altri che non valevano un suo pelo? Guardiamo che han fatto il suo maestro ed un suo imitatore. Ser Brunetto prese ad istruttore Ovidio, pittore delle forme cangiate, quando volle farsi spiegare il mutar delle cose in natura; tolse a precettore Tolomeo, principe degli astronomi, quando volle farsi addottrinare nel corso de' cieli (Vedi il Tesoretto). Fazio degli Uberti, allorchè finse di viaggiare pel mondo, onde osservarne le varie produzioni, i climi, i costumi, i riti, le fogge, ecc., si accompagnò a Solino, ch' avea trattato di tutto ciò. Plinio gli espose le particolarità de' tre regni della natura. Tolomeo gli spiegò le leggi degli astri. Ün pellegrino in Palestina lo informò di terra santa. Un anacoreta lo ammaestrò nella morale. Roma personificata gli narrò la sua storia; e così di altro, e così sempre (Vedi il Dittamondo). E il profondissimo vate delle allusioni, che non impiegava una sillaba senza chiudervi un arcano, che vien riconosciuto sì superiore a tutto il secolo suo, scelse il cantore del Romano Impero per andare a visitare il Lucifero delle carte bibliche, che quegli non avea forse neppur sentito nominare; e, di più, per ire ad incontrare una certa bella Fiorentina cui quegli lo mena, quasi paraninfo di leziosi amoretti !

Se uno ci desse questa nuova: Un ardente fautore dell' Impero Romano ha scritto un poema allegorico, ed ha preso per iscorta d'un suo simbolico viaggio il cantore dell' Impero Romano; noi potremmo presso a poco indovinare che cosa ha egli, in quel mistico pellegrinaggio, espressa. E intanto cinque secoli e più di lunghi sforzi di dotti, di ricerche innumerevoli di critici, d' investigazioni ripetute, di continue meditazioni, di tante dissertazioni, tante glose, tante note, che notomizzarono ogni frase, ogni parola, ogni sillaba, neppure un passo han fatto verso la verità! La storia altronde narra che in quel tempo vi era altrettanto spirito antipapale, quanta persecuzione papale; che settarj da Roma puniti formicola

vano da per tutto; che vi era chi credeva e chiamava Lucifero il Papa, e chi pretendeva fare dell' Imperador quasi un Dio; che tutti gli uomini dotti, i quali sospiravano la riunione d'Italia, erano fautori dell' Imperadore e nemici del Papa, e Dante era fra questi ardentissimo. A ciò si aggiungono tanti lampi da lui vibrati nelle opere sue tutte; tanti cenni da lui fatti, due lunghi comenti del poema da lui scritti, tre chiavi del poema da lui lasciate, una confessione decisiva e solenne fatta in punto di morte, confessione che, incisa indelebilmente nel marmo, è da lui quasi ripetuta ogni momento da dentro il sasso ov' è chiuso: Nel viaggiare frai Superi, in Flegetonte, e ne' laghi infernali, cantai i dritti della Monarchia. E a nulla tutto ciò ha giovato, a nulla! Ma che incanto, che talismano è stato mai questo! Ed ora è rotto l'incanto? è spezzato il talismano? Durò, dura e durerà sempre; e chi ha perduto il suo tempo a scrivere queste pagine, o non sarà letto, o sarà creduto un fanatico, che vede ciò che non esiste se non in sua testa bislacca, e prende per argomenti e ragioni le sue false idee; o sarà giudicato un arrogante che pretende di aver capito ciò che un popolo di valentuomini non ha mai capito, ed ha confessato di non aver capito; seppure non sarà detestato come un empio, nemico della cattolica chiesa, che, non contento egli di esser tale, si va industriando a storcer i più illustri autori a parer tali pur essi. Fra tanti che accarezzan l'errore si trovano però poche anime elette, innanzi a cui la verità è sempre la ben venuta ; e queste non saran sorde a Dante che grida:

JURA MONARCHIE, Superos, Phlegetonta lacusque
Lustrando, CECINI, voluerunt fata quousque ".

* Si noti bene che Dante si servì dell' equivoco anche in punto di morte, come altrove dissi. Ognun vede ch'egli ha fatto una filza d'accusativi, jura, superos, phlegetonta, lacusque; e poi ha messi due verbi attivi, lustrando e cecini, ciascun de' quali regge il quanto caso (Ægyptum lustrare. -Cic. Arma virumque cano.—Virg.). Or avendo egli scritto due opere, la Divina Commedia, e 'l libro della Monarchia il mondo ha creduto ch'egli abbia voluto indicar l'una e l'altra così: Cecini Jura Monarchiæ,-Cecini Superos, Phlegetonta, lacusque; lasciando quel lustrando senza reggimento. Or poteva mai l'Alighieri, che sì pesava le parole, applicare il CECINI a quel libro di arida dialettica, e tutto in prosa? Poteva egli rammentare, per sua prima opera, quel libercolo di barbara prosaccia latina, ed anteporlo a quel poema che lo avea reso celebre anche in vita, e "cui poser mano e Cielo e Terra, e per più anni l'avea fatto macro?" A chi trovasse a ridire sulla nostra costruzione, Lustrando Superos, Phlegetonta lacusque, CECINI JURA MONARCHIÆ; a chi si unisse al mondo illuso per quell'altra costruzione, noi ci faremmo lecito di gridargli con Dante," Il mondo è cieco, e tu vien ben da lui.”—(Purg. xvi.) Egli è certo che se l'Anglico

CAPITOLO XIII.

CENNO PRELIMINARE SULL'AMOR PLATONICO.

POICHE, considerata l'essenza allegorica delle due donne antagoniste del poema di Dante, riconoscemmo dal carattere dell'abbominevole quello dell' adorabile, noi potremo ritrarre facilmente dalla qualità dell'amata quello dell' amore; del pari che dalla natura della guida quella del viaggio ritraemmo. Ne' credasi che di troppo su tal materia prolunghiamo l' analisi; poichè, nel generalizzare per essa le idee, cose scopriremo di altissimo momento.

Ci si conceda qui per dimostrato ciò che altrove ci faremo con abbondanza a provare, cioè, ch' eravi al tempo dell' Alighieri una numerosissima Società Segreta, in varie regioni europee estesamente propagata, la quale avvezzava i proseliti suoi a concertar così bene le parole intenzionali con l'esterne azioni, da far credere altrui che ciascun di essi sospirasse per una vera sua donna, mentre agognavano tutti a quell' unica allegorica, o altra simile, che, sotto il nome di Beatrice, Dante finse di amare; ciò si ammetta, e principieremo a scorgere che da siffatta simulazione nacque quell' Amor Platonico che fu a que' dì quasi la febbre della ragione de' dotti. Ci si conceda di più che questa Società Segreta, la quale nomeremo Setta d' Amore, discesa dall' età precedente e tramandata alla posteriore, avea sino a quel tempo null' altro quasi prodotto che fatue rime erotiche; e cominceremo ad osservare che per industria del nostro poeta, dalla forza delle cose persuasa, mischiò il linguaggio d' Amore con quello della Religione, facendone, per così dire, un impasto. Esporremo di questa Setta la provenienza, la estensione, le vicende, il rito, il gergo, i ripieghi, con monumenti tanti da farne un volume, e tali da convincerne chicchessia; ma per ora dobbiamo contentarci d'una ipotesi.

Dante avesse scritto il suo epitaffio, come l'Italo fece, ei non avrebbe cominciato così: Cantai i dritti de' re e de' magistrati: suo libro in prosa latina, or poco letto; ma, rammentando quel poema in cui cieco vide pur egli le maraviglie dell'Inferno e del Paradiso, principiato avrebbe in quest' altro modo:

Of man's first disobedience did I sing.

E lo stesso a capello bisogna dire di Dante, al quale Milton si rassomiglia più assai di quel che si crede, e per l'altissima mente, e per la vasta dottrina, e pel parteggiare politico, e per altro ancora.

Questa società insegnava la sua favella mistica per mezzo d'un vocabolario di corrispondenze, detto Grammatica del Gajo Sapere o della Gaja Scienza, la quale era fondata principalmente sopra voci e idee messe in opposizione, di che innanzi qualche cosa dicemmo. La stessa parola di Gaja Scienza avea per antitesi Trista Ignoranza, quindi esser gajo ed esser tristo-ridere e piangere, con tutt' i lor sinonimi e derivati, sonavano far da settario e far da papale. Per cuore s' intendeva il segreto interno, per volto l'aspetto esterno, per sospiri versi in gergo, ecc.

Prima di Dante adunque la Gaja Scienza, avea stabilito il variato edifizio del suo illusorio linguaggio sopra le due parole AMORE ed ODIO, cui tenea dietro la lunga schiera di regno dell' Amore e regno dell' Odio-piacere e dolore-verità e falsità-luce e tenebre-Sole e Luna-vita e morte-bene e male-virtù e vizio-cortesia e villania-valore e viltà-nobiltà e ignobiltà gentilezza e rozzezza-persone sottili e persone grosse-agni e lupi-destra e sinistra-monte e valle— fuoco e gelo-giardino e deserto, ecc. E Dante aggiunse a tutto ciò la sacra nomenclatura di Dio e Lucifero—Cristo e Anticristo-Angeli e Demonj-Paradiso e Inferno-Gerusalemme e Babilonia-Donna pudica e Donna meretricia, e tutto il resto che ne dipende.

Non poche rime di gergo erotico avea Dante composte, quando per disastri sopravvenuti al suo partito ei dovè piegare all' oposto, e mendicarne la protezione. E però, cangiata sorte e non mutato animo, ei sentì la necessità di colorir le sue idee col linguaggio del potente nemico. Egli vide che per cotal mezzo veniva a conciliare al suo nuovo lavoro la simpatia delle due parti contendenti fra le quali vivea. I Ghibellini l' avrebbero preso al modo loro, conosciute che ne avessero le chiavi ; e i Guelfi anche al loro, abbagliati da seducente apparenza; e per tal modo la Politica vestita da Religione, nel metter d' accordo gli animi dissenzienti, gli avrebbe attirata la benevolenza e degli uni e degli altri. Ei dovette però sentire non poco cordoglio nel determinarsi a questo furbesco disegno; poichè vide del pari ch'egli avrebbe servito di fomento alla superstizione allor vittoriosa, onorata col nome di religione e pietà; e si sarebbe anche posto nel rischio di cadere in odio di que' suoi, che non fossero stati a tempo avvertiti del suo segreto magistero. Fra questi dubbi l'animo suo ondeggiava, mentre iva concependo la gran macchina di quella sua Commedia, ove in

a Dante ed altri l'attestano : "Per cuore intendo lo segreto d'entro."Convito.

trodusse Madonna la Cortesia a fare il personaggio di Madonna la Pietà. Giova udir narrare tutto ciò da lui medesimo in quel suo linguaggio convenzionale che per cinque secoli e più non fu mai capito.

Nelle misteriose visioni della Vita Nuova, ch' espone appunto il Nuovo Gergo, egli scrive così: "Il dolcissimo signore (cioè Amore) il quale mi signoreggia, per virtù della gentilissima donna, nella mia immaginazione apparve come pellegrino, leggiermente vestito e di vili drappi.”—(p. 14). Indica che nella sua immaginazione concepì il pellegrinaggio allegorico, vestito di drappi papali. E segue a dire di Amor pellegrino, il quale "come avesse perduto signoria" gli parea sbigottito: "A me parve che mi chiamasse e dicessemi queste parole: Io vengo da quella donna la quale è stata lunga tua difesa (intendi di Beatrice all' erotica), e so che'l suo venire non sarà; e però quel cuore ch' io ti faceva aver da lei a io l'ho meco, e portolo a donna, la quale sarà tua defensione, come costei (che ti nomino); e nominollami, sicchè io la conobbi bene. Ma tuttavia (seguì Amore) di queste parole ch' io t'ho ragionate, se alcuna cosa ne dicessi, dilla per modo che per loro non si discernesse il simulato amore che tu hai mostrato a questa (alla prima), e che ti converrà mostrare ad altri (alla seconda). dette queste parole, disparve "—(ivi). Qui il poeta ci fa sapere che, sparito Amore, egli rimase quasi cambiato nella vista sua, cioè nell' esterna sua apparenza, aggiungendo: "Dico quello che Amore mi disse, avvegnachè non compiutamente, per tema ch' io avea di non scoprire il mio segreto "-(ivi). Il suo segreto era il nome della nuova donna che dovea finger d'amare; ma egli stesso questo segreto ci rivelerà.

E

Sostituito, per gergo, cavalcare a quel viaggiare allegorico de' versi suoi, ei qui dice ancora: "Quasi cambiato nella vista mia, cavalcai quel giorno pensoso molto, e accompagnato da molti sospiri-e mi misi a cercare di questa donna che'l mio signore m' avea nominata nel cammino de' sospiri d. Ed acciocchè il mio parlare sia più breve, dico che in poco tempo la feci mia difesa, tanto che troppa gente ne ragionava oltre ai termini della Cortesia, onde molte fiate mi pesava duramente ©.

a Cioè il tuo segreto settario che nascea dalla prima Beatrice. E noi pure la conosceremo bene, fra non molto.

• Questo suo essersi cambiato di vista, e trasformato in altro, lo ripete in vario modo.

Cammino de' sospiri vale il suo poema in gergo, che descrive il suo cammino.

• "Cortesia :-Si tolse questo vocabolo dalle Corti, e fu tanto dir Cortesia quanto Uso di Corte" (Conv.) E quindi Dio nella Vita Nuova diviene Sire della Cortesia, cioè Signore dell'uso di Corte !

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